Aprile 2014: sai che sembri Emis Killa?

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Sono nel bel mezzo del tour e mi aspetta la tappa di Modena. Un pò accuso la stanchezza, un pò mi sento meno carico del solito, insomma non è che la serata si prospetti una delle migliori ma non ci penso troppo e faccio il concerto. Verso la fine sento all'improvviso un dolore lacinante alla trachea. Una roba pazzesca, un male boia. Mi faccio accompagnare in albergo e visto che al concerto erano venuti anche un paio di amici di Vimercate, decido di non fermarmi lì a dormire ma di tornare a casa con loro.
Durante il viaggio cerco di rilassarmi, fumo duecentocinquanta sigarette e, manco a dirlo, il dolore non passa. Anzi.
Il giorno dopo mi sveglio e mi sento strano: oltre al dolore alla gola, ora c'è un presentimento, non so come spiegarlo ma sento che sta per succedere qualcosa di brutto. Lo dico agli amici, però la risposta è la stessa da tutti:《Cazzo, Emi, mollaci, sei il solito paranoico!》. Fatto sta che quel pomeriggio a Milano tampono una macchina con la moto in corso Buenos Aires e soprattutto, appena torno a casa, mi sento malissimo. Da che avevo fame mi viene una nausea fortissima, mi sale la febbre, insomma sto di merda. Movimento un pò di persone, sento il medico e mi faccio portare delle medicine ma non miglioro.
Il terzo giorno sono veramente a pezzi: mi sveglio che non sto in piedi, imbottito di antibiotici, con una nausea e dolori pazzeschi. Basta, decido di andare all'ospedale. Qualcuno mi riconosce, sono tutti gentili con me e mi sembra di sentirmi subito meglio. Mohamed, che ogni volta che ho bisogno è la mia ombra, mi è accanto.
Mentre aspettiamo lì al punto soccorso, siccome sono su una specie di carrozzina, mi metto a fare il cretino con Moh, facendo tipo le foto con io che fingo di stare male, in attesa che arrivino i primi esiti degli esami. Poi lui esce un attimo dalla stanza per fare una telefonata, cinque minuti dopo rientra e nel frattempo io sono svenuto veramente, non so, si vede che, non avendo mangiato per due giorni, il prelievo è stato il colpo di grazia. Sono mezzo svenuto, ho gente intorno che mi soccorre e cerca di sollevarmi. Ipocondriaco come sono, mi metto a pensare: "Guarda te se devo morire in questo modo di merda". Mi fanno sdraiare sul lettino, un'infermiera mi sposta in una stanzetta vuota e aspetto.
Alla fine chiaramente non sono morto e due ore dopo mi dicono che non ho niente e che posso andare. Mentre aspetto di firmare le dimissioni, si avvicina un signore.
《Sai che sembri Emis Killa?》
《Sì, sono io.》
《Facciamo una foto assieme.》
《No, dai, non è il momento. Adesso no.》
《Dai, ti prego.》
《Guarda, davvero non è il caso.》
Lo ripeto un'altra volta.
Sono un pò rincoglionito ma quando lo vedo sollevare il cellulare per farmi una foto, gli prendo il braccio e gli dico che se ci prova glielo tiro in faccia. Seriamente. Lui lì per lì si spaventa, poi abbassa il telefono e mi chiede scusa. E per fortuna che Moh non ha visto...

Esco dall'ospedale e torno a casa, sono ancora parecchio stonato e mi metto su Facebook, così per passare il tempo. Infilo un pò di video vintage miei e poi di miei vari idoli di quando ho cominciato.
Posto queste cose perchè un pò mi sento nostalgico, ogni tanto mi fa piacere ripensare a quei pomeriggi passati con Aigor nella "fase dell'ascolto" quando tutto era nuovo. Mi piace tornare con la memoria a dove sono partito.
Ma non passano più di due minuti e cominciano a piovere i commenti degli hater. Quelli puri, quelli che tu non puoi perchè, solo io posso perchè...
《Emis, non nominare questa gente, chi cazzo sei tu.》
《Emis Killa fa pop, non c'entra un cazzo con Bassi Maestro》scrivono.
E cosi inizia un ping pong fra quelli che mi difendono e quelli che mi offendono.
Sono bloccato in casa per riprendermi e mi dico: "Ma non avete un cazzo da fare?".
E siccome questa cosa del "non sei hip hop, non c'entri niente con queste cose" mi fa davvero incazzare decido anche di andarci giù pesante e di rispondere per le rime:《A diciassette anni ho vinto tutto quello che c'era da vincere nel freestyle, ho fatto il mio disco indipendente, ho suonato nei peggio locali. A oggi comunque ho un contratto discografico importante, ho collaborato con tutti i migliori, ho due dischi di platino, ho fatto qualsiasi roba e voi volete venire a dire a me cos'è hip hop? Leccatevi i coglioni."
L'ho scritto e lo ripeto. Ragazzi, fatevi una vita. Non vi piace la mia musica, basta, dedicatevi ad altro, createvi un sito vostro in cui incontrate solo la gente che vi piace e dove ragionate a compartimenti stagni decidendo chi è degno e chi no. Perché uno deve scrivermi 《Tu non vali un cazzo》, finendo per contraddirvi nel momento stesso in cui hai perso dei minuti della sua vita per venire nel mio profilo e commentare contro di me? È come uno che va a una festa e passa la serata a dire che è una festa di merda. Ma il problema è lui che ci resta, magari agli altri piace. Il discorso comunque è più complesso. Il punto sta anche in tutta questa (apparente) vicinanza fra gli artisti o le persone famose in genere e la gente. Dieci anni fa nessuno avrebbe potuto scrivere a un cantante tutto quello che gli passava per la testa. Cosa facevi? Mandavi una lettera, no, c'era già l'email, bene, la inviavi alla casa discografica senza alcuna alcuna faccia nota dall'altra parte e senza alcuna speranza che qualcuno la leggesse. La guardava al massimo uno della comunicazione che, se ci trovava degli insulti, la cancellava, e la cosa finiva lì. Adesso invece vai su Google, Emis Killa, clic, basta un attimo. Posti una cosa tua su You Tube e speri che qualcuno cominci a parlarne.
《Killa, la tua musica mi fa cagare.》
《Sei una merda》 mi scrivono.
So che non mi rendo simpatico rivelandolo, ma io non credo a quelli che dicono di essere bravi e che è per colpa del sistema o del mercato o della sfiga che non ce l'hanno fatta. Io penso di essere uno dei più bravi della mia generazione e di essere emerso per questa ragione: penso che quelli che non sono arrivati al grande pubblico non siano meglio di me. A quelli che《mio cugino era più bravo》dico, ma dove sono? Ma chi sono? Mi fanno ridere quelli che dicono che hanno un cognato in campagna che è un genio, vorrebbe trovare i soldi ma non si può finanziare... o che 《il mio amico Mc Martello è il più forte di tutti, ti spacca il culo》. Fossero tanto bravi, sarebbero emersi, qualcuno li conoscerebbe.
Non sto dicendo che la bravura si misura con il successo perché magari uno fa un genere meno popolare e quindi vende poco: ma, se uno è bravo, almeno deve avere la stima o il rispetto dei suoi pari. Ci sono rapper che vendono poco perché col freestyle non si vende: siamo in Italia, ci vuole un po' di melodia, siamo troppo legati alla forma canzone. Però, per esempio tutti sanno che Ensi è un fenomeno. E tutti pensano che sia un grande. Capito quello che voglio dire?

Passano i giorni, sto meglio, la mia casa discografica conferma il concerto di Milano, comincio a scaldarmi. È la prima volta all'Alcatraz, so che non posso sbagliare, voglio che sia una bomba. Mi sento con gli ospiti che mi confermano che ci saranno. Sono in forma, ho voglia di spaccare tutto, aprono i miei fratelli della Blocco Recordz, e poi parto io.
《Emis Killa wow, Emis Killa wow.》
Il primo duetto lo faccio con J-Ax che arriva a metà di A cena dei tuoi, entra con il suo cantato e ribalta l'Alcatraz. Ci divertiamo, mi piace come canta, è simpatico, è una bestia da palcoscenico.
Via via arrivano anche altri:
Max Pezzali, Salmo, cazzeggio un po' con Francesco Facchinetti...
La cosa che mi fa più piacere è che ci sono artisti che ascoltavo quando ero un ragazzino, ci sono un sacco di cantanti venuti qua all'Alcatraz per il mio concerto. Sono saliti sul palco con me e stanno rendendo questa serata indimenticabile, una bomba.
Poi faccio uscire Balotelli ed El Shaarawy che sono li nel Backstage a vedere il concerto ma hanno paura quando li chiamo sul palco. Davvero, vedo che hanno paura. E osservarli mi conferma una cosa che ho sempre pensato: ognuno deve trovare la sua strada, il talento non è un concetto vago ma qualcosa che uno ha e che deve riuscire a indirizzare nel modo giusto.
Lo dico anche dopo che li saluto:《Il talento non si divide tra chi ce l'ha e chi non ce l'ha, ma tra chi l'ha scoperto e chi non ha ancora capito cosa vuole fare nella vita. Io sono la prova che la vita non devi prenderla come viene, te la fai come vuoi. Nessuno mi ha dato niente, non rassegnatevi se vi dicono che non siete bravi abbastanza, in molti vi bloccheranno la strada solo perché vogliono che non vi realizziate》.
È questo il punto. Balotelli gioca a Wembley davanti a ottantamila persone, ci sono tutte le tv del mondo e sono convinto che sia tranquillo. Perché quando scende in campo sa benissimo che è lì per quello che sa fare meglio. E non c'è bisogno di essere Balotelli anche il terzino più sfigato gioca in serie A, è perché ha capito quale sia la sua vocazione.
Se uno nella vita trova il proprio ruolo - e non necessariamente deve fare il calciatore o il cantante - si muoverà sempre a suo agio. Altrimenti, sarà sempre l'imbarazzato ospite sul palcoscenico.

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