CAPITOLO 6

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Zulema

Ho ottenuto il lavoro, comincio domani. Il che vuol dire che ho la giornata a disposizione per inizia a sistemare la mia vecchia casa.

Nel garage trovo i vecchi attrezzi di mio padre che sono fondamentali in questo momento.

Libero il vialetto dalle spine, le erbacce e i rami secchi. Ci vogliono almeno due ore per liberare il passaggio ma quando ho finito è così pulito che potrei mangiarci sopra.

La struttura di casa invece richiederà molto più tempo.

Gli scalini all'ingresso ormai sono sfondati e il tetto della veranda sembra stia in piedi per miracolo.

Non c'è elettricità e nemmeno l'acqua, avevamo chiuso tutte le utenze fondamentali.

L'arredamento, ricoperto da lenzuoloni bianchi impregnati di polvere, è quasi tutto da sostituire.

Erano mobili già vecchi quando io ero una bambina e adesso sono un buffet per parassiti e termiti.

Chiamo un camion della discarica del paese e faccio portare via tutto quanto perché inutilizzabile.

I muri sono ancora rivestiti dalla carta da parati con una fantasia che è un insulto alla vista "Che dici, Zeus? Un bel bianco?" Mi abbaia scodinzolando "Lo penso anche io.. qui c'è da fare un bel po' di lavoro.."

Giunta notte fonda la casa è tutta svuotata, dai muri appena imbiancati e spazzata. Finalmente pulita.

Mi hanno riaperto le utenze appena in tempo per farmi una doccia improvvisata e nello zaino ho diversi cambi "Stai tranquillo.. dammi qualche giorno e avremo entrambi una casa che si può chiamare tale" mi siedo per terra e uso lo zaino come cuscino, ho bisogno di riposare almeno un paio d'ore.

Sto ricominciando la mia vita da capo.

La mattina dopo
Macarena

Ogni mattina mi sveglio alle prime luci dell'alba, metto i pantaloni della tuta e una maglietta e prendo i cani per una lunga corsetta per il parco, faccio il giro della città e mi sento libera, leggera, rigenerata.

È il modo migliore per iniziare la giornata.

Zulema

Credo di aver dormito in tutto tre ore e mezza quando mi sveglio di soprassalto a causa di una persiana rotta che sbatte per il vento.

Sto migliorando, poco a poco, ma la strada è ancora molto lunga.

Visto che è impossibile che io riprenda sonno, prendo Zeus e vado al lavoro.

Sono in largo anticipo, le prime luci dell'alba irradiano debolmente il cielo chiaro e preannunciano una splendida giornata di sole.

Entro nella tenuta e mi accorgo che i cani non ci sono, le gabbie sono aperte, fatta eccezione di una sola. Quando mi avvicino dalla cuccia esce un rottweiler rabbioso che inizia ad abbaiare a gran voce, ringhiare così forte da mostrare i denti aguzzi e la salivazione è accelerata.

Zeus, per difendermi, reagisce bella stessa maniera "Accuccia, bello!" Gli ordino e si placa all'istante.

Anche l'altro cane smette di abbaiare ma non mi perde di vista nemmeno per un secondo. È chiaro che non siamo amici, ancora.

"Non si lascia accarezzare"

Una vocina.
Esile e flebile.
Mi volto e la prima cosa che vedo sono i ricci biondissimi di questo bambino alto e magrolino. Le lentiggini sul nasino a punta. Gli occhi verdi come i prati a primavera. I lineamenti me lo suggeriscono ma è il mio istinto che me lo dice chiaramente: è suo figlio.

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