18. FIORI MORTI

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La scuola ormai era finita, aveva preso il diploma e l'estate era più che arrivata, il caldo si era fatto persistente sin dai primi di giugno.
In quei ultimi giorni, aveva avuto la testa da tutt'altra parte. Quasi non si riconosceva, non era in sé, lo sapeva, ma il tempo scorreva veramente veloce, e le ultime due settimane erano passate in un lampo, senza che se ne rendesse conto.
Per lo più aveva provato a gestire le emozioni, ad affrontarle, in qualche modo. Non riusciva a capire se ce l'avesse fatta, se fosse veramente riuscito a controllarsi, a controllare i suoi pensieri, il suo umore, i suoi sentimenti, o se invece non avesse avuto il controllo proprio di niente. Probabilmente non ci era riuscito. Ma il tentativo lo fece per davvero.
Perché sapeva che non fosse giusto il trattamento che stava riservando ai suoi amici. Li ignorava totalmente, preferendo stare chiuso in camera, in silenzio radio, piuttosto che passare il tempo insieme a loro. Il punto era che si sentiva in imbarazzo, si vergognava quasi, per quel che provava. Perciò preferiva non farsi vedere affatto, piuttosto che farsi vedere in quello stato lì. Non riusciva bene a stabilire come si sentisse. Sapeva che sicuramente non fosse piacevole, qualsiasi cosa provasse, che non fosse felice o serena. Era così tormentato da questa brutta sensazione al livello del petto, di angoscia, questa senso di oppressione che gli gravava. Si sentiva talmente vuoto, e allo stesso tempo provava questa forte pesantezza, come se lui stesso fosse un peso morto, un corpo rigido e pesante privo di alcuna forza o vitalità.
Non prese per niente bene la partenza di Harry. Inutile girarci intorno. Era quella la causa della sua tristezza. Harry alla fine era partito per davvero, e lui non ci credeva. Non poteva, né voleva, pensare che Harry non fosse più lì in città, pensare che non lo avrebbe più visto, che non si sarebbero più frequentati. Quando quel mattino se ne era andato, Louis si era sentito immensamente triste, ma in maniera strana, quasi assurda. Si era svegliato e aveva capito che effettivamente Harry se ne era andato. Era lì, da solo, e tutto ciò che riuscì a fare per i primi minuti fu semplicemente rimanere immobile, a guardare il lato del letto vuoto, che solamente qualche ora prima occupava Harry. Ma ora il materasso era piatto, freddo e le lenzuola erano stropicciate, e lui non c'era più.
E sia il letto sia la stanza intera gli sembrarono troppo grossi, enormi, per una sola persona. Gli sembrava che lì dentro da solo ci stesse troppo largo, sentiva già la forte mancanza di Harry e non riusciva proprio a evitare che questo accadesse, che le sue emozioni venissero a galla.
Si era ridisteso, tirandosi sopra tutto il corpo il piumone, sperando in un po' di conforto, come se la coperta potesse abbracciarlo, in qualche modo, e aveva sentito i suoi occhi farsi caldi, la sua vista appannarsi e delle lacrime scorrergli silenziosamente sul viso, sino a finire sul cuscino. Si sentiva così stupido, imbarazzato ma non poteva farne a meno, già non c'era più traccia di Harry nella sua camera, presto non ce ne sarebbe stata alcuna neppure nella sua vita, e lui davvero, non riusciva a immaginarsi come potesse essere restare senza di lui. Perché Harry era rimasto con lui costantemente in quei mesi, poi lui si era innamorato come un idiota, e dopo? Dopo Harry se ne era andato, lasciandolo lì.
Louis si asciugò il viso e le lacrime tornarono, silenziose, calde, piene di tristezza e vergogna allo stesso tempo. Non voleva stare male. Non voleva piangere come uno sfigato, perché sì, si sentiva uno sfigato a ridursi così per un ragazzo. Perché lui non era così, non lo era mai stato, e non si riconosceva, non capiva cosa gli fosse capitato per diventare...quello.

Lui e Liam stavano piegando i panni puliti in quel momento, ascoltavano la musica e parlavano di cose di poco conto. Era certo che i suoi amici sapessero quanto ci stesse male per l'assenza di Harry. Loro però facevano finta di niente, come se fosse tutto normale, perché sapevano anche quanto a lui avrebbe infastidito se avessero fatto il contrario, se gli avessero chiesto come stesse, cosa pensasse, cosa provasse. E li amava ancora di più per quello, perché in ogni occasione loro sapevano come farlo sentire a proprio agio. Erano così dolci, buoni, premurosi.

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