Amicizia e rivelazioni

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"Se avrai torto o ragione per me
Non sarà importante
Sappi che io sarò sempre
Dalla tua parte"
Alessandra Amoroso.

Micol, la mia ancora di salvezza quando il mondo mi costringe a chiudermi a riccio. Devo tutto a lei, mi ha resa migliore, ha tirato - e continua a farlo - fuori la parte migliore di me. Quella parte che, sinceramente, nemmeno io credevo di avere.
L'ho conosciuta per caso, Micol, in un ufficio (molto simile ad un porcile) dove abbiamo lavorato insieme per qualche mese, nonostante non avessimo nessun tipo di rapporto. Ogni tanto, quando usciva a fumare qualche sigaretta scambiavamo qualche parola ma finiva lì, lei aveva la sua vita, era sposata ma non aveva figli. È buffo, a lavoro non ci conoscevamo nemmeno adesso invece siamo diventate inseparabili, è diventata la mia ancora di salvezza.
La nostra amicizia è nata perché una mattina sono andata a casa sua - io che non vado mai da nessuna parte -- per evitare di incontrare una mia ex amica. Sinceramente, penso che non sia stato un caso passare da lei quel giorno, il destino o chi per lui ha deciso di spingermi ad andare da lei. Non pensavo di aprirmi così tanto con lei ma, quel giorno, avevo bisogno di buttar fuori tutto lo schifo che avevo passato in quei giorni. In poche parole, il mio ex, Marco, mi aveva tradita - in tutti i sensi - con la mia collega. Collega che, ovviamente, Micol conosceva bene. Sono stata circa venti minuti a raccontare tutto a Micol, tutto quello che avevo scoperto e dovuto sopportare da parte di quei due imbecilli. Il bel viso di Micol ha cambiato colore senza dire molto, penso stesse cercando le parole adatte. Da quel giorno, dopo aver raccontato quella brutta storia, la nostra amicizia è stata tutta una salita fino a quando siamo diventate una famiglia. A volte penso che, se quel giorno non fossi passata a casa sua, oggi non saremmo qui. Lei non credeva più nell'amicizia, ha avuto esperienze terribili quindi non pensava di potersi fidare, di nuovo, di qualcuno che non fosse il marito. Devo tutto a lei, è riuscita a spezzare la corazza che mi ero creata per tenere fuori il mondo da me. Sicuramente Micol è la luce di cui tutti abbiamo bisogno nella vita, un pilastro importante che ti fa tenere i piedi ben saldi a terra. È una di quelle persone che quando ti prendono a cuore, ti danno il mondo, infatti quando si tratta di me fa a pugni persino con il destino stesso pur di rendermi felice e farmi stare davvero bene.
Micol è la prima e unica persona alla quale ho raccontato veramente tutto. Nessuno, nemmeno Leonardo è a conoscenza di tutto quello che ho passato, pensavo di non sentire mai il bisogno di aprirmi con qualcuno su quella storia. La storia che mi ha fatto crescere dentro una bolla fatta di diversità, insulti, odio per me stessa. Sì, proprio così. Mi sono odiata così tanto, per tanti anni, che ho persino perso la voglia di gustarmi la vita, ho perso la voglia di vivere, ecco. Sono rimasta in piedi solo grazie alla musica, l'unica arma capace di farmi stare bene. Non ne ho parlato subito con lei, forse perché non ne sentivo il bisogno o, forse, perché ripensare a certe cose mi fa piangere come una bambina.
Penso che il nostro rapporto sia così bello perché è nato da sé, a poco a poco ci siamo rese conto di avere più di una cosa in comune.
<<Sai cosa mi sarebbe piaciuto?>>
<<Cosa?>>
<<Aprire un asilo oppure una libreria!>>
<<Stai scherzando?>>
<<No, perché dovrei?>>
<<È esattamente il mio sogno! A parte il piano!>>
<<Anche tu leggi?>>
<<Sì, Micol, io amo leggere.>>
<<Oddio ma è bellissimo, trovare al giorno d'oggi una ragazza giovane come te che legge è quasi impossibile!>>
<<In effetti sì, me lo dicono in tanti. Cosa ti piace leggere?>>
<<Thriller! Li amo!!>>
<<Brrrrr... mai mai mai.>>
<<Ahahah ti fanno paura?>>
<<Da morire! Non potrei mai leggerne uno. Adoro i romanzi rosa.>>
<<Io li odio!>>
<<Ma davvero? Nah, vedrai come ti piaceranno i miei libri!>>
Volete sapere com'è finita? Io mi sono follemente innamorata dei thriller e, Micol, ha iniziato a leggere i tanti odiati romanzi rosa. Ormai ci scambiamo qualsiasi tipo di libro, tenendolo sempre con cura e commentandolo insieme una volta finito. Mi piace molto questa nostra passione in comune, come se avessimo un nostro mondo che nessuno conosce o comunque che non si capisce a pieno dal mondo esterno.
Micol mi è stata vicina quando eravamo ancora "sconosciute" e io stavo molto male per il mio ex, per la maggior parte delle volte io parlavo e lei ascoltava senza dire molto, sapeva che in quel momento il mio bisogno principale fosse quello di sfogarmi. Quando poi, iniziava a parlare sapeva sempre dire la cosa giusta al momento giusto e riusciva a farmi capire di non restare bloccata nel ricordo, piuttosto andare oltre e vivere. Grazie a lei, nella mia vita sono cambiate molte cose, è riuscita ad aprirmi gli occhi e farmi capire come ci si sente ad essere fieri di sé. Non sono ancora al livello avanzato, ci sono volte in cui mi nascondo ancora sotto i vestiti, dietro le mie ombre, nel modo di vivere. Però, sono sulla buona strada per far sì che vada sempre meglio. Se amo Napoli così tanto è solo grazie a lei, è casa sua. Il mio luogo preferito è casa sua, penso non potesse farmi regalo più bello. Ci siamo scambiate un "pezzo di cuore" che ci legherà sempre, indipendentemente dal tempo e dal luogo.
Nonostante tutto, però, non ne avevo parlato nemmeno con Micol, sapevo che lei non mi avrebbe giudicata ma non era facile dire certe cose, come non lo è tutt'ora.
Un pomeriggio Micol, mi chiese una cosa che non mi aspettavo minimamente. L'anno precedente, era partita per Napoli, per una settimana perché doveva fare una visita.
<<Margot, stavo proprio pensando una cosa.>>
<<Sì? Cosa?>> Rispondo con entusiasmo.
<<Perché non vieni a Napoli con me, a novembre?>>
La fisso senza rispondere, nella mia testa prendono forma molti pensieri di cui lei non conosce l'esistenza. Non so cosa dire, sto cercando una scusa buona per non rifiutare direttamente senza sembrare scortese.
<<Margot? Terra chiama Margot!>>
Sorrido. <<Non vorrei essere invadente, a casa dei tuoi. Non conosco neppure tuo padre, l'ho visto solo una volta...>>
<<Ma va, i miei sono sempre felici quando io e mio fratello portiamo qualcuno a casa. Addirittura, lui, ha portato gente da ogni parte del mondo.>>
<<Non so, dovrei dirlo ai miei. Sono un po' particolari, loro.>> Sento il terreno sotto ai miei piedi muoversi, per l'ansia di averlo detto davvero.
<<In fondo saresti a casa mia, mi prenderei io cura di te. Vuoi fare partire una donna sola, incinta?>>
Sorrido intensamente e mi perdo nei miei pensieri. Lei e Michalis, qualche settimana prima avevano scoperto di aspettare un bimbo...o una bimba? Non lo sapevano ancora. Sapete chi fu la prima persona a saperlo? Io. Micol mi chiamò felicissima, con la voce tremante, piena di orgoglio.
<<Pronto?>>
<<Eeehhhh!>>
<<Quello che ho capito?>>
<<Sì. Diventerai zia.>>
La sento sorridere, mi vengono le lacrime agli occhi, per sua figlia sarò la zia. Non sarò la "migliore amica" della mamma. Sua zia. Come se fosse, realmente, mia nipote. In fondo ho sempre pensato che i legami familiari vanno ben oltre il sangue.
<<Sono felicissima, auguri ad entrambi.>>
Il colpo di tosse di Micol mi riporta alla realtà, la guardo, sorrido e aggiungo <<vedrò di fare il possibile.>>
Mille pensieri mi riempiono la testa, non credo assolutamente che i miei possano dire sì ma ho quasi promesso a Micol che avrei fatto il possibile. Io che non credo alle promesse, ne ho quasi fatta una. Non ho mai preso l'aereo, mi piacerebbe prenderlo e vorrei respirare un po' di sana libertà. Penso di meritarmelo anche io, sinceramente, dopo tutto quello che ho passato.
Inizio a pensare a quasi tremila modi per dirlo a mia madre e combatto col mio demone interiore che mi dice "tanto dirà di no". Perché, dovete sapere, che io e la sfiga camminiamo sempre di pari passo.
La prima settimana cercai di essere tutta amorevole e serena, nonostante io e mia madre avevamo discusso molto perché c'erano state parecchie incomprensioni. Non sono cessa, solo che a volte ho dei modi di fare che mia madre odia, a volte non ho proprio tatto e parto in quinta. Infatti, una volta, un mio prof mi disse "impara a contare fino a dieci, prima di parlare". Lo so, lo so, ha ragione, ma io sono fatta così quindi quando qualcosa non va lo dico senza pensarci due volte. Insomma, alla fine è stata proprio Micol e dire a mia madre che mi aveva invitata a casa sua, a Napoli. Devo dire che i miei ci hanno messo un po' a decidere, forse troppo, ma stranamente alla fine hanno detto di sì. Sorridevo spesso, perché mi rendevo conto che la vita mi stava mettendo davanti una nuova cosa, un'avventura che non avrei di certo dimenticato mai. Micol era molto felice, anche perché ero la sua prima amica siciliana che portava a casa. Detto così sembra che fosse sola come un cane ma dopo la storia dell'ex amica che non andò al matrimonio non si fidava più. Anche i suoi erano felici del rapporto che aveva con me, perché sapevano che la figlia non avesse solo i parenti del marito. Parlando proprio del marito, il caro e simpatico Michalis, vi ho detto come l'ho conosciuto? Credo di no. Posso dirvi che ho fatto una grandissima figura di merda, la prima volta.
Ero spesso da Micol ma non avevo ancora conosciuto il marito e sinceramente mi andava bene perché mi vergognavo troppo. Per carità, sapevo fosse una brava persona ma non ci avevo mai parlato, quindi non avevo particolare interesse nel conoscerlo subito.
<<Si sta facendo tardi, quindi vado cara.>> Sorrido.
<<Mio marito non ti mangia mica, eh. Se volessi rimanere un altro po' per farmi compagnia mi farebbe piacere.>>
<<No no, non sia mai che lo becco. Mi vergogno da morire, sai come sono.>>
<<Beh prima o poi dovrai conoscerlo...>> Ride.
La guardo con aria interrogativa.
<<Direi più prima che poi.>> Ride di cuore.
<<Ma cos... non dirmi che è arrivato.>>
<<Sì, ho sentito la macchina.>>
<<Posso buttarmi giù dal balcone?>>
Ride. <<Vuoi che scendo giù con te?>>
<<Già farò una figura di merda da sola, se tuo marito vedesse che mi accompagni giù penserebbe che sia mongola.>>
<<Come preferisci.>> Ride.
Saluto Micol e inizio a sperare che al marito arrivi una chiamata, arrivi un messaggio, un colpo di tosse...qualsiasi cosa pur che perda tempo. Sulle scale volo, sperando che facendo in fretta non ci scontrassimo. Apro il portone e lui sta per mettere la chiave. Bene, voglio morire.
<<Oh, salve. Piacere, Margot.>>
<<Ciao, piacere mio, Michalis.>> Sorride ma capisco che è imbarazzato quanto me.
Sorrido e vado via con una luce a led, sulla testa, con su scritto "figura di merda eseguita correttamente". Quell'uomo avrà pensato che sia scema, sicuramente. Per fortuna ho tenuto la bocca chiusa, avrei potuto dire la qualsiasi tipo "lascio aperto?" e, a quel punto, avrebbe chiamato neurologia.
<<Ho fatto una figura di merda colossale con tuo marito, bel modo di presentarsi.>>
<<In realtà mio marito pensava ti avessi buttato fuori, talmente eri nervosa ahah>>
<<Ah, doppia figura di merda.>>
<<Ma no, figurati, anche lui era imbarazzato. Alla fine è stato facile, no?>>
<<Ceeerto, come no.>>
Rido, ripensando al marito di Micol. È davvero un bell'uomo, alto, di corporatura giusta, indossa gli occhiali. Aveva una tuta blu e una felpa grigia, penso proprio che, quell'uomo, pure per il lavoro abbini i vestiti. Mi ha dato l'impressione di essere elegante anche lui. Non potrebbe essere altrimenti, vista l'eleganza della moglie. Insieme formano davvero una bellissima coppia, mi piacciono. Sarebbero una di quelle coppie che, vedendole per strada, mi farebbero sorridere.
Le volte successive che mi trovassi a casa di Micol, quando arrivava il marito lui scappava da un lato e io dall'altro. Rido, ripensando a come siano cambiate le cose. Adesso siamo amici, pensate che quando ci salutiamo da lontano ci mandiamo pure i baci. Voglio sottolineare che io sia l'unica donna, oltre la moglie, a cui è permesso mandare baci. Micol lo ucciderebbe se lo facesse con qualcun'altra. Posso dirvi che insieme siamo un bel trio, ci divertiamo davvero molto. Prima che Micol si trasferisse, lavoravamo ancora a casa sua e quando arrivava mi informava anche su cosa andasse a fare al bagno. Insomma, alla fine ho scoperto che fosse una bellissima persona, molto alla mano e, soprattutto, divertente come pochi. Ultimamente quando mi vede, mi dice sempre una cosa che mi fa morire dal ridere, ride anche lui, pensate un po'. Non posso dirvela, un po' volgare ma divertente.
Il giorno della partenza, mi sentivo strana non so dirvi esattamente come. Ero un mix di emozioni: ansia, gioia, paura, serenità. Soprattutto ero molto curiosa di respirare quell'aria che, per tanto tempo, mi era mancata e continua a mancarmi. Sapete quale? La libertà.
Michalis, prima di partire ci portò al bar e ci, obbligò a mangiare qualcosa. Non avevo fame, mi stavo pure cagando sotto per l'aereo, ma ho deciso di accettare lo stesso per non risultare scortese. In fondo lo faceva con gentilezza. In aeroporto non dimenticherò mai le lacrime di Micol quando si salutarono, mi fece una tenerezza unica, era chiaro quanto si amassero. Era buffo, lei si stava allontanando dal marito piangendo e io mi stavo allontanando dalla mia vita con una felicità mai provata prima. In quel momento lei stava soffrendo per il distacco, io stavo, seppur per poco, scappando dalla realtà della quale sono prigioniera. Ovviamente non avevo detto questo a Micol ma, in fondo, sapevo che avesse capito molto.
<<Non avere quell'espressione, non ti sto portando al patibolo.>>
Rido nervosamente. <<No, mi sto solo cagando sotto.>>
<<Vedrai che sarà una sensazione bellissima.>> Sorride dolcemente.
Guardo un signore e mi rendo conto che mi abbia sentita, mi sorride anche lui dolcemente e ricambio il sorriso. Non capita mai che ricambio un sorriso ma quel signore mi aveva ispirato fiducia. Figuratevi che ho ancora il suo volto impresso in mente e al ritorno da Napoli lo rividi, sorridendogli. Anche lui mi aveva riconosciuta, infatti ricambiò il sorriso.
Passati i controlli, prendiamo posto sull'aereo. Micol mi fa sedere accanto al finestrino in modo tale che mi regalassi quell'incanto di vista. A lei è andata peggio, aveva accanto un signore di circa 250kg. Mi veniva da ridere ma non potevo, mi avrebbe sentita.
<<Vuoi la mano?>>.
La guardo e mi accorgo che mi sta porgendo la mano, sorridendo.
<<No, Micol, grazie. Stranamente sono serena.>>
Pochi minuti dopo, il comandante parla e ci avvisa che siamo pronti al decollo.
Sorrido, mi sento libera. In volo guardo la Sicilia diventare sempre più piccola e poi mi perdo tra le nuvole. Cerco di fotografare tutto con gli occhi, per ricordare quelle sensazioni anche dopo.
<<Allora, com'è?>> mi sorride complice.
<<Sublime. Grazie.>>
Sorride, si rende conto che quel grazie racchiude più di una parola.
Appena metto piede a Napoli, piove, vorrei urlare dalla gioia e ringraziare questa città per avermi dato l'opportunità di respirare. Non posso farlo, altrimenti mi prenderebbero per pazza e Micol si chiederebbe se mentalmente io sia sana.
Micol mi dice di fare alcune foto accanto all'aereo, amo molto le foto ma non amo fotografarmi visto che vengo sempre male. Accetto, stranamente, e scattiamo un paio di foto. Mentre scrivo, guardo quella foto, appesa in camera mia, e rido perché quando abbiamo scattato la foto non ci siamo accorte che avessimo preso pure un altro signore.
Prima di entrare in aeroporto guardiamo le foto e dico a Micol <<guarda, sembra Giuseppe Verdi.>>
<<Oddio, ma è proprio lui. Cioè non lui, visto che è morto ma sembra il sosia.>>
Ci guardiamo e non smettiamo di ridere, mentre lei mi fa conoscere l'aeroporto nel quale è stata migliaia di volte.
Sorrido, guardo tutto con una concezione diversa, con una leggerezza che non ho mai, nemmeno adesso mentre scrivo.
Guardo ogni persona che incontro e mi immagino i motivi dei loro viaggi, vorrei sapere se ci fosse qualcuno che scappa, da qualcosa, come me. Mi sento libera, sto respirando aria, sono lontana dalla mia vita e dalla routine che odio. Vorrei piangere, vorrei dire a Micol che, la sua città, sarà sempre impressa nel mio cuore perché è stata la prima dove ho respirato la libertà. Soprattutto vorrei dirle grazie perché la mia libertà è stata possibile solo grazie a lei. Non smetterò mai di dirlo, Micol, è stata il dono più bello che la vita potesse farmi.
In aeroporto ci viene a prendere il padre, l'impressione che ho di lui è uguale alla prima volta. E' un uomo molto acculturato, gentile, alla mano.. Insomma gente con cui io mi trovo bene. In macchina mi spiega, come se fosse una guida turistica, tutto ciò che vedo e mi racconta pure qualche storia. Sorrido, quell'uomo ha attirato la mia attenzione in una maniera impressionante, lo ascolto con trasporto. Dopo, scambia qualche parola con la figlia e capisco poco e niente, decido di godermi quella vista sognando ad occhi aperti. Ero lontana da casa, certo sarei dovuta tornare, ma avevo realizzato un sogno, avevo lasciato tutto ed ero andata via. Guardo fuori dal finestrino e le voci di Micol e del padre sono sempre più lontane, mi perdo fra i miei pensieri, tenendo in mano la scatola con i dolci che il padre ci aveva portato.
Sorrido, ricordo a me stessa di aver davanti la settimana che mi cambierà la vita, la settimana che mi farà crescere ma soprattutto la settimana che inciderò nel cuore come un tatuaggio sulla pelle. Non ci credo ancora, mi sembra di vivere un sogno, alzo gli occhi al cielo e mi vengono quasi le lacrime perché mi rendo conto che lo guardo spesso ma non ho mai visto la sua vera bellezza. Continuo a sorridere, durante le mie giornate in Sicilia sono così presa dall'idea di quei problemi che, probabilmente, non mi godo nulla a pieno. Sembra maturo dirlo ma potrei stare qui a vita, mi piace proprio quello che sto vedendo. Soprattutto rimarrò sempre legata a questo posto, è stato il mio primo posto da persona libera. Quel viaggio, è stato il più importante della mia vita. Mi ha aperto gli occhi sulla vita che voglio e su come posso vivere lontano dalla Sicilia. Potrei persino non tornare più a casa ma poi metterei nei guai Micol. Molti parlano di Napoli negativamente, per carità avrà i suoi lati "brutti" ma io ne parlerò solo positivamente. Mi ha dato qualcosa che nessuno, oltre Micol, può capire. La voce del padre di Micol, mi riporta alla realtà.
<<Margot, guarda, questa è la spiaggia nera. Non è un incanto?>>
<<E' bellissima, mi piace da morire e trovo che sia particolare.>> Guardo il mare, è proprio come Micol me l'aveva descritto, incantevole. Non stacco gli occhi da quell'acqua limpida che mi trasmette libertà. Sorrido, qui tutto mi trasmette libertà e ho la sensazione che non sia un caso. Penso che, in un'altra città, non avrei provato le stesse cose. Non è un caso che si dica "vedi Napoli e poi muori".
Quando arriviamo a casa di Micol, stranamente, mi sento subito come se fossi a casa mia. La madre mi saluta calorosamente e mi dice di essere contenta di avermi in casa sua e nella sua città. Vorrei dirle che in meno di un'ora la sua città mi ha dato molto di più di quanto abbia fatto la mia. Preferisco sorridere e dire che è un piacere, per me, essere loro ospite.
Quella notte ho dormito divinamente ma prima di addormentarmi fissavo il tetto e pensavo alle sensazioni che avevo provato.
Non potevo crederci, non riuscivo a pensare che fossi lontana. Forse vi sembro ripetitiva ma quando fate qualcosa che avete aspettato da tutta la vita è così.
Sorrido, guardo le foto di Micol e del fratello e penso che si somigliano davvero molto, sembrano gemelli. Ripenso per un attimo a come mi sono sentita nei mesi precedenti e mi dico di essere cresciuta parecchio, sono stata capace di superare tutto quello e adesso mi trovo in una città che mi ha aperto le braccia come una madre. Una lacrima riga il mio volto ma non sono triste, sono felice perché per una volta sembro essere una persona normale. Una persona che può muoversi senza timori....
Micol si lamenta, mi spingo su e la fisso. Non vorrei che stesse male, visto che prima avevamo riso molto quando aveva preso la pillola, non per via orale. Mi rendo conto che sta facendo il nome del marito, sorrido, continuo a guardarla e si calma poco dopo. La fisso ancora per un po' e mi rendo conto che sente molto la sua mancanza, su questo siamo completamente ai poli opposti. Lei sente la mancanza della sua vita, io no. Io sono felice adesso, in questa casa non mia e in una città che nemmeno conosco ma che mi fa respirare e non mi tratta in modo diverso. Ripenso per un attimo a Diego, se fossimo stati in buoni rapporti potevamo incontrarci. Sorrido, evidentemente era giusto così. Dopo qualche ora mi addormento, sorridendo serena.
La mattina successiva mi sveglio, insieme a Micol, con il rumore della pioggia. La guardo e inizio a ridere. Mi fissa interrogativa, non mi ha mai vista così e, soprattutto, non capisce perché rido.
<<Buongiorno, con questa bella pioggia napoletana.>> Rido.
<<Buongiorno a te, ma hai bevuto?>>
<<No, certo che no. A meno che tu mi abbia dato qualcosa...>> continuo a ridere.
<<Ehm, no, non mi pare.>> Ride anche lei, adesso.
<<Perché ridi?>>
Mi guarda perplessa. <<Ridi da un'ora e chiedi a me, perché rido?>> Il suo tono non è cattivo, è divertita.
Rido. <<Stavo pensando che non avevo mai visto la pioggia.>>
<<Secondo me stai male, sul serio. Smettila di farmi ridere, mia madre penserà che sia scema.>>
Sorrido, la guardo e le dico <<Grazie, davvero.>>
<<Alziamoci, dai. Prima che inizi a ridere di nuovo e mi fai fare la pipì addosso.>>
<<Ma quanta pipì fai?>> Rido.
<<Colpa di tua nipote>> esce dalla stanza e si dirige in bagno.
Smetto di ridere, inizio a sorridere. "Mia nipote", suona molto bene e mi piace pensare che, un giorno, mi chiami zia Margot. O chissà come, visto che non riuscirà a dirlo. Micol esce dal bagno e mi dice di aspettarmi in cucina. Dopo essere passata dal bagno la raggiungo, sua madre non c'è.
<<Tua madre?>>
<<È al lavoro, cosa ti preparo?>>
<<Nulla, grazie.>>
<<Margot!>> mi guarda con aria minacciosa.
<<Ok, ok, una tazza di latte.>> Rido.
<<E basta?>>
<<Sapevo che l'avresti detto. Sì, mi va bene solo il latte.>>
Mentre lei prepara il latte, guardo fuori dalla finestra e penso che questa Margot mi piace particolarmente. La amo. Non sono la stessa di sempre, sono la vera Margot. Quella che voglio sempre nascondere, quella che non mostro a nessuno. Micol non lo sa ancora ma mi sto letteralmente spogliando, mi sto mostrando per quello che sono. Glielo devo, mi ha salvata dalla storia con Marco e mi ha salvata dalla vita stessa. Solo grazie a lei posso davvero sapere cosa sia la libertà.
<<Ma Napoli ti fa incantare ogni minuto?>>
Mi riporta alla realtà e la guardo intensamente, sorridendo.
<<Sì. Assolutamente sì. Amo la tua città.>>
Sorride e mi rendo conto di quanto ne sia orgogliosa.
<<Allora, dove ti porto stamattina?>>
<<Con questo tempo, dove vuoi portarmi?>>
Ride. <<In effetti.. Beh, il tuo primo giorno a Napoli te lo faccio passare chiusa in casa?>>
<<Non vedo dove sia il problema, non è di certo colpa tua.>>
Mi fissa per qualche secondo di troppo, nel frattempo bevo il latte e aspetto che dica qualcosa.
<<Come fai ad adeguarti ad ogni situazione, così velocemente?>> Chiede con tono dolce.
<<Non lo so, mi viene naturale.>> Mi rabbuio.
Micol si rende conto che qualcosa nel mio sguardo è cambiato ma non dice nulla. Prende la tazza senza che me ne accorga, sono persa nei miei pensieri per l'ennesima volta. Mi adeguo ad ogni situazione perché.... non lo so nemmeno io perché, in fondo. Ma qualcosa in quella domanda mi ha fatto capire che i miei demoni sono sempre lì, posso metterli da parte ma sono sempre lì pronti a colpirmi. Volente o nolente fanno parte di me.
<<Ok, non mi dici quello che hai passato e lo capisco. Non ti voglio costringere a parlare però devo dirti due cose.>>
La voce di Micol mi arriva come un martello pneumatico, la guardo in attesa che parli.
<<Allora, affinché ti incanti perché sei felice mi sta bene, anzi, sono felicissima. Però, se vedo ancora quegli occhi sognanti, pieni di tristezza ti prendo a cazzotti.>>
Sorrido, quella ragazza mi stupisce ogni giorno di più.
<<La seconda?>>
<<Lasciali andare, per questa settimana lasciali andare e lasciati andare come hai fatto fino ad ora.>>
<<Chi?>> So già la risposta.
<<I demoni che ti porti dentro.>>
La guardo, perdendomi nel suo sguardo. Non riesco a rispondere, le parlo con gli occhi e lei mi fa cenno di sì con la testa.
Come se quella discussione non ci fosse nemmeno stata, Micol mi mostra il resto della casa e sorrido nel vedere i tantissimi libri suoi e del fratello. Mi piace la casa di sua madre, è molto carina ed accogliente.
<<Dobbiamo trovarci qualcosa da fare, almeno fino a quando questo tempo non decida di smettere.>> Sbuffa.
Sorrido, le chiedo gentilmente di sedersi sul letto. Mi guarda con quello sguardo dolce di chi ha già capito.
<<Micol, mi sento una cessa nel...>> vengo interrotta dalla suoneria del suo cellulare. Sta per rifiutare la chiamata quando la blocco e dico <<rispondi, c'è ancora tempo.>>
Vedo un filo di delusione nei suoi occhi, mi stavo aprendo ma qualcuno ci ha interrotte, la capisco.
Risponde al cellulare e capisco che si tratta della cognata, quell'arpia che mi odia senza motivo. Mentre lei parla al cellulare io prendo il mio e inizio a cazzeggiare su Instagram. Decido di postare le foto scattate del finestrino dell'aereo, sorrido nel rivederle e noto che Leo è il primo a commentare. "Bellissime le mie donne", da quando anche Micol è diventata sua? Rido e rispondo con dei cuoricini. Nel frattempo Micol ha finito la telefonata, credo aspetti che io dica qualcosa ma non so se mi sento, non so se sia questo il momento.
<<La bimba scalcia?>> Cambio argomento, nonostante sia una delle cose che più odio nella gente.
<<Sì, ogni tanto.>> Sorride e si tocca la pancia, sono sicura che sarà una mamma splendida. Alza gli occhi e mi sorride, capisco che voglia chiedermi qualcosa.
<<Dimmi>> dico alzandomi dal letto e andando a mettermi vicino la finestra. Sto guardando il cielo.
<<Qual è il tuo sogno, Margot?>>
<<Il mio sogno?>> Sorrido amaramente.
<<Sì, non so quale sia e mi piacerebbe saperlo...e non mi riferisco ad aprire una libreria o un asilo.>>
Mi volto e la guardo, capisco a cosa si riferisce, ho lo sguardo duro e lei sembra restarci male.
<<Non ce l'ho con te, io non ho sogni. Oltre quello che mi stai facendo vivere tu, adesso.>>
<<Io?>> E' incredula.
<Sì, tu.>> Sono ancora con quella corazza addosso. <<Tu mi stai regalando, seppur per poco, il mio sogno.>> Faccio una pausa, torno a guardare il cielo. <<La libertà.>> Aggiungo. Ho le lacrime agli occhi, mi brucia la gola e continuo a ripetermi di non piangere. La sento alzarsi e venirmi vicino, mi appoggia una mano sulla spalla.
<<Margot...>>
<<L'unica cosa che desidero è quella, Micol. La libertà che la Sicilia mi nega. Vedi? Do la colpa alla mia regione quando, in realtà, la colpa è solo mia.>>
<<Non è colpa tua, non devi colpevolizzarti per tutto.>>
<<Non lo sai, tu non sai... non sai che..>>
<<Non so che? Continua, Margot.>>
<<Siediti, per favore, se vuoi realmente sentire questa storia.>>
Si siede e la sento sorridere. Sto ancora guardando il cielo e non ho voglia di smettere.
<<Mi hanno sempre fatto pesare la mia diversità, mi hanno sempre fatto pesare il mio essere. Sono arrivati al punto che volevano: mi odio.>>
A quelle parole Micol sussulta e il suo viso diventa cupo ma non aggiunge altro, almeno per il momento.
<<Napoli mi ha accolta benissimo, sono stata bene e ci vivrei a vita qui. Questo è il posto dove sto toccando con le mie mani la libertà ma basta una piccola cosa per far sì che io mi senta come sempre. Non so nemmeno cosa ci veda tu in me, proprio non lo so. Ti rendi conto di come sono? Micol, ci sono cose che non sai. Prima non ero così e no, non c'entra Marco, bensì un cretino che mi ha rovinata. E' come se il suo fantasma sia sempre dietro l'angolo.>>
Nel frattempo piango e capisco che Napoli, in un solo giorno mi ha fatto capire molte cose.
<<Margot, tu non sei nulla di tutto ciò che ti hanno detto o fatto. Questo è uno dei motivi per il quale vuoi sempre passare inosservata?>>
<<Sì.>> Sento il bisogno di guardarla e mi avvicino toccandole la pancia.
<<Forse tu sei l'unica che possa guardarmi senza giudicarmi, amore.>>
Micol sorride e aggiunge <<nemmeno io l'ho fatto.>>
<<Lo fanno tutti, ci sono abituata. Io sono diversa, Micol. Anche per i miei tratti vengo giudicata.>>
<<Margot, devi smetterla. La devi smettere.>>
La guardo con disappunto e dico <<e perché dovrei? Tanto so come funziona su questo mondo.>>
<<Non mi pare che tu lo sappia. Pensa quando hai messo piede qui, come ti sei sentita.>>
Sorrido e penso che se non le dico tutto non può capire. <<Micol, oltre i miei demoni di cui ti ho appena parlato, c'è un'altra cosa.>>
<<Lo so, l'avevo capito.>>
<<Io non posso essere normale, mi vedi che vita ho? Non posso fare nulla e non parlo di uscire il sabato sera, parlo del non poter vivere.>> Continuo, raccontando a Micol, la mia voglia di scappare da casa mia, la mia prigione più grande.
<<Come fai a vivere con questo macigno sul cuore?>>
<<Poi impari a conviverci con il dolore, figurati. Io voglio andarmene dalla Sicilia, adoro Napoli ma voglio proprio andare lontano.>>
Parliamo per più di tre ore e le vomito addosso tutto, proprio tutto.

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