12 - Tutto per una vita

39 8 44
                                    

Olvak non distava molto da lì. Con un mezzo militare corazzato, sarebbero arrivati in meno di un paio d'ore, salvo spiacevoli incontri. Il plotone di Qleiporth, composto da appena una dozzina di soldati, aveva raggiunto il check-in di Portnova. Oltre ai membri dell'esercito di Rathos, all'interno del veicolo vi era anche la principessa Vera, convinta a farsi accompagnare almeno fino ad Olvak. Ad attenderli alla barriera, vi erano degli ufficiali di alto grado, comandanti stando ai simboli cuciti sulle divise, armati fino ai denti e muniti di speciali maschere anti-contagio che gli coprivano buona parte del viso.

Il conducente del mezzo, il cui nome era Francis, arrestò il pesante veicolo al fianco di un casello vetrato, poi aprì la portiera e scese. Prima scambiò due parole con uno dei comandanti, poi si diresse dall'uomo nel piccolo e stretto casello.
Vera e gli altri soldati rimasti nel mezzo corazzato non riuscirono a sentire neanche mezza parola di quello che i due si stavano dicendo, non che ce ne fosse poi il bisogno. Coloro che avevano ricevuto un addestramento militare conoscevano perfettamente quali fossero le procedure per entrare o uscire da Eden, i documenti da firmare e le relative motivazioni che li spingevano ad attraversare la barriera. Era uno dei primi argomenti che venivano studiati in accademia, sia in quelle speciali che in quelle classiche.
Francis non ci mise molto. Si congedò con i suoi superiori, poi rientrò nel mezzo corazzato e, tramite una leva collocata su una plancia laterale, avviò il motore. Mentre attendeva che la barriera di fronte al check-in si aprisse, si voltò verso la principessa di Meridian e le porse i saluti da parte dei suoi superiori. Aggiunse che si scusavano, poiché avrebbero dovuto farlo loro invece di incaricare una terza persona. Vera comprese la situazione e disse al giovane soldato che non c'era alcun motivo di preoccuparsi; dopotutto loro avevano degli obblighi da rispettare e non potevano permettersi una distrazione, per quanto potessero essere brevi.
Un'esile linea nera aveva cominciato a dipingersi sulla superficie levigata della barriera: iniziava da terra e la percorreva tutta fino alla sua estremità superiore. Il suono di alcuni meccanismi raggiunse l'orecchio dei giovani soldati, e della principessa, poi, a seguire, la linea appena apparsa iniziò ad allargarsi sempre di più, fino a quando non si formò un varco. Ad attendere il gruppo di ragazzi oltre la barriera vi era una sterminata distesa di sabbia, meglio conosciuta con il nome di Ghol, la cui pericolosità era assai nota per via delle violente tempeste di sabbia e, soprattutto, perché considerato il territorio di quelle creature. Chiunque usciva all'esterno, lo sapeva più che bene.
Quando il varco fu sufficientemente ampio, i lati della barriera arrestarono la loro corsa, permettendo così ai bracci robotizzati di assemblare il ponte che avrebbe collegato il check-in di Portnova all'uscita. Una luce verde si accese sulla plancia del veicolo, Francis così tirò in avanti una leva e iniziò a far muovere il pesante veicolo corazzato. Oltre ad essere alta, la barriera che circondava e proteggeva la Secure zone era anche incredibilmente spessa, talmente tanto che il mezzo militare, per percorrere l'intero ponte, impiegò diversi secondi.

– Juliana, imposta il navigatore: destinazione Olvak.

– Agli ordini, sergente!
La ragazza seduta accanto a Francis inserì le informazioni sull'oloschermo della plancia di fronte a lei, poi schiacciò un paio di tasti e sorrise.
– Eseguito!


Sul parabrezza si materializzò all'improvviso una mappa, più precisamente quella del deserto del Ghol, con una freccetta rossa nel mezzo che stava ad indicare la posizione nella quale si trovavano. Si erano allontanati già un bel po' dal check-in. Successivamente, dalla punta della freccia partì una linea tratteggiata che la metteva in collegamento con un puntino nero con su scritto "Olvak". Il navigatore aveva appena trovato per loro il percorso migliore da seguire per raggiungere la meta.


Dopo circa un'oretta di viaggio, sulla linea dell'orizzonte, Juliana notò le prime strutture non naturali da quando avevano messo il naso fuori da Eden o, meglio, le ruote.
– Ci siamo.
Alcuni dei soldati seduti dietro si sporsero in avanti per osservare ciò che la loro superiore aveva puntato con il dito indice. Nessuno di loro aveva mai visto o era stato in una città caduta. Si trattava di un plotone di nuove leve ed era la loro prima esperienza al di fuori della barriera. Solo Francis e Juliana, i più esperti del piccolo plotone e con già alle spalle diversi anni di servizio, erano stati in quel deserto.
Man mano che si avvicinavano, le diverse sagome della periferia di Olvak si facevano sempre più distinte, fino a quando non divennero semplici da riconoscere ad occhio nudo. La città era più devastata di quanto avessero mai immaginato. Faceva paura vista da fuori, con gli scheletri degli edifici che si estendevano da est ad ovest a formare una sorta di cinta muraria. Dava l'idea di essere fatto apposta per celare il dolore che si nascondeva al suo interno.
– Come promesso, noi ci fermiamo qui – disse Francis, rivolgendosi alla ragazza dai capelli scarlatti.

Il Paradiso PerdutoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora