Alek riaprì gli occhi. Una forte luce inondò il suo campo visivo, tale da non permettergli di vedere nulla di ciò che lo circondava. Dove mi trovo? Sono forse morto? È questo l'aldilà? Si domandò lui, totalmente accecato dall'intenso bagliore nel quale era avvolto. Ricordava l'appendice a forma di lancia dello Steartrix che, sbucando dal terreno, aveva impattato e distrutto i resti di un edificio alle sue spalle, il crollo di quest'ultimo, Rachel che gridava e poi nient'altro. Da quando la città di Olvak era stata attaccata sapeva che il giorno della sua morte sarebbe arrivato presto, non possedendo alcuna abilità e, soprattutto, non essendo per niente abituato a sopravvivere in condizioni tanto difficili come quella in cui era rimasto coinvolto. Trovava già un miracolo il fatto di esser riuscito a sopravvivere tanto a lungo. L'unico rammarico rimastogli era quello di non essere più in grado di salvare Rachel, la ragazza che aveva conosciuto al centro commerciale. Se quello era davvero l'aldilà, il paradiso, il regno dei cieli, forse avrebbe potuta incontrarla da qualche parte. Lì si sarebbero potuti godere finalmente la pace eterna.
Certo, non mi sembra niente di così speciale.
Si aspettava una qualche figura alata e bellissima, come descritto in alcuni dei testi religiosi che, durante alcuni lavori di revisione, gli erano capitati sottomano; tuttavia, non vide nessuna di esse, né un mare di nuvole immerso nell'immensità del cielo. Questi angeli, in teoria, sarebbero dovute venire a recuperare il suo spirito incorporeo per condurlo al di là del cancello che delimitava il mondo dei vivi dal limbo, prima che esso potesse andare disperso. Alek credeva a ciò che era descritto in quei testi e rimase deluso dallo scoprire che, forse, nulla di quanto letto fosse reale. Che delusione... Il bagliore cominciò lentamente a dissolversi, permettendo così al ragazzo di tornare a vederci chiaro. I suoi occhi smeraldini riconobbero subito il soffitto di una comunissima stanza da letto, affrescato con decorazioni neorathiane, la tipica arte del regno di Rathos, in bassorilievo. Strette fasce luminose percorrevano i contorni dei numerosissimi dipinti, enfatizzando i giochi di luci e ombre creati dal pittore e, allo stesso tempo, inondando la stanza con la loro luce calda e soffusa. Alek non ebbe neanche il tempo di contemplare le meravigliose opere realizzate sul soffitto che avvertì una forte fitta provenire dalla gamba sinistra, una mai provata in vita sua. Quel dolore, tuttavia, rappresentava il fatto che, per qualche inspiegabile ragione, era riuscito a tirarsi fuori dalla situazione critica in cui si era cacciato. Non era morto come aveva creduto.
Rachel...dov'è Rachel? Starà bene? Si domandò Alek, guardandosi intorno per capire in che razza di posto fosse finito e se quella ragazza fosse ancora con lui. Realizzò di essere sdraiato su un caldo e comodo letto, presumibilmente all'interno di una delle abitazioni rimaste intatte di Olvak. Continuando ad esaminare, con sguardo stanco, la stanza, Alek vide sulla sua sinistra la ragazza che aveva conosciuto durante la sua visita al centro commerciale, Rachel, che si era addormentata a braccia conserte sopra alle coperte. Gli era rimasta accanto per chissà quanto tempo. I due ragazzi, tuttavia, non erano gli unici presenti e Alek se ne rese conto quasi subito. Seduta sullo spesso giroletto, in fondo, vi era un'altra figura femminile, figura che gli pareva di aver già visto altrove. Era la stessa ragazza di quella stanza misteriosa? Alek si strofinò gli occhi, la squadrò per bene, nel tentativo di capire se si trattasse di lei o meno. Solo dopo un attento sguardo poté confermare che si trattasse di un'altra persona, complice anche l'assenza degli strani tatuaggi luminosi che aveva l'altra. Aveva i capelli di un acceso rosso scarlatto, raccolti a coda di cavallo, da un fiocco di modeste dimensioni, all'altezza delle spalle; erano così lunghi che le percorrevano quasi per intero la schiena. Indossava una sorta di uniforme blu scuro con vari ricami bianchi e dorati, sparsi per tutto l'abito, e una gonna bianca e rossa, con una linea, sempre dorata, che separava orizzontalmente i due colori. Calzava degli stivali rosso scuro, con un risvolto bianco latte e lacci del medesimo colore, che le arrivavano di poco sotto il ginocchio e delle calze, anch'esse bianche, con una nastro blu, legato a fiocco, a mezza coscia. Se solo Alek fosse riuscito a vederle il viso, forse l'avrebbe potuta riconoscere, ma a causa dell'angolazione dal quale la stava fissando, non gli fu possibile. Con le gambe accavallate, la figura dalla radiosa chioma scarlatta leggeva un libricino dalla copertina in pelle sintetica. Esemplari come quello, in un'era tanto avanzata tecnologicamente, dove quasi ogni contenuto veniva proiettato sotto forma di ologramma, erano alquanto rari, ma lei ne aveva uno proprio tra le mani, e dalle belle fattezze per giunta. Si poteva ammirare, di quel rarissimo e affascinante oggetto appartenente ad un passato non più loro, tutto l'amore e la passione che il suo creatore aveva messo nel farlo. Alek si inclinò leggermente verso sinistra, nella speranza di riuscire a vedere in faccia la ragazza, e questo suo movimento attirò l'attenzione di quest'ultima, che si voltò verso di lui. Alek strabuzzò gli occhi, non potendo credere a quanto stava vedendo. Quella seduta sul fondo del letto non era una comune persona, come avrebbe potuto pensare chiunque ad una prima impressione, ma si trattava della principessa del regno più potente e fiorente dell'epoca.
STAI LEGGENDO
Il Paradiso Perduto
Fiksi IlmiahÈ possibile formare nuovi legami, creare amicizie, far nascere amori in un mondo il cui domani non è una certezza, dove la vita di ogni individuo è costantemente sull'orlo di un precipizio? In "Il paradiso perduto" verranno narrate le vicende di alc...