Eravamo in soggiorno, strano come le cose si dimenticano, sarò stato qui una decina di volte prima dell'incidente, prima di cambiare, ma non ricordavo la casa così grande, così spaziosa e così vuota. I mobili erano tutti moderni, visto che la madre di Ashley è una stilista non potevo che aspettarmi un arredamento alla moda. Il divano su cui eravamo seduti era di pelle bianca, talmente bianche che forse nessuno mai si è veramente seduto qui sopra, i mobili invece erano tutti laccati lucidi, colorati di nero, con qualche puff sparsi a terra sempre bianchi. Mi volto a guardarla, i suoi occhi fissano i miei, sotto al suo sguardo mi sento un completo idiota.
Come ho potuto farla soffrire così?....
Sospiro, poi dico. <<Ok... questa cosa per me è difficile, sono qui perché ho capito quanto io tenga a te, quanto io in tutto questo tempo ti ho fatto soffrire. Quella mattina dove ti ho urlato contro, io... Io... Merda io mi sono sentito un deficiente... Come ho potuto urlarti addosso?.. Mi sono sentito come mio padre Jim, Quel bastardo. E' stato lui ha farmi capire che mi sono comportato come lui, e mi sono sentito male, io non sono come lui... Io sono più buono, sono diverso...>>.
Non riuscivo a guardarla in volto. Sento una mano appoggiarsi al mio braccio, alzo il viso e la vedo, così bella, i suoi occhi erano preoccupati.
<<Perché Jim tuo padre com'è?>>.
Ok... Stai calmo lei deve sapere...
Lentamente prendo i bordi della maglietta e me la sfilo, lasciando scoperte le cicatrici, le bruciature di sigaretta. La vedo sbarrare gli occhi, portandosi una mano sulla bocca, il mio cuore per quel piccolo gesto si riempie. Dopo la sua mano, inizia a sfiorare le piccole cicatrici, sul braccio, arrivando sulla spalla e andando giù verso il petto. Al suo tocco il respiro mi si spezza, un tocco delicato e indeciso, un tocco che esamina attentamente tutte quelle brutte cicatrici. Poi parla.
<<C-cosa ti è successo?>>.
Gli prendo la mano, me la porto al viso e la bacio dolcemente, la guardo negli occhi e le racconto tutto.
<<E' stato mio padre...>>. Lascio la frase sospesa nell'aria, poi riprendo. <<Sai dopo l'incidente di mia madre?... Io sono cambiato, quando è successo, sono stato in ospedale ti ricordi?>>. Le chiedo.
Annuisce.
<<Be', è stato spaventoso svegliarsi e scoprire che tua madre non c'è più, ho sempre pensato che era colpa mia, mi sono ripetuto per mille volte che potevo morire io al posto suo, ma il destino sceglie quello che vuole e ha scelto lei... Da quel giorno mio padre è cambiato, sapevo già che se si arrabbiava poteva diventare violento, ma non ho mai pensato che una persona potesse fare del male al proprio figlio. Quando facevo qualcosa che non gli andava bene o non ascoltavo lui mi spegneva la sigaretta sul corpo, sceglieva lui dove, era sempre tutto pianificato. Finché un giorno, alle superiori, mi sono ribellato, ho iniziato a picchiarlo, senza mai fermarmi, fino a quando è svenuto, poi ho chiamato la polizia e da quel giorno è in prigione...>>.
Silenzio. Il silenzio mi uccide...
<<Ti prego di qualcosa...>>.
La sento sospirare, poi dice.
<<Tutto questo, perché...Perché non me l'hai mai detto?... Avrei capito, ti avrei aiutato>>.
La guardo, il viso pieno di lacrime, mi avvicino per asciugargliele.
<<Sai, per un ragazzo idiota maltrattato dal padre non è facile, avrei voluto parlartene ma non ci sono mai riuscito>>...
Senza parlare, avvicina il viso al mio e mi bacia. In quel bacio sento tutto, il dolore, la gioia,l'amore. Già, chi l'avrebbe mai detto che io potessi amare qualcuno?...
Le sue mani scivolano sul mio petto, si siede a cavalcioni su di me, senza smettere mai di baciarmi. Le appoggio le mani sul sedere e l'avvicino di più a me, l'ho sempre voluta, e la voglio anche ora... Ma non così...
Mi scosto e le dico. <<Aspetta, non così... Voglio che sia giusto, perfetto>>.
La vedo sorridere, lentamente si alza, sento un'ondata di freddo, poi mi prende la mano, alzandomi mi faccio portare su per le scale e nella sua camere. Appena entriamo rimango un po' spaesato.
<<Ti prego non commentare...>> Dice lei.
Le sorrido, la prendo per la vita e la lancio sul letto, come un segugio mi ci metto sopra, lei sorride e cavoli se la amo. Inizio a baciarla con più passione, mi lascio trasportare da quello che provo. Lasciando la bocca, scendo verso il collo, con la mano gli alzo la maglietta, lasciando scoperti i seni,gliela sfilo e le slaccio il reggiseno. Le sue mani raggiungono i miei pantaloni con facilità li slaccia, facendomeli scendere fino alle ginocchia, mi scosto leggermente per toglierli poi torno sopra di lei e le slaccio i jeans togliendoli. Eravamo li, ci divideva soltanto un pezzo di stoffa. Sfrego il mio cazzo contro di lei e la sento trattenere il fiato, le sfilo le mutandine e lei sfila i miei boxer. Poi parlo.
<<Ashley, io... Io ti amo>>.
Lei spalanca gli occhi, per un minuto rimane immobile poi sorridendo dice. <<Anche io ti amo>>.
E poi non resisto più, la penetro con impazienza. Inizialmente mi muovo lentamente, poi inizio con più violenza, mi perdo nei suoi gemiti e nei miei, fino a quando inizio a sentire quel famoso segnale, avvisandomi del mio limite, le ultime spinte si fanno ancora più violente, volevo farle sentire tutto di me, volevo che lei capisse che sarei stato solo suo e basta, che lei non ne avrebbe più avuto abbastanza di me... Veniamo entrambi gemendo i nostri nomi, senza forze, ancora travolto dall'orgasmo mi butto in parte a lei, le prendo il viso e la bacio.
<<Sono contento che tu mi abbia scelto...>>.
Sorridendomi dice. <<Io non ti ho scelto, ti ho sempre voluto>>
Baciandola nuovamente le sussurro all'orecchio.
<<Ti amo>>.
<<Anche io>> Risponde.