Farsi una carriera

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Ormai sono maggiorenne, ma non mi ricordo di aver fatto feste per i miei diciott'anni: perchè, a che scopo avrei dovuto farle? La strada riempie la vita e io non me ne stacco quasi mai. Andare in giro, partecipare alle competizioni, anche il fatto di rimanere sempre a chiacchierare fino alla mattina in attesa della prima corsa della metropolitana che mi riporti a casa mi permettono di incontrare tantissima gente e imparare continuamente cose nuove.
Mi diverto, faccio il coglione e non so che sto lavorando. Nessuno direbbe mai a un figlio: passa i pomeriggi su un muretto e le serate nei centri sociali e vedrai che farai strada ma, a posteriori, so che avessi coltivato la musica senza frequentare tutta questa gente, non sarei arrivato nessuna parte.

Dopo l'affermazione a Tecniche, mi sembra di aver già vinto tutto quello che c'è da vincere nel freestyle.Voglio crescere, mettermi a fare altro. Alcuni blog di settori parlano di me, Emis Killa ha preso il posto di Emilietto e godo di una certa popolarità. E adesso?

Inizio a capire che il freestyle e i dischi non vanno di pari passo, anzi si scontrano.
Molti intorno a me dicono:《Occhio, che se fai per troppo tempo freestyle poi non arrivi più a fare dischi...》. Nel senso che è impossibile costuirsi una carriera da freestyler mentre fare il cantante, pur nella crisi attuale, è comunque un modo per trasformare la passione per la musica in un lavoro.
Capisco che il freestyler è un giocoliere: non sarà mai il frontman, fa una cosa che piace a tutti, che colpisce, ma spesso diventa solo un elemento di contorno. È come uno che fa calcio spettacolo e non sa più giocare a undici. È figo proprio nella sua immediatezza ma nessun freestyler riempie, non dico il forum, ma neanche l'Alcatraz.

Dopo aver vinto Tecniche, decido quindi di fermarmi e di cominciare a pensare a scrivere testi e non più al freestyle.
Le gare diventano in questa fase una sorta di bancomat a cui attingere per guadagnare un pò di soldi ma non più il fine in sè: partecipo alle competizioni in cui ci sono in palio dei premi, vinco, mi diverto, torno a casa con qualcosa in tasca e mi rimetto alla scrivania a provare a scrivere pezzi.
Mi accorgo che è una cosa completamente nuova: quello che ho fatto fino a quel momento mi serve e mi ostacola allo stesso tempo. Ho un'idea del ritmo, della metrica, della musica ma mi escono dei pezzi tutti uguali, tutti con l'identico suono tatatata, una roba inascoltabile, troppo simile al freestyle.
A questo punto, ci metto una pietra sopra e mi dico:《Adesso basta girare per l'Italia con il freestyle. Devo imparare a scrivere le canzoni》.

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