Capitolo 25

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"Merda, Ava calmati!" percepii la voce nervosa di Ali, ma questo non mi impedii certo di sbattere testa e mani ovunque. Continuavo a urlare e un dolore disumano iniziò a espandersi per tutto il mio corpo. Per un attimo mi fermai e osservai la benda che ricopriva la mia mano, ormai diventata rossa, stracolma di sangue. Le piccole goccioline iniziarono a trapassare da un lato all'altro della garza, e poi iniziarono a colare.

"CAZZO CHE MALE!" urlai sventolando la mano.

"Infermiera!" strillò Ali in preda al terrore. Una donna si precipitò rapida nella nostra stanza, slittando verso il mio lettino.

"Signorina che sta succedendo?" mi domandò, e io percepii quelle parole come un flebile sussurro.

"Ho male ovunque!" quelle parole, pronunciate in modo così reale, così doloroso, fecero rallentare i battiti del mio cuore. Sentivo il cuore in gola e delle goccioline di sudore scivolare fulminee sulla mia fronte. C'erano due opzioni: stavo per avere un attacco di panico, oppure, come mi era successo tempo prima, stavo per avere un'aritmia. Non era stata particolarmente pericolosa, ma quella volta mi spaventai davvero tanto. Sfinita, appoggiai lenta il capo alla testiera, in attesa che la mia mano fosse di nuovo rifasciata. L'infermiera, arrivò pochi istanti dopo con una nuova fascia in mano. Mi slegò dolcemente quella ormai imbrattata di sangue e passò ad avvolgere intorno alla mia mano quella nuova. Iniziai a mangiare l'unghia del dito medio. Sentivo il respiro affannato, come se avessi un lucchetto al petto, che impediva all'ossigeno di arrivarmi alle vie respiratorie. Provai più volte a fare dei respiri profondi, a chiudere gli occhi e a cercare di immaginare le cose più allegre che mi venissero in mente, ma nulla aiutava. Avevo detto bene poco prima : niente e nessuno poteva aiutarmi in questa vita così complicata, insidiosa. Sembrava che volesse mettermi degli ostacoli insormontabili davanti. Sembrava che tutto si fosse stufato di tenermi in vita. Ma io non volevo smettere di vivere: non volevo sopravvivere alla mia esistenza, volevo riuscire a superare anche gli ostacoli che sembravano impossibili da scavalcare, volevo trovare una ragione per svegliarmi ogni singola mattina. Non volevo arrendermi alla vita. Io dovevo vivere la vita, non sopravvivere a essa.

Sono più forte di lei, sono più forte dell'ansia.

Continuai ad inspirare ed espirare, cercando di riempire i polmoni di più ossigeno possibile. Dopo qualche minuto i miei battiti cominciarono a regolarizzarsi, ma i dolori all'altezza dello stomaco continuarono a persistere. Quando cominciai a distaccare il pensiero da tutto, capii che quello che avevo subito non era un'aritmia, ma un attacco di panico. Lo stomaco continuava a contorcersi, a stringersi e ad allargarsi in contrazioni ritmate. Strinsi gli addominali, cercando di calmare i dolori. Mi distesi e spinsi la gamba sulla pancia, nel tentativo di attutire il male. Avevo detto alle infermiere che il dolore si era calmato, era la verità, ma non potevo certo dire che fosse svanito. Chiusi gli occhi e dopo una manciata di minuti il dolore andò via via a scemare. Mi tirai su e spinsi la colonna vertebrale contro lo schienale del lettino. Mi massaggiai poi lo stomaco, per assicurarmi che il dolore fosse realmente scomparso. Tastai la pancia a lungo, premendo e poi massaggiando. Osservai poi il mio braccio destro, bucherellato dai tanti aghi che mi erano stati spinti nella vena nelle ultime 20 ore. Gettai il braccio sul comodino, e con una presa morbida ma salda, afferrai il mio cellulare. Cliccai sul tastino dell'accensione, e in un batter d'occhio il display si accese, lasciando leggere la notifica di WhatsApp. 15 NUOVI MESSAGGI DA JADE? Cliccai sull'icona, che mi mandò alla chat.

"Stasera esco" recitava il primo messaggio

"Lo so che non è il primo dei tuoi pensieri, ma mi interessava renderti partecipe di questa cosa". le parole mi scorsero in mente e un senso di delusione mi invase il corpo: la sera prima io ero svenuta ad una festa, e ora me ne stavo sdraiata in un letto d'ospedale, e a lei saltava in mente di scrivermi che la sera stessa sarebbe uscita. Ero sicura che uno di quei giorni sarei andata in escandescenza. Continuai a scorrere rapida nella chat e a leggere i messaggi che seguivano.

𝓐𝓻𝓻𝓱𝔂𝓽𝓱𝓶𝓲𝓪: 𝒉𝒆𝒂𝒓𝒕𝒃𝒆𝒂𝒕𝒔 ♥︎Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora