CAPITOLO 11

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Macarena

Quando perdi una persona, qualcuno che ti era davvero vicino, è come se una parte di te si spegnesse. Come se un pezzo del tuo cuore venisse seppellito insieme a quella persona. Ci si sente incompleti, persi, senza più quell'equilibrio stabile.

Il motivo per cui seppelliamo il corpo in un cimitero come questo, poniamo la lapide con la foto e il nome, è per avere un luogo dove piangere quella persona. Un posto ben specifico che ci dà l'illusione di essere vicini alla sua anima. Non è per loro che lo facciamo, è per noi. Quelli che rimangono. Quelli che devono imparare a vivere senza quella presenza.

Mi accovaccio, tolgo i fiori ormai secchi e metto quelli freschi mentre sento un dolore soffocante nel petto. Mi pizzica la gola e le lacrime mi offuscano la vista.

Mi sento incompleta senza mio fratello. Eravamo una cosa sola, praticamente inseparabili, riponevo in lui molta fiducia e amore, un punto di riferimento essenziale. Quel piedistallo su cui poggiano i piedi, per darmi equilibrio e forza, non c'è più da un anno e non passa giorno in cui io non senta la sua mancanza.

Il suo viso in questa fotografia.
Sembra così felice e sereno.
Abbiamo scelto questa, dove è a cavallo della sua moto nera sportiva.

Adorava questa foto.
Glielo ho fatta io.

Diceva che ritraeva la sua essenza.
Ed era la verità perché lui amava andare in moto.

Una lacrima mi solca il viso pensando al giorno dell'incidente. È stato sbalzato via dal veicolo ed è atterrato a metri di distanza sull'asfalto grezzo. Non c'è rimasto molto intero di lui. Durante il funerale avevano chiuso la bara per non fare vedere cosa era rimasto di lui, per poterlo ricordare così come in questa fotografia.

Io e nostra madre avevamo dovuto fare il riconoscimento all'obitorio.

Quell'immagine terribile non riesco a cancellarla.

Mi passo la mano tremolante sul viso mentre scoppio a piangere "Perché? Perché te ne sei andato così presto?"

Nella vita mi hanno lasciata tutti.
Mio padre non lo ricordo nemmeno, è morto quando ero ancora piccola.
Zulema se n'è andata.
E poi lui.
Tutti se ne sono andati.
Tutti quanti.

Una rabbia improvvisa dettata forse dalla disperazione o dal dolore o dalla stanchezza si impossessa di me "PERCHÉ?!" Urlo a pieni polmoni. Mi alzo di scatto come se una forza si fosse impossessata di me. Tremo dal nervoso, credo che un attacco di ansia o panico. Qualcosa che non so gestire. I nervi si tendono all'improvviso e sto per tirare un pugno alla lapide con tutte le forze che possiedo ma vengo presa da dietro, il pugno tocca solamente l'aria. La prima cosa che sento è il profumo "Zulema lasciami!" Urlo ma lei stringe e mi porta indietro per evitare che io colpisca qualcosa.

"Calmati.. calmati.. calmati" mi ripete con un sussurro all'orecchio mentre la sua presa salda sul mio corpo mi lascia una sensazione che non so definire.

Lei. Lui. È troppo.
Scoppio in un fiume incontrollato di lacrime "No! No! No!"

Mi volta di scatto e prende il mio viso tra le mani, i miei occhi finiscono inevitabilmente nei suoi "Shh.. non piangere ti prego" mi supplica con gli occhi lucidi, le sue braccia mi avvolgono ed io pongo resistenza all'inizio perché non lo vorrei ma poi, quando inizia ad accarezzarmi la schiena, non riesco ad allontanarla. Affondo il viso nel suo petto mentre lei tiene la mia testa e il mio corpo attaccato al suo, la stringo anche io "Maca.. calmati.." continua a ripetermi "Sono qui.. sono qui, te lo giuro.." stringo la sua maglietta e cerco di regolarizzare il respiro. Io non ricordo l'ultima volta che mi sono sentita così al sicuro nelle braccia di qualcuno. Alzo il viso per guardarla e lei mi sorride appena mentre mi asciuga le lacrime con i pollici, il tocco è delicato.

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