Capitolo 9: "Pasta al sugo"

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Jacopo's mind

Sono sempre stato un ragazzo deciso. Se una cosa mi andava di farla, la facevo senza problemi. Non mi ci soffermavo mai troppo sulle mie scelte. Molte volte mi definivano 'impulsivo', ma non era affatto così. Quello che facevo, lo facevo solamente per una buona causa.
La decisione di presentarmi davanti alla sua Università poteva sembrare una 'decisione impulsiva', ma non lo era. Conoscevo quella ragazza da neanche una settimana, ma volevo scoprila, volevo sapere di più di lei, dal suo carattere alle sue abitudini. Morivo dalla voglia di saperlo. La sua espressione mista tra lo spavento e la sorpresa mi faceva davvero tenerezza. Sembrava una ragazza così pura e matura, che non farebbe del male neanche ad una mosca, per paura di farsi male prima lei. In alcuni tratti notavo la somiglianza con il mio modo di essere.

Decisi di portarla a casa, dovevo per forza in realtà, ma non avevo intenzione di lasciarla sola per il resto della giornata.

<<Puoi mettere un po' di musica?>> mi chiese lei con educazione.
Io sorrisi, mi alzai un po' gli occhiali sul naso, e collegai il Bluetooth del mio iPhone alla macchina. Feci partire la prima playlist del mio Spotify, 'Catrame, feat. Tedua'. Era una delle mie canzoni preferite del disco. Io e Mario siamo da sempre una delle coppie più stimate nel Rap italiano.
Ad un certo punto sentii una voce femminile di sottofondo. Io però non avevo messo doppie femminili in questo pezzo.
Girai il volto e trovai Noemi che canticchiava la mia canzone. Sorrisi ancora di più. La conosceva, anche se non benissimo.

<<La conosci?>> chiesi io.

<<Sì, la prima volta che l'ascoltai fu prima di arrivare a Milano. Un mio amico me la fece ascoltare. Mi piace molto sai?>> rispose lei.

<<Mi fa piacere.>> continuai, <<Come si chiama questo tuo amico?>> non ero geloso, volevo confermare le mie teorie sulla persona che gli aveva fatto scoprire il mio pezzo.

Noemi's mind

Voleva sapere di Emanuele. Cosa gli dovevo raccontare? Che era una delle poche persone che mi sono state vicine per tutta la mia vita? Avevo tante cose da dirgli. Emanuele si poteva definire in infiniti modi.
Era ed è ancora un ragazzo disponile, determinato, intraprendente, generoso e altruista. Lui c'è sempre stato per me, in ogni momento, sia bello che brutto. Quando il mondo mi crollava addosso, e quando tutta la fatica regalava i suoi frutti.
Quando feci la maturità, lui era l'unico lì, ad aspettarmi sotto la mia scuola, con un mazzo di rose in mano, pronto ad abbracciarmi e chiedermi come fosse andato il mio esame.
Lì capì finalmente i valori e gli insegnamenti che mi dava ogni giorno.
In poche parole, Emanuele, non si poteva descrivere. Potevo trascorrere giorno e notte sveglia solamente per parlare di lui, ma mi limitai a dire soltanto il suo nome, anche se una parte di me era convinta che Jacopo già lo conoscesse.

<<Si chiama Emanuele. Siamo amici da molto tempo.>> dissi solamente questo. Se mi andava di parlarne, l'avrei fatto senza problemi.
Lui mi diede un'espressione di approvazione, e sorrise soddisfatto.
Chiedi perchè avesse fatto quella faccia.

<<Come posso non ricordarmi di Emanuele. Da quanto tempo non lo vedo, chissà che sta combinando quel tipo!>> lo guardai con una faccia storta dopo la sua frase. Conoscevamo lo stesso Emanuele?

<<Aspetta, lo conosci anche tu?>> chiesi io sorridendo.

<<Ovvio che sì. In realtà già sapevo che fosse tuo amico. Sono capitato sul tuo Instagram, e guardando qualche tua post, lo riconobbi subito.>>
Aveva 'stalkerato' il mio profilo e provai vergogna per un attimo. Le mie guancia diventarono dei crateri di un vulcano in eruzione.
Lui mi guardò con un sorriso beffardo sul volto, per poi prendere parola.

<<Hai da fare adesso che tornerai a casa?>> chiese lui, cambiando musica sul display.
Ci pensai e risposi.

<<In realtà no, però come tutti gli umani, sto morendo di fame.>> dissi, controllando l'orario sul mio iPhone. Era 1:26.
Lui mi guardò, poi distolse lo sguardo posizionandolo sulla strada, e poi mi guardò di nuovo.

<<Potresti venire a nel mio studio, ci potremmo preparare qualcosa da mangiare.>> propose lui.
Mi aveva invitato a casa sua e mi aveva proposto di pranzare insieme. Se è un sogno non svegliatemi vi prego.

<<Mhm, sì dai. Alla fame non si dice mai di no.>> scherzai io, e lui sfoggiò il suo sorriso migliore.

Il tragitto era giunto al termine. Jacopo parcheggiò e scese dalla macchina, ed io lo seguì.
Aprì la porta del condominio, facendomi entrare per prima, per poi salire le scale e raggiungere il secondo piano. Mi sentivo gli occhi addosso, ma feci finta di nulla, anche se le mie guance diventarono di un rosso più accesso, e non faceva per niente caldo. Noemi, mi raccomando, non cadere proprio davanti a lui.
Arrivati, mi ricordai la prima volta che venni nel suo appartamento, che in effetti non lo era. Disponeva di una piccola cucina ed una camera, con il minimo indispensabile, il resto apparteneva ad un vero e proprio Studio Musicale.
Posai il mio zaino, colmo di quaderni e di penne, per terra, ma Jacopo si affrettò a metterlo nella sua camera. Mentre lui si avviava dall'altra parte della casa, io presi il mio tempo per ammirare i suoi quadri. Nello specifico erano dei dischi, d'oro o di platino, appesi sul muro dell'entrata.
Li ammirai uno ad uno, ne erano pochi, ma il loro valore era immenso. Pensai a quanto lavoro ci fosse dietro a quei premi, quando ad un certo punto mi sentii un braccio avvolgermi le spalle. Sobbalzai e mi ritrovai il volto di Jacopo proprio davanti al mio. Le gambe mi stavano per cedere e mi staccai leggermente per allontanare il mio corpo al suo. Noemi che fai. Non che non volessi aver contatti con lui, ma ciò mi provocava vergogna o ansia, non avendo mai provato una cosa del genere.
Lui mi sorrise, rassicurandomi, e mi chiese se mi piacessero i dischi.

<<Si mi piacciono molto, sopratutto questo.>> dissi io, indicando quello del suo ultimo album.

<<Pensare che devo accelerare il lavoro per il prossimo mi mette solamente angoscia. Ma questa è la mia vita.>> disse lui, sospirando lentamente.

<<Sono sicura che spaccherai anche in questo.>> affermai la verità.
Lui sorrise e mi ringraziò.
La pancia cominciò a brontolare e ci spostammo in cucina. Jacopo cominciò ad aprire i mobili, cercando qualcosa da mangiare.
Prese in mano un pacco di pasta e del sugo, tenendoli davanti alla mia faccia. Lo guardai perplessa, non capendo il suo intento. Poi prese parole.

<<Ti devo dire la verità. Non cucino quasi mai. Quando ho fame o ordino o vado al ristorante.>> Adesso era tutto più chiaro. Non sapeva cucinare.
Ridacchiai per quella scena. Aveva una faccia molto divertente, era spaventato e preoccupato allo stesso tempo.

<<Dammi qua, faccio io.>> dissi prendendo i due ingredienti dalle mani del ragazzo, e sotto il suo sguardo attento, incominciai a cucinare. Nel mentre preparavo il nostro misero pranzo, parlammo di molte cose: mi chiese come fossero andate le mie lezioni; lo trovai molto curioso sulla mia età, sui miei primi concerti e i miei gusti musicali.

A piatto pronto, ci sedemmo a tavola e iniziammo a mangiare. Ci stavamo conoscendo, ed ero molto contenta. Avevo trovato qualcuno che era disposto ad ascoltare i miei mille discorsi, o forse anche le mie paranoie e i miei dubbi.
Il tempo passò così, tra le nostre risate.

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Ciao a tutti!
Come state? Io così così, il fine settimana mi distrugge ogni volta. Scusate ancora per il ritardo ma proprio non ho avuto tempo per finire questo capitolo. Fatemi sapere se vi è piaciuto con una stellina e proverò pubblicare il prossimo in orari decenti! 🩶

xoxo

Alibi - LazzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora