Oggi tutti parlano di cultura hip hop, ma secondo me è un espressione sbagliata perchè l'hip hop non c'entra un cazzo con la cultura. È più che altro il tuo universo, il tuo immaginario, le cose che ti piacciono. Per me il rap va di vari passo col cuore, col mondo.
Non sono qui a farvi una lezione, ma per chi non lo sa l'hip hop si compone di quattro categorie: il rap, la breakdance, dj e beatbox. E a me piace tutta quella roba lì, sono uno di quelli che si impalla a guardare i video di breakdance su YouTube. Mi piacciono i graffiti: se vado a Parigi non mi metto a girare il centro, preferisco andare nelle periferie nelle banlieue dove tutto è grigio, urbano, violento. Parigi mi piace perchè è nera, multietnica, se prendi il Metrò è pieno di graffiti dappertutto: per qualcuno è romantica, lo sarà, non lo metto in dubbio, ma per me è quella dell'Odio.
L'avete visto, L'odio dico?
Immagino. Spero. No? Quello con Vincent Cassel che comincia con:《Questa è la storia di un uomo che cade da un palazzo di cinquanta piani. Mano a mano che, cadendo, passa da un piano all'altro, il tizio per farsi coraggio si ripete: "Fino a qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene. Il problema non è la caduta, ma l'atterraggio"》.
Quando cammino per le strade parigine ci sento di dj che si mette a fare scratch in un condominio immenso e non qualche sottofondo melodico per una scena d'amore. Con questo non voglio dire che essere hip hop sia più forte che non esserlo, ma semplicemente che uno lo è o non lo è.
Che poi l'essere hip hop non è nemmeno un discorso che c'entra solo con la musica. Il modo in cui Max Pezzali canta per me è hip hop, anche se magari non si direbbe: fa canzoni diverse dal rap, ma lo ascolta la periferia, lo ascolta la provincia. Lui è vero, è trasparente. È uno che canta la vita reale, cose semplici, con un linguaggio di strada.
È esattamente quello che cerco di fare io: le basi sono uno strumento che mi serve per arrivare alla gente e farmi capire bene. Essere hip hop riguarda molto più un approccio in termini di testi. Ad esempio, io non dico:《Aveva gli occhi castani e i capelli nel vento》perchè nessuno parla così di una tipa che gli piace. No, dico:《Quella stronza che lavorava al Tocqueville che mi volevo fare ma non ci stava》.
Un altro che mi piace, anche se non lo considero hip hop, è Jovanotti. Secondo me è uno che riesce a rimanere diretto pur essendo quasi mistico. Alza talmente tanto l'asticella che parla comunque al cuore della gente, senza bisogno di usare il linguaggio della strada. È una cosa complicata,io preferisco essere più grezzo, magari crescendo potrò arrivare anche io lì, ma il mio approccio artistico è da un altra parte.Non so neanch'io dire perchè mi piace, ma una frase come:
Abbiamo scoperto il fuoco e inventato i frigoriferi,
abbiamo imparato a nuotare poi a correre
e poi a stare immobiliMi piace un sacco. Le parole, una per una, possono sembrare indeterminate ma il risultato è diretto. Io ascolto le sue canzoni e mi immagino subito che sono per la moglie. Non so se poi sia così, ma l'effetto è quello, arriva.
Però, qui forse mi sono perso. Ok, faccio una pausa, apro il mio profilo facebook.
Ci sono un pò di nuovi commenti, ho postato qualche video di rapper che ho amato moltissimo da ragazzino, da Bassi Maestro a Lord Bean. Un tributo che avevo voglia di fare.
《Killa, non sei degno di pubblicare questi pezzi》scrive il solito anonimo. Qualcuno lo insulta, altri gli danno ragione, poi cominciano a insultarsi fra di loro. E mi sa che neanch'io me ne starò zitto.
Ecco. Questo è hip hop, prendere o lasciare.
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Bus323 - Viaggio di sola andata
AcakEmis Killa (pseudonimo di Emiliano Giambelli), nato nel 1989, ha cominciato a fare rap a quattordici anni. Dopo il suo primo album L'Erba Cattiva (2012) - disco di platino, in classifica per oltre un anno -, è diventato uno dei protagonisti della sc...