~ Hope for the Hopeless ~

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La paura è un'emozione primaria, intensamente spiacevole, che deriva dalla naturale avversione al rischio o alla minaccia, presente sia nel genere umano che nel genere animale. Umberto Galimberti, nel suo Dizionario di psicologia, la definisce così: «Emozione primaria di difesa, provocata da una situazione di pericolo che può essere reale, anticipata dalla previsione, evocata dal ricordo o prodotta dalla fantasia. La paura è spesso accompagnata da una reazione organica, di cui è responsabile il sistema nervoso autonomo, che prepara l'organismo alla situazione di emergenza, disponendo, anche se in modo non specifico, all'approntamento delle difese che si traducono solitamente in atteggiamenti di lotta e fuga»


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Jungkook Pov

Tremavo, se non visibilmente, dentro sentivo di tremare come se fossi stato un albero scosso violentemente, perché avevo messo Jimin in pericolo con le mie decisioni, perché avevo scatenato la parte oscura di Dae verso la persona sbagliata ed io non potevo perdere Jimin, non potevo accettare che gli succedesse qualcosa solo perché mi ero innamorato di lui. Era ovvio che saremmo andati dallo zio di Jimin, perché quella casa era una fottuta fortezza, perché nemmeno Dae poteva entrare li senza che qualcuno lo atterrasse o uccidesse e mi dissi, stupidamente, almeno li Jimin sarebbe stato al sicuro. Perché non ero in grado di difenderlo, perché avevo passato la mia vita a studiare per arrivare a realizzare il mio sogno, perché quando mio padre mi chiese se avessi voluto fare qualche sport gli dissi di no, mi bastava la palestra per mantenere il mio corpo forte e nulla più; quando Jimin mi disse del pacco, avrei voluto tornare indietro nel tempo e aver preso lezioni di una qualunque disciplina orientale. - Andiamo da tuo zio, a me va bene, sarai al sicuro.. - Jimin mi guardò male e capii che fu a causa del mio uso al singolare del verbo essere: - Non siamo certi sia lui Jungkook ma se così fosse, anche tu sei in pericolo! - lo disse con rabbia e paura, i suoi occhi parlavamo più di lui e vedevo quanto fosse in apprensione, ero certo che si stesse chiedendo come avrebbe potuto proteggermi e lo strinsi tra le braccia, affondando il viso tra il collo e la spalla. - Non mi perdonerei mai se ti accadesse qualcosa Jiminie.. proverò a contattarlo e.. - ma non mi fece finire, mi allontanò di poco per mettere quelle piccole mani sulla mia bocca: - Se lo fai permetterai che mi accada qualcosa Jungkook perché non me ne starò con le mani in mano, qualsiasi cosa abbia in testa, sempre se è lui! - comunque l'avessimo messa, eravamo nella merda e Jimin lo sapeva tanto quanto me.

Il signor Jason aveva detto la verità, perché quando aprimmo la porta di casa, un omone enorme si parò davanti sorridendo: - I vostri affetti saranno presi in un secondo momento, per adesso raggiungiamo l'appartamento del signor Moore, prego. - anche la voce era bassa, possente ma sembrava gentile o almeno lo era con noi, facemmo comunque come disse raggiungendo l'ascensore che ci portò all'attico con un codice come aveva detto il signor Jason, era la prima volta che mettevo piede in quel mondo a parte. Non riuscii a non guardarmi intorno, non riuscii a non vedere alcune cose di Jimin in quella casa, perfino quell'unica foto di loro due in riva al mare, il sorriso di Jimin era bellissimo ed io volevo vederlo così sempre: - La vostra camera è dall'altra parte della casa, così avrete la vostra privacy, c'è anche una cucina e una zona relax tutta vostra, non per forza devo imporvi la mia presenza ecco, sapete che sono qui in ogni caso. - sorrise e in quel momento vidi Jimin da grande, rimanendo sorpreso di quanto assomigliasse al signor Jason ed io non me ne fossi reso conto. Mangiammo comunque con lo zio di Jimin, che non fece che richiamarmi quando usavo l'onorifico ma sarebbe stato difficile per me chiamarlo per nome e basta. Quella casa era enorme e perfino la parte che ci lasciò sembrava un altro appartamento facendomi restare a bocca aperta: - Quando facciamo l'amore dovresti non gridare troppo amore mio.. - se ne usci quel demonio facendomi affogare con la mia stessa saliva e diventare rosso come un cazzo di pomodoro. - Solo tu puoi uscirtene con una frase del genere ma devo raccomandare la stessa cosa a te allora.. - ridacchiò divertito e mi resi conto di non aver ottenuto l'effetto che speravo, non facemmo nulla quella notte, ci tenemmo abbracciati per non sentire nient'altro che noi stessi, i nostri cuori battere all'unisono e i nostri respiri abbracciarsi esattamente come stavamo facendo noi.

Il giorno successivo chiesi a Jimin di restare ma mi disse che un grosso cliente voleva un progetto da entrambi e che per il momento, lui doveva tornare in azienda: - Allora vengo con te! - scosse la testa, nei suoi occhi vedevo la stessa paura che sentivo dentro di me: - Ci sarà una guardia del corpo con me, non accadrà nulla Jungkook, ti prego.. qui sarai al sicuro.. - mi fece male il cuore a vederlo andare via oltre quell'ascensore. Aveva ragione sulla guardia del corpo ed in casa ce n'erano cinque, almeno quelle che vedevo io, eppure non mi sentivo per niente al sicuro, perché una parte fondamentale di me era uscita e non potevo sapere con certezza cosa sarebbe accaduto o meno. Prima che la fine del mio mondo, seppur metaforicamente, avvenisse, passarono due settimane, le stesse in cui Jimin andava e tornava sano e salvo, nessun pacco, nessuna lettera di minaccia, niente di niente, era come se chiunque avesse fatto quello scherzo avesse smesso nel momento esatto in cui il topo era stato recapitato. - Passo in ufficio a prendere alcune carte e vengo a casa, così mi aiuti con il progetto. - mi aveva detto, dandomi un bacio così spinto da farmi gemere e lasciare li come un salame ed un erezione a cui non diedi sfogo, mi dissi che gliel'avrei fatta pagare a modo mio ma dopo un ora di Jimin non v'era traccia, forse è stato trattenuto dal lavoro, mi dissi, forse e con le ragazze ma quando provai a chiamare, il telefono squillava a vuoto. Allora chiamai Sveva: - Jimin? Guarda che non è venuto oggi.. - rimasi immobile, guardavo un punto che non vedevo ed ogni cosa mi cadde addosso: - Jungkook? Jungkook mi senti? - mi parve di aver detto un si ma non ne ero tanto certo: - Aadhya dice che non risponde al telefono e che il signor Moore non riesce a rintracciarlo.. - non dissi altro, sapevo cosa fosse accaduto, sapevo che sarebbe successo.

- Signorino Jeon deve venire con noi! - sbattei le palpebre di poco, guardai verso quella voce e mi resi conto di essere rimasto sempre nella stessa posizione: - Signorino Jeon.. il signor Moore l'attende. - incalzò il gorilla ed io lo seguii seppur fossi più un automa che altro, era come se il mio tempo si fosse fermato, come se tutto andasse a velocità doppia mentre io ero immobile in un punto sconosciuto. - Jungkook! - guardai lo zio di Jimin, chiedendomi da dove fosse uscito: - Devi essere con me altrimenti non possiamo aiutare Jimin! - il mio Jimin, il mio amore: - Cosa devo fare? - mi parve di essermi svegliato da un sonno in cui ero stato indotto ma in quel momento l'unica priorità era il mio piccolo angelo, mi venne detto che l'auto con la guardia del corpo non era rintracciabile, che forse avevano staccato il gps o erano in una zona non raggiungibile. - Il gorilla con Jimin.. - ma non finii quella frase, lo sguardo del signor Jason mi fece pensare al peggio: - Il gorilla di Jimin è stato trovato tramortito nel retro del garage, chi ha trovato Jimin non era del mio staff.. - chiunque fosse aveva tenuto d'occhio le sue mosse, aveva studiato gli orari e con chi usciva, sapeva che sarebbe stato solo, che avrebbe potuto attuare il suo piano e non riuscii a non pensare a Dae. Chissà cosa aveva provato il mio piccolo angelo quando aveva compreso che quella persona non era chi si aspettava, quando quella stessa macchina si era diretta in posti che lui poteva non conoscere, avrei dovuto essere con lui, avrei dovuto insistere per tenerlo con me, avrei dovuto approfondire quel bacio e lasciare che restasse per fare l'amore. - Lo troveremo Jungkook.. - alzai lo sguardo verso quell'uomo distrutto e proprio in quel momento, si sentì un tocco alla porta e una donna entrare dalla stessa, per un attimo mi parve di vedere il mio Jimin ma capii che fosse la madre: - Ti conviene mantenere la promessa velata Jason! - perfino la sua voce era identica a quella di Jimin e mi sentii morire, dove sei? Ti prego aspettami..



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Per Jungkook ogni cosa si era fermata nel momento in cui il suo Jimin non era tornato come promesso, non c'era nulla in lui se non quella paura celata che avrebbe potuto fare di più, che forse quella era stata l'ultima volta che i loro occhi si fossero scontrati eppure, quella stessa paura gli dava la forza per esserlo anche per Jimin. Esattamente come aveva fatto lui salvandolo dal sui inferno personale, anche Jungkook l'avrebbe fatto, anche Jungkook avrebbe salvato un angelo direttamente dalle viscere dell'inferno.

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