6 - Sopravvissuti

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E anche stamattina sono stato in grado di svegliarmi pensò Alek, aprendo lentamente i suoi occhi smeraldini e appoggiando una mano sulla fronte. Restò in quella posizione per alcuni secondi, come se stesse metabolizzando il fatto di essere ancora vivo, poi, alzandosi con molta calma, si diresse verso quel che rimaneva di una vecchia finestra. Davanti ai suoi occhi si apriva un panorama di una tristezza e desolazione infinita: una città completamente rasa al suolo, con solo qualche edificio che poteva vantarsi di essere in condizioni decenti, e un silenzio tombale. Alcuni ruderi aveva ancora la forza di spiccare oltre la desolante oasi di macerie in cui Olvak si era trasformata, arrivando addirittura a sfiorare la dozzina di metri d'altezza. Tuttavia, erano ben lontani dal poter essere abitati come lo erano stati fino a qualche settimana prima. A vederli così, veniva da chiedersi cosa avessero di tanto speciale per essersi meritati la pietà degli Steartrix. Uno in particolare aveva incuriosito Alek. Era il più alto del distretto, quindi anche il più facile da notare ad una rapida occhiata, ma non era quello il motivo per il quale aveva attirato su di sé la curiosità del ragazzo. A renderlo diverso dagli altri era una slavina di macerie, causata dal crollo delle costruzioni adiacenti, che aveva sommerso una buona parte della sua struttura, risparmiando gli ultimi due piani e un fianco. Il colpo ricevuto dall'immensa mole di detriti che aveva impattato sugli altri fianchi lo aveva fatto inclinare verso un lato e poi lo aveva stabilizzato in quella posizione. Se non avesse avuto il timore che la struttura potesse cedere sotto i suoi piedi in un qualsiasi momento, gli sarebbe piaciuto fare un giretto al suo interno. Alek spostò poi lo sguardo verso il distretto nord, quartiere in cui aveva trovato un nuovo appartamento dopo che l'ultimo era stato spazzato via da uno Steartrix. Grandi macerie erano disseminate ovunque e rendevano difficoltoso muoversi lungo le vie della città, oramai desolata e ridotta al silenzio più totale. Alek aveva sempre trovato sgradevoli i rumori di una città vissuta, prediligendo pace e tranquillità, e se ne lamentava anche spesso, ma dopo settimane intere trascorse in quella città spettrale, fu costretto ad ammettere che, tutto quel caos, quasi gli mancava. Il baccano dei mezzi di trasporto pubblico, il vociare di sottofondo, gli scarichi merci nelle attività commerciali, tutti rumori che mai si sarebbe aspettato di rivolere indietro. Ad Olvak, l'unico suono che l'orecchio umano poteva percepire era il tonfo sordo dei blocchi di cemento che, staccandosi dagli edifici, emettevano nel momento in cui impattavano a terra. E se non era questo, si trattava di loro. Di tutto quello che Alek aveva imparato ad apprezzare, ad amare nonostante se ne lamentasse, non era rimasto praticamente più nulla. Il ragazzo non era nato lì, ma si era da poco trasferito per motivi di lavoro. Da poco aveva terminato un concorso per diventare giornalista e il suo docente, soddisfatto dei risultati da lui ottenuti, lo aveva messo in contatto con una testata giornalistica locale. Anche se si occupava per lo più di moda, Alek vide quell'occasione come una rampa di lancio e accettò l'offerta con grande entusiasmo. Per raggiungere il suo obiettivo, avrebbe avuto ancora tempo. Fare la gavetta, inoltre, non lo spaventava, anzi, era dell'idea che lo avrebbe aiutato ad ampliare i suoi orizzonti e ad arricchire il proprio bagaglio personale. Non passarono neanche due mesi. Gli Steartrix arrivarono dal nulla, come avevano sempre fatto, e portarono morte e devastazione ad Olvak. L'intera popolazione fu divorata da quegli esseri in poche ore, tra cui i suoi genitori, suo fratello, i suoi amici, i colleghi. Nessuno scampò al loro giudizio o quasi. Lui ci era riuscito e ancora non se ne capacitava. 

I giorni successivi l'attacco furono i più duri: Alek fu costretto a cavarsela con le sue sole forze, a muoversi in un ambiente ostile, dove anche una banale ferita poteva condurre alla morte, ad accaparrarsi il cibo come un povero mendicante, a cambiare letto ogni due giorni, trovandosi spesso senza un tetto a proteggerlo dal freddo, dalla pioggia, dai pericoli di una Olvak spettrale. Tutti davano tutto per scontato; l'energia per l'illuminazione, l'acqua corrente, il riscaldamento, fare compere, una casa, i farmaci, la presenza dei vari affetti nella propria vita, Alek compreso. Sempre comodi e al sicuro nelle loro abitazioni, l'idea che un infausto destino potesse toccare a chiunque non aveva mai sfiorato la loro mente. Nulla era scontato in quel modo crudele. Ancor meno da quando loro erano discese sulla terraferma. 

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