Non stavo capendo nulla di ciò che stava accadendo, la mia memoria stava pian piano iniziando a rimuovere tutti i bei momenti, per lasciare spazio a quelli colmi di angoscia e tristezza. Sentii la vena sul mio braccio punzecchiare. Mi girai in direzione del mio arto superiore destro e vidi la flebo inserita nella vena. Non potei fare a meno di voltarmi nella direzione opposta. Il suono della sirena mi entrava nei timpani e tormentava i miei pensieri. Una voce acuta e rotta dal pianto però mi scosse: "Ava, Avanna" era Jade, seduta accanto a me nell'ambulanza. In ogni momento buio della mia vita lei c'era stata. Quando i miei mi avevano cacciata di casa, lei c'era, quando William mi trattava male, lei c'era, quando io e William c'eravamo lasciati lei c'era, e anche ora, nel momento in cui mi sentivo più morta che mai, lei c'era, e fronteggiava questa situazione con un coraggio indescrivibile. Aveva le guance avvenate dal pianto, ma quando mi voltai verso di lei con gli occhi ridotti a due fessure e il respiro affannato, lei mi rivolse un sorriso, un sorriso sofferente e finto, ma pur sempre un sorriso. Io lo ricambiai, in maniera altrettanto finta. A un certo punto l'ambulanza frenò brusca e un paramedico aprì il portellone posteriore dell'ambulanza. Scaricarono la mia barella e iniziarono a sfrecciare, roba da formula 1. Jade seguiva affannata il paramedico.
"Come ti chiami ragazza?"
"A-avanna.." risposi senza forze
"Avanna come?"
Rimasi interdetta, non avevo un cognome: avevo deciso di non utilizzare più il cognome della mia famiglia, ma non avevo mai acconsentito a usare il cognome di Jade e la sua famiglia. Perché? Mi sentivo sbagliata, non mi sentivo in diritto di avere quel cognome, non mi sentivo rispettosa nei confronti di Jade e non mi sembrava giusto in quanto non fossi la figlia di Jack e Sarah. Jade risolse il problema in fretta, senza curarsi di questo mio disagio. "Stones, Avanna Stones" precisò. Il paramedico annuì e iniziò a urlare il mio nome per il corridoio : "Avanna Stones, è svenuta ed è come rimasta in uno stato di shock" gli infermieri corrucciarono il viso.
"La ragazza soffre di qualche patologia? Ha bevuto troppo? Ha assunto sostanze?" chiese il paramedico che spingeva la mia barella. Jade sollevò le sopracciglia, sorpresa. Risposi in fretta, anche se ero sotto shock e senza alcuna forza in corpo: "Non ho nessuna patologia, almeno da quello che so, non bevo, non mi drogo e non prendo farmaci, di nessun tipo". Non ricevetti risposta.
"Soffre di stress post traumatico o cose simili?"
Rimasi gelata. Non ne ero certa, non mi era stato diagnosticato, ma era ovvio che soffrissi di stress post traumatico, tutte quelle crisi, le visioni e tutto ciò che stava accadendo in quel periodo era dovuto a quella maledetta relazione.
" N-non lo so, sono stata una volta dallo psicologo, ve-venerdì" risposi con voce tremolante.
"Mh ok" fu l'unica risposta che ricevetti dal paramedico che non accennava a tranquillizzarmi. Fu l'ultima domanda che ricevetti, perché subito dopo venni trasferita in una piccola stanzetta, puzzava di ospedale e in mezzo era divisa da una tenda, c'erano due lettini: uno era libero, era quello destinato a me, e l'altro era occupato da una ragazza estremamente bella, capelli ricci e neri e occhi azzurri, di un colore che mi ricordava il cielo in una giornata di sole. Venni adagiata lì e Jade rimase sulla soglia della porta.
"Ehy.." sentì pronunciare dall'altra parte della tenda
"Ehy..." risposi debole.
"Perché sei qui?" domandai incerta.
"Quanti ostacoli ti mette davanti la vita.." mi rispose lei.
Poi continuò: "Ho conosciuto Derek cinque anni fa, eravamo ragazzini, io avevo quindici anni, ero poco più di una bambina. Lui aveva 17 anni, due anni di differenza" la ragazza si fermò e io rimasi in silenzio, in attesa che ricominciasse a parlare.
"Iniziammo a conoscerci, ci vedevamo al bar, a prendere un cappuccino, oppure all'uscita da scuola. Dopo qualche settimana quell'amicizia era già diventata più di un'amicizia. Ci scambiammo i primi baci e decidemmo di metterci insieme. Sembrava il ragazzo perfetto, per me e per qualsiasi altra ragazza". stavo iniziando a capire il discorso a cui stava andando a parare, mi venii la pelle d'oca. Non capivo perché si fosse aperta in così poco con una persona che conosceva a malapena da 15 secondi, ma decisi comunque di rimanere zitta.
Poi la ragazza ricominciò a parlare : "La nostra relazione andava benissimo, ci presentammo alle rispettive famiglie, sembrava tutto una favola. Frequentavamo la stessa scuola, quindi nonostante le classi diverse riuscivamo a uscire dopo scuola. L'anno dopo Derek iniziò il College. Nonostante tutto riuscivamo a vederci regolarmente quasi tutti i giorni. Era perfetto per me, un ragazzo intelligente, sul pezzo, bellissimo, leale e affettuoso, o almeno così sembrava. Due anni dopo finii anche io le superiori e iniziai il College. Fu allora che iniziarono i problemi: piccolezze sai, che quando sei innamorata fai finta di non vedere. Mi controllava il telefono, mi guardava gli ultimi accessi, se ero online sui social. Ogni volta che mi vedeva attiva mi mandava messaggi del tipo : "che fai online, con chi stai chattando?" e robe del genere. Lì iniziai ad allarmarmi : voleva dire che non aveva fiducia in me. Non avevo però nemmeno la minima idea di lasciarlo". A quel punto la bloccai : "Come ti capisco, sono uscita da 2 mesi, da una relazione così, niente denunce, nulla. Ora però ho visioni della violenza quasi tutti i giorni, soffro quasi sicuramente di stress post traumatico e svengo, com'è successo stasera".
"Che merda di situazioni". rispose lei. "Se ti fa stare meglio, continua, sfogati" le dissi io, e quindi lei riprese a parlare: "La situazione poi degenerò, lui iniziò a minacciarmi di farmi del male, e mi disse che secondo lui avevo un altro ragazzo. Un anno fa, dopo tutte queste accuse lo lasciai, senza denunce o altro, però. L'errore più grande della mia vita. Dopo circa 6 mesi iniziai a vedermi con un altro ragazzo, solo una frequentazione, niente di serio, perché io non mi fidavo più di nessuno, volevo solo un amico, con cui sfogarmi e confidarmi. Un giorno uscii con questo ragazzo, e fu in quel momento che incontrai Derek. Era un'altra persona, non era più quello che avevo conosciuto, il ragazzo perfetto, sempre pettinato e vestito in maniera impeccabile. Era trasandato e con due occhiaie scure scure. Decisi quindi di salutare il ragazzo e di scappare a casa. Ero spaventata e angosciata. La notte non chiusi occhio. La mattina seguente mi preparai per andare al college. Uscii di casa e fu lì che il mio incubo ricominciò: sentii una forza fortissima spingermi. Caddi dalle scale. Avevo la vista annebbiata e il cuore ormai quasi fermo. Come se non bastasse, ormai in stato di semicoscienza sentì un forte calcio colpirmi. Tirai un urlo e sentii dei passi allontanarsi veloci. Quell'urlo fu la mia salvezza. La mia vicina uscì allarmata e arrivó ad accertarsi di come stavo. Si rese conto che le mie condizioni erano pessime, perciò chiamò il 911. Dopo pochi minuti sentì l'ambulanza che tagliava l'aria: le immagini dell'inferno mi stavano passando davanti".
𝑺𝑷𝑨𝒁𝑰𝑶 𝑨𝑼𝑻𝑹𝑰𝑪𝑬☎️
𝑪𝒊𝒂𝒐 𝒂 𝒕𝒖𝒕𝒕𝒊/𝒆, 𝒔𝒄𝒖𝒔𝒂𝒕𝒆 𝒍'𝒂𝒔𝒔𝒆𝒏𝒛𝒂 𝒊𝒏 𝒒𝒖𝒆𝒔𝒕𝒊 𝒈𝒊𝒐𝒓𝒏𝒊, 𝒎𝒂 𝒂𝒗𝒆𝒏𝒅𝒐 𝒓𝒊𝒑𝒓𝒆𝒔𝒐 𝒍𝒂 𝒔𝒄𝒖𝒐𝒍𝒂 𝒉𝒐 𝒕𝒓𝒐𝒗𝒂𝒕𝒐 𝒑𝒐𝒄𝒉𝒊𝒔𝒔𝒊𝒎𝒐 𝒕𝒆𝒎𝒑𝒐, 𝒒𝒖𝒂𝒔𝒊 𝒏𝒖𝒍𝒍𝒐. 𝑪𝒐𝒎𝒖𝒏𝒒𝒖𝒆 𝒆̀ 𝒊𝒍 𝒄𝒂𝒑𝒊𝒕𝒐𝒍𝒐 𝒑𝒊𝒖̀ 𝒍𝒖𝒏𝒈𝒐 𝒄𝒉𝒆 𝒂𝒃𝒃𝒊𝒂 𝒔𝒄𝒓𝒊𝒕𝒕𝒐 𝒇𝒊𝒏𝒐𝒓𝒂, 𝒖𝒏 𝒄𝒂𝒑𝒊𝒕𝒐𝒍𝒐 𝒅𝒓𝒂𝒎𝒎𝒂𝒕𝒊𝒄𝒐, 𝒊𝒏 𝒄𝒖𝒊 𝑨𝒗𝒂 𝒄𝒐𝒏𝒐𝒂𝒄𝒆 𝒖𝒏𝒂 𝒓𝒂𝒈𝒂𝒛𝒛𝒂 𝒄𝒐𝒏 𝒖𝒏 𝒑𝒂𝒔𝒔𝒂𝒕𝒐 𝒔𝒊𝒎𝒊𝒍𝒆 𝒂𝒍 𝒔𝒖𝒐..
𝑪𝒊𝒂𝒐𝒐, 𝒈𝒓𝒂𝒛𝒊𝒆 𝒑𝒆𝒓 𝒂𝒗𝒆𝒓 𝒍𝒆𝒕𝒕𝒐 𝒒𝒖𝒆𝒔𝒕𝒐 𝒄𝒂𝒑𝒊𝒕𝒐𝒍𝒐.
𝑽𝒊 𝒂𝒕𝒕𝒆𝒏𝒅𝒐 𝒂𝒍 𝒄𝒂𝒑𝒊𝒕𝒐𝒍𝒐 20👀
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𝓐𝓻𝓻𝓱𝔂𝓽𝓱𝓶𝓲𝓪: 𝒉𝒆𝒂𝒓𝒕𝒃𝒆𝒂𝒕𝒔 ♥︎
RomancePassato problematico e tante cicatrici, Avanna è la classica ragazza dal cuore spezzato e non intende farselo ricucire da nessuno. È sempre stata ripudiata dai suoi genitori, due coniugi facoltosi e dall'animo cattivo ed è stata costretta ad andar...