7 - Una ragazza di nome Rachel

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È davvero una splendida giornata! Pensò Alek, perdendosi per un istante nel limpido cielo azzurro. Si domandava se sarebbe stato in grado di ammirarlo in compagnia di qualcuno una volta fatto ritorno ad Eden o se quella sarebbe stata la sua ultima volta. Credeva nella buona riuscita della fuga, altrimenti nemmeno ci avrebbe provato a partire; dall'altra parte era pronto anche al peggio. Sulla sua pelle aveva imparato che nulla era scontato come sembrava. Immerso nei suoi pensieri, Alek non si era reso conto di essere già arrivato al cospetto dell'enorme centro commerciale che, prima dell'attacco degli Steartrix, era di un bianco candido e puro, colore che gli permetteva di risaltare su tutto il resto. A vederlo ridotto così, ad un passo dal collasso, con le superfici scolorite a causa delle polveri che vi si era depositata sopra, danneggiato in vari punti a causa della furia devastatrice degli invasori, non poterono che suscitare una certa tristezza nel cuore del ragazzo. Non lo frequentava spesso, preferiva fare compere in piccole botteghe dove poteva scambiare in tranquillità due chiacchiere con il proprietario, ma lo aveva visto nel suo periodo più glorioso. Era magnifico. Gli aerotreni a levitazione magnetica si tuffavano nella sua grande bocca rettangolare, scaricando e caricando migliaia di persone ogni ora, il piazzale sul quale sorgeva brulicava di vita, di famiglie che si riunivano per andare a fare compere tutti insieme o per il semplice piacere di farsi un giretto all'interno del centro. Si trattava  della zona più rumorosa e frequentata di Olvak, su quello non ci pioveva. Tutto l'opposto di come appariva agli occhi di Alek in quel momento, decadente e immerso nel silenzio più totale. La sua gloria e la sua bellezza non erano altro che ricordi sbiaditi nella mente dell'umanità.

Il ragazzo dai folti capelli verdi lanciò un ultimo malinconico sguardo al complesso prima di avventurarsi al suo interno. Entrò dall'ingresso sud, quello situato sotto all'ingresso della linea aeroferroviaria, che lo condusse all'ampio pian terreno dell'enorme struttura. Era davvero enorme, un labirinto di negozi, botteghe, ristoranti e varie altre attività di intrattenimento. Alek non riusciva a vedere dove finisse, complice anche il buio che si celava tra le sue spesse mura, e iniziò a immaginarsi quali cose create dall'uomo, o dalla natura, potessero riempire tutto quello spazio. Secondo lui, potevano entrarci una ventina abbondante di edifici, una decina di aeronavi oppure un centinaio di Requolis, alberi il cui tronco poteva raggiungere i sei metri di diametro e i quaranta di altezza. Anche se stretti, potevano entrarci anche i quattro esemplari di Steartrix presenti ad Olvak. Quest'ultimo confronto terrorizzò Alek. Quelle creature potevano essere veramente lì dentro, celate nell'oscurità, ad attenderlo. 

-- Non dovevo fare questo gioco -- scosse il capo Alek, cercando di cacciare via l'idea che le feroci bestie che tanto temeva dimorassero proprio nel centro commerciale. Dopo che queste gli avevano strappato via tutti i suoi affetti, ritrovarsele faccia a faccia era l'ultima cosa che desiderava.

Alek iniziò ad inoltrarsi all'interno del complesso. I fiochi raggi solari che filtravano dal soffitto e da alcune crepe sulle pareti gli permisero di vedere le sagome di alcune macerie sparse su tutto il pian terreno, molte più di quante ne ricordasse dall'ultima volta in cui era stato lì. Decise di non porsi domande a riguardo; le risposte sarebbero potute non piacergli.

– Allora, se non ricordo male, i locali aventi gli alimenti di miglior qualità stanno al quarto piano. Devo solo ricordarmi per quali tra queste scale ero salito la volta scorsa.

Il silenzio che dominava all'interno di quel luogo spettrale veniva spesso interrotto dai sinistri scricchiolii di alcune strutture, lasciando intendere che prima o poi sarebbero arrese anche loro all'inevitabile, e da piccoli detriti che si schiantavano a terra. Procedendo con molta cautela, Alek raggiunse la prima coppia di scalinate del complesso commerciale. I suoi passi, benché leggeri, riecheggiarono nell'aria come macigni. Sperava con tutto sé stesso che non ci fosse nessuno, all'interno del complesso, che potesse aver percepito la sua presenza o che potesse aver sentito i suoi passi. In quel caso, sarebbe stato spacciato.  

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