Tecniche Perfette

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Sempre a sedici anni, nel 2006, partecipo per la prima volta a Tecniche Perfette, all'epoca una sorta di passaggio obbligato per chiunque volesse farsi un nome nel giro del freestyle.
Tecniche è stata ideata da due rapper dalla scena piemontese, convinti che una competizione con quelle caratteristiche fosse il modo migliore per ripristinare il principio secondo cui uno il rispetto se lo doveva conquistare sul campo: tutti erano lì sul palco, uguali fra loro, pronti a dare il meglio per ottenere il consenso del pubblico, che attraverso fischi e urla ti mandono avanti o ti eliminava.
Certo, c'era il rischio che qualcuno avesse più acclamazione perchè magari giocava in casa, e infatti anche per questo si è deciso che nelle fasi finali vedono in giuria i vincitori delle edizioni precedenti, che dicono la loro su come sono andate le sfide. Quando ho vinto io, per esempio, come giudici c'erano Clementino, July B, Ensi e Ira.
Il regolamento prevede due livelli: prima le selezioni nelle varie regioni d'Italia e poi una fase finale dove si sfidano tutti quelli che si sono qualificati.
Nella fase regionale, si partecipa subito a una sorte di roulette russa con pochissimo tempo per convincere il pubblico a non eliminarti. Poi si passa agli scontri diretti tra freestyler con trenta secondi a testa ciascuno.

Il primo anno in cui partecipo a Tecniche non arrivo alle finali, sono ancora troppo indietro, mentre l'anno successivo, nel 2007, vinco prima a Milano al Cantiere, aggiudicandomi il titolo di Campione lombardo, e poi riesco rapidamente a superare le eliminatorie.
Qualcuno nel giro comincia a conoscermi e sento di essere diventato uno di quelli da battere, anche perchè ormai sono almeno due anni che giro i palchi di tutta Italia facendo freestyle.
A Milano incontro una mia vecchia conoscenza, Flam Boy, ed è una roba un pò strana: mi sembra di essere in quei film in cui uno dei due prima era più forte e umiliava lo sfidante, poi è quest'ultimo a crescere e a fargli il culo davanti a tutti.
Ne viene fuori una sfida bella dura, tirata, con lui che continua a insistere sul fatto che sono vestito di merda, che ho una collana gigante e cose così.

Lo scambio che fa ridere tutti arriva a metà, quando Flam Boy mi dice quelcosa come (per chi ne ha voglia, queste battle sono tutte su YouTube):
《A tua mamma serve il vibratore》.
Al che io rispondo:《Alla tua tipa non serve un vibratore ma serve un martello pneumatico》.
A quel punto, lui tutto fiero mi risponde che, se mi serviva un martello pneumatico, suo padre faceva il muratore.
Allora io gli dico, imitando a gesti una che si fa scopare:《Tuo padre fa il muratore ma tua sorella cazzuola e carriola》.
Questa è stata la fatality: a quel punto avrei potuto dire qualunque cosa, avrei potuto starmene anche zitto per i successivi tre minuti.

Passo il turno, tutto è molto veloce, non penso a cosa potrà succedere dopo, mi concentro solo sul fatto che devo essere il migliore. Fino a quel momento, non ho un nome, mi chiamano tutti Emilietto.
Una sera, dopo le eliminatorie, ci rifletto un attimo e mi dico:《Cazzo, ma se domani vinco, poi cosa succede? Mi rimane attaccato questo nome e a quarant'anni mi chiamano ancora Emilietto...》. So che può sembrare un pò presuntuoso, ma in realtà era solo una paura da ragazzino che mi è venuta lì al momento. Così, insieme alla mia ragazza dell'epoca mi metto a riflettere sul nome d'arte che potrei darmi.
Parlando, tra una cazzata e l'altra, alla fine viene un pò automatico: Emis, infatti è la firma che all'epoca uso come writer, e poi mi chiamano tutti Emi o Emis che, anagrammato, suona come MC e in più ha la S che graficamente sta molto bene nei graffiti. Killa è invece quello che mi dicevano tutti durante le gare di freestyle perchè vincevo quasi sempre.
《Emilietto, sei un killer.》
《Emilietto lo uccide, è un killer.》

La finale inizia con un tizio pugliese, ma è scarso e vinco facile. Poi becco Andy, un rapper grande, poteva avere quarant'anni. Andy mi aveva battuto, secondo me immeritatamente, l'anno prima a Schio perché era del posto e c'erano un sacco di suoi amici che l'avevano sostenuto.
Lui comincia e dice:《L'ho già battuto una volta》.
Io parto proprio come uno che vuole ucciderlo e rispondo:《Mi ha spaccato una volta in freestyle, non si è portato gli amici ma si è portato la famiglia, la famiglia degli amici e gli amici della famiglia》.
Poi me la gioco con Noema, un rapper che conosco di Catania che conosco bene e che è l'unico che davvero temo quel giorno. Per me, la vera finale è questa e infatti l'anno dopo vincerà lui. Il fatto di conoscerlo però mi dà anche un po' di vantaggio, mi ricordo che l'avevo visto perdere diverse volte contro un suo avversario palermitano, Johnny Killa, che adesso si fa chiamare Johnny Marsiglia. Così, quando lui parte con la storia di《Emilietto, Emiliano, Emis Killa ma come cazzo ti chiamo》, io non ci penso su e gli rispondo:《Piacere, sono il secondo Killa che ti spacca il culo》.
Dopo, visto che continua a insistere, iniziò a dire che è un tipo incerto e gioco sul suo nome facendo:《No.....? E.....? Ma.....?》
In questo modo ho subito la simpatia del pubblico che mi manda alla finalissima contro Kenzie. Sono le quattro di notte e siamo piuttosto scarichi, il livello di tutti è sceso e l'atmosfera è molto più spenta. È chiaro, il titolo me lo sono giocato con Noema nella battle di poco prima.
Comunque, nonostante il tormentone della serata sia《Emilietto, Emis Killa non sai neanche come cazzo ti chiami》, vinco io e il giorno dopo il mio nome esce su tutti i blog del settore e su una serie di giornali locali.
La sensazione per me è doppiamente strana, perché si parla di me ma quasi mi sembra di non riconoscermi, visto che non ho ancora digerito il mio nome d'arte. Divento famoso, ma nello stesso tempo sto ancora cercando di abituarmi al fatto che questo Killa sono io.

Sempre nell'area "farsi una bella vita" voglio chiudere con un'altra idea: il rap è qualcosa che ti permette di essere un gallo, anche se non sei nessuno. Ad esempio, quando il sabato prendevo il bus 323, la metropolitana e me ne andavo a Milano io avevo già vinto. Valevo già più di altri proprio perché non stavo a Vimercate in un parcheggio a fumarmi le canne e a lamentarmi che non succedeva mai niente. Arriviamo al muretto, incontravo degli amici nuovi, rappavamo assieme, andavamo nei centri sociali, facevamo le gare di freestyle... Non ero nessuno, ma ero già uno che sapeva quello che voleva e si esibiva davanti alla gente sul palco.
Io vincevo, gli altri perdevano, quasi sempre, ma non era quella la cosa più importante. Ci divertivamo e al locale bevevamo gratis perché facevamo spettacolo. Finito il concerto, ce ne andavamo, rimanevamo in giro fino alle sei del mattino a fare graffiti ed eravamo fuori tutto il tempo. Tanti miei amici dicevano:《Minchia, ma tu sei sempre a Milano》.
E io:《 Ma perché non vieni anche tu? Andiamo assieme no?》.
《Minchia, che sbatta pigliare la metro...》
Tutta questa gente che non si muoveva ha finito per essere scontenta; non te lo dicono, ma lo si capisce. Anche perché adesso sono adulti e vorrebbero avere i soldi per pagarsi tutta una serie di cose che non avranno mai.
Io sono riuscito a costruirmi una vita che mi fa star bene, e non per una questione di soldi. A loro, per cambiare sarebbe magari bastato salire sul bus 323 e andare a vedere cosa succedeva fuori da casa. Così forse non sarebbero ricchi lo stesso, ma sono sicuro che sarebbero felici.

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