Arrivammo in ospedale e lo capii dal fatto che il mezzo si era fermato ed aveva spento le sirene. La guardia si alzò, l'infermiera sistemò lo zaino lì per terra con tutto l' occorrente e scese a parlare con il medico, cercai di guardarmi un po intorno ma lei non c'era.
" Dov'è la direttrice? " chiesi alla guardia.
" Non lo so arriverà a breve "
Durante il viaggio pensai al gesto che avevo compiuto, a quello che gli avevo detto e a come lei aveva reagito, mi era dispiaciuto molto, non volevo capisse quello che ha capito, volevo solo farle capire che nonostante tutto quella è la mia famiglia e mi fa male sapere che in realtà non c'è nessun futuro roseo per essa. Ma io devo tutta la mia vita a mio padre, non posso tradirlo così e rimanere in silenzio davanti alle sue dichiarazioni significava tradirlo per me. Assorta nei miei pensieri non mi resi conto che era arrivata e stava parlando con la guardia, sicuramente era qualcosa di divertente visto che era lì che se la rideva, senza degnarmi minimamente di un'attenzione e questa cosa mi stava molto infastidendo.
" Direttrice, direttrice - provai a chiamare senza però aver nessun riscontro. Così riprovai ma nulla, decisi allora di gridare più forte - agente ! Agente! " immediatamente lo vidi arrivare
" cosa succede ? "
" m fa mal " dissi scontrosa
" dobbiamo attendere qualche minuto e ci faranno entrare "
" famm parla ca direttrice" chiesi categorica.
Mosse la testa in segno di assenso ed andò a chiamarla, potei vedere i suoi occhi alzarsi al celo e poi avvicinarsi verso di me.
" Cosa c'è! " Chiese volgendo lo sguardo ovunque tranne che su di me
" Direttri mi fa male il ginocchio, può stare qui un attimo, vorrei un antidolorifico "
" Ti sembra io sia un infermiera ? Aspetta che ti chiamo lei e vedrà cosa farti " e senza nemmeno farmi ribadire si avvicinò alla ragazza che con molta gentilezza accorse subito in mio aiuto, mentre lei tornò a parlare con l'agente. Ci rimasi molto male, tra di noi si stava creando una bella sintonia distrutta in un nano secondo da un mio stupido atteggiamento, avrei potuto spiegargli quel pensiero con altre parole, altri modi, ma come sempre non ne faccio una giusta.
Entrammo finalmente dentro, non mi volle accompagnare seppur provai quasi a supplicarla, fu la guardi ad accompagnarmi, sempre ammanettata, sempre trattata come la peggio assassina di questo mondo. I raggi durarono qualche minuto, il medico mi disse che comunque potevo poggiare il piede per terra e camminarci senza fare sforzi, perché ad una prima vista la radiografia sembrava non mostrare niente di rotto.
" Posso scendere dalla barella e sedermi un po ? " chiesi sfinita all'agente
" Direttrice posso? " chiese
Lei mi guardò, poi guardò lui e disse " no non si può sono le regole "
" Potete almeno togliermi le manette vi prego, mi fanno male i polsi, direttrice " provai a supplicarla, avevo dolori ovunque e quella situazione mi stava snervando. Lei alzò semplicemnte la testa verso l'agente, fece segno negativo e ritornò a guardare il cellulare.
" Direttrice cazzo - gridai improvvisamente infastidita da quel l'atteggiamento - dove vuole che vada ? Siete in due io una sola, per favore ho sete, ho dolore alla schiena e mi fanno male i polsi, voglio solo sedermi e avere le mani libere - la vidi accigliarsi così decisi di calmare un attimo i toni - la prego direttrice, la prego cinque minuti le chiedo "
La vidi alzarsi venire verso di me, questa volta si avvicinò pericolosamente, la sua vicinanza mi rendeva sempre molto vulnerabile e questa cosa ancora non sapevo spiegarmela, " potevi pensarci prima se volevi essere una persona libera, guagliuncè " disse per poi ritornare sorridente al suo posto.
Avrei distrutto un ospedale, avrei voluto gridare e lanciare cose per aria, avrei voluto dirle che si stava comportando in modo infantile e che mi avrebbe dovuta ascoltare solo per un momento. Avrei voluto dirle che crescere con il mio cognome, in una famiglia come la mia non è semplice, non ti puoi permettere di scegliere determinate cose, devi starci o altrimenti la testa salta anche a te come è successo a mia madre. Le avrei voluto dire che è facile avere una vita da principessa alle spalle come lei, che è facile avere un papà protettivo e non uno che ti protegge con la pistola tra le mani, le avrei voluto dire che chi nasce in una famiglia come la mia a volte è costretto a prendere delle scelte, a fare delle cose e non è sempre così semplice reagire. Ma alla fine non le dissi niente, il mio monologo interiore restò tale, la guardai e con delusione mi distesi sulla barella, ero convinta che lei avesse visto oltre il mio nome e che a volte avesse imparato a giustificare i miei modi di essere e di fare, evidentemente non avevo capito proprio niente.
" Rosa Ricci ? - disse il medico uscendo dalla stanza - abbiamo il referto "
" Lo dia pure a me - disse prontamente alzandosi dalla sedia - grazie dottore "
" Stia tranquilla, è tutto apposto, Rosa cerca di stare a riposo per duo o tre giorni, al bisogno ti ho prescritto un antidolorifico, non caricare sul ginocchio e per il resto è tutto apposto l'escoriazione andrà via presto "
" Grazie " rispondemmo all'unisono.
" Direttrice - chiese l'agente - riteniamo con l'ambulanza? Perché i ragazzi vogliono saperlo" la vidi pensarci un attimo, poi mi guardò e rispose " no toglile le manette, ritorna con me in pattuglia "
" Direttrice ma " lo stoppò all'istante
" Stai tranquillo Davide, ci penso io, torna con me " e girata di spalle si avviò verso l'uscita e io fui costretta ad inseguirla aumentando il passo e raggiungendola dopo qualche secondo all'auto. Presi posto dietro, come eravamo abituati, ma la vidi guardarmi dallo specchietto retrovisore " Sali avanti se vuoi " disse categorica, senza mostrare la minima emozione. Quella richiesta mi parve strana, non avremmo potuto, ma la colsi al volo e mi fiondai sul sediolino davanti.
" Non toccare nulla e soprattutto non dirlo a nessuno "
" Cosa fa !? - chiesi un po sarcastica - infrange le regole per me direttrice ? "
" Posso sbatterti dietro, ammanettarti e chiuderti il vetro oscurante, facciamo così Rosa Ricci ? " Rispose di rimando.
Restai in silenzio, avevo capito che non era di buon umore e non aveva voglia di scherzare così lascai perdere, mi poggiai vicino il finestrino e decisi di godermi il panorama, quanto mi manca camminare per Napoli, la mia amata città. Il traggitto fu più lungo del previsto, tralasciando il traffico della città, notai che non stavamo facendo la strada per tornare all'ipm, eravamo in tutt'altra zona, provai a guardarla, volevo chiedergli qualcosa ma il timore di una sua risposta arrogante e cattiva prevalse, la vidi così seria fredda e quasi spietata alla guida che ero spaventata. La macchina si fermò, mi guardai intorno non riconoscevo nulla di quella zona, ma capii ben presto che eravamo davanti ad un cimitero, cosa che mi sorprese e confuse abbastanza.
" Scendi " disse improvvisamente interrompendo quel lungo silenzio.
Ancora una volta fui confusa, non capivo se stava provando a mettermi alla prova o se davvero dovevo ubbidire, avevo mille pensieri nella testa, non sapevo se aspettare che mi ammanettasse oppure no, ero così confusa che non mi resi conto che era già dal lato mio della porta, tenendo quest'ultima aperta
" Ti ho detto scendi !" Ribadii e così non me lo feci ripetere due volte.
Chiuse la macchina sbattendo forte la porta, quel rumore mi fece sussultare, poi arrivò alle mie spalle mi superò e fece segno di seguirla. Continuavo a non capire cosa stessimo facendo, non mi dava risposte alle mie domande, non sembrava star facendo una cosa volentieri ero davvero ansiosa e disorientata in quel momento, continuavo solo a seguirla tra i viali di quell'immenso cimitero. Arrivammo dinanzi una cappella enorme, tutta bianca, piena di foto e fiori vivacissimi, capii subito che era una cappella di un giovane, ma avevo ancora mille domande finché non la vidi entrare chiudere la porta alle nostre spalle e sussurrare al mio orecchio " leggi quello che cazzo c'è scritto "
" Direttrice mi sta spaventando cosa ci facciamo qui ?" Chiesi con voce tremolante
" Leggi! " ribadì seria
Solo li mi fu tutto chiaro, quando davvero poggiai i miei occhi sulla lapide, persi un battito, sentii il mio cuore aprirsi in due " Elena Durante, morta per mano di clan cammorristici, attivista pacifica, portatrice d'amore nel mondo, ti ricorderemo per sempre e ti porteremo nei nostri cuori, la tua famiglia, tua sorella e i tuoi amici " sussurrai. Non sapevo cosa dire, ero veramente in difficoltà e avevo il cuore che mi batteva a mille, ma fu lei di nuovo ad interrompere il silenzio, sbattendo la sua mano contro quel marmo freddo e bianco della lapide, indicando la sua foto e finalmente guardandomi di nuovo negli occhi " la vedi questa cazzo di foto Rosa ? La vedi ? - annui - lei era mia sorella, aveva solo quindici anni, quando durante una manifestazione contro la camorra e il crimine organizzato fu sparata, il magistrato dirà che sono due colpi vaganti, non si hanno colpevoli eppure nelle tasche di quel magistrato sono entrati quattro milioni di euro il giorno dopo la strage di questi undici ragazzini, tra cui mia sorella Rosa, mia Sorella, una ragazzina come te - disse avvicinandosi e puntando il suo dito all'altezza del mio cuore - una ragazzina piena di sogni, di volontà, di entusiasmo e felicità. Una ragazzina convinta che il bene avrebbe vinto sul male, una ragazzina che prima di morire mi ha fatto promettere che io quel male l'avrei sconfitto, nonostante quel male me l'ha portata via troppo presto. E tu, tu che forse hai la possibilità di poterti salvare cosa scegli ? Scegli la famiglia perché è o sangue ro sangue tuo - un sorriso nervoso le comparve sul volto - ed io che ancora credo in quella promessa, invano, perché voi non cambierete mai e poi mai, meritate di marcirci in quelle galere, perche voi una seconda possibilità non la volete" le lacrime le scendevano consequenziali, senza sosta, aveva il volto affranto, distrutto, i suoi bellissimi occhi erano spenti, vuoti e persi, le mani le tremavano e la voce anche. D'altro canto io non stavo meglio, quella storia mi aveva spiazzata, il suo racconto mi aveva gelato il sangue e mi sentivo persa, ferita, devastata. Le lacrime iniziarono a rigare anche il mio di volto, volevo solo abbracciarla e dirle che il suo lavoro non era tempo sprecato e che forse davvero c'era una possibilità per tutti, ma non appena feci un passo verso di lei la vidi scappar via. Il suo gesto mi sorprese, io ero sola e lei era persa, adesso toccava a me aiutarla, Sofia aveva bisongo di me e aveva bisogno di capire che forse non era davvero tutto perso.
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Tu me appicciat 'o core
FanfictionDue famiglia i Ricci e i Di Salvo in continua guerra tra loro, una guerra inarrestabile. Un penitenziario minorile che prova a raddrizzare il tiro. Figli che pagano le conseguenze dei padri, delle madri. Figli di un educazione sbagliata, di un esem...