Vimercate, Italy

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Qui ci vuole una premessa.
Io sono di Vimercate.
《Ah, sì, attaccato a Milano》è di solito quello che mi dicono tutti, sbagliano di grosso.
No, non è vero. Se uno vuole fare il pendolare del rap, per andare a Milano deve prendere un pullman, il 323, che passa in orari scomodi. Si arriva in una mezz'ora a Cologno Monzese, che fuori Milano forse qualcuno conosce perchè ci sono gli studi di Mediaset, e da lì con una decina di fermate sulla metropolitana verde e cinque sulla rossa si è in piazza Duomo. La città è, allo stesso tempo, vicina e lontanissima. O, meglio, tanto è vicina geograficamente quanto appare psicologicamente lontana a noi di provincia.
《Sì, ma anche Marra era in periferia, alla Barona...》
No, non c'entra un cazzo. Oggi proprio Marra mi sfotte:《Abiti dopo il casello》. Io sono di provincia, non di periferia. E per me trovare gente che ama la mia stessa musica è difficile. Dove sono, mi chiedo.

Un giorno, in quella che chiamo la fase dell'ascolto, intorno ai miei quindici anni, posso a trovare Aigor che lavora in uno di quei baracchini che vendono panini ai bordi delle strade. Chiacchieriamo, mi passa un panino e una birra, poi fra una battuta e l'altra mi dice che ha cominciato a fare rap.
《Cazzo, bomba》è tutto quello che riesco a rispondere.
In realtà, anch'io scrivo già dei testi, ma senza crederci assolutamente. Diciamo che magari un ragazzino scrive un diario o una cosa così per sfogarsi mentre io scrivo delle quartine, provo a mettere la mia vita in musica. Compongo brevi battute in rima nel chiuso della mia stanza, ma le vedo come qualcosa di astratto, e insomma non ci credo neanche io.

Un paio di settimane dopo quella chiacchierata con Aigor, succede di nuovo qualcosa. Mi arriva un cd con una gara di freestyle fra Ensi e Mondo Marcio, mi pare sia la finale di Tecniche Perfette del 2003.

Ensi:
Questa è una calamita per tutte le merde
io sopra il prato e tu sotto come un verme,
voglio vedere quando arrivi
questo è un prato e stasera faccio la trivella.

Marcio:
L'ho sempre saputo che di rime non ne hai tante
piccolo verne arriva Marcio e piscia diserbante.
Uomo non ce n'è sei fuori in un nanosecondo,
l'ultima persona che puoi fottere è mondo.

Ensi:
Ma ti pare rincoglionito
cosa puoi fare,
tu pisci diserbante e io concime naturale,
arrivo e cago sopra il tuo prato.

Cazzo, lo sento e non ci credo: ma questi si inventano sul momento delle cose del genere? Com'è possibile?
Basta, in quell'istante scopro la roba del freestyle e un secondo dopo mi dico che voglio farne parte.
Mi succede come quando sei bambino e vedi un tizio che fa duecento palleggi senza far cadere il pallone. Magari tu sei più piccolo e meno bravo ma ti viene il trip di farcela, vuoi arrivare anche tu a duecento. Perchè? Boh. Solo per il piacere di riuscirci. E come mi sento io e quindi inizio ad esercitarmi, in casa, immaginandomi un avversario. Di lì a poco, mi metto a farlo in macchina, quando sono in giro con gli amici più grandi rappando sui pezzi house che passano in radio.
All'improvviso penso per rime, me vengono in mente sempre di nuove, uno mi dice una parola e io cerco subito qualcosa da attaccarci. Per capirci, sono come quello che va matto per il calcio e a cui viene voglia di provare lo stesso tiro mille volte. Avete presente la scena, no? C'è il ragazzino da solo nel campetto che piazza il pallone, mira l'incrocio dei pali, tira, va a recuperare il pallone e poi ci riprova. Magari per interi pomeriggi, per settimane, mesi, anni, con la voglia di migliorarsi sempre di più e sempre pensando che riuscirà a diventare Messi.
È un pallone o una rima, ma tutta la vita alla fine funziona così. Ed è quello il sentimento che devi tenerti stretto e che magari ti tiene in vita: a casa i tuoi litigano, tuo fratello ti rompe i coglioni, tua madre ti fa il culo perchè vai male a scuola e ti dice che sarai un fallito, ma tu hai quel mondo che è soltanto tuo e che ti permette di alzarti la mattina e pensare che, se anche non capisci bene che senso abbia quello che fai, farlo ti fa stare bene.

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