Primi anni zero. Tassisti autistici.

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《Ehy, senti cosa sto ascoltando.》 mi dice un giorno un amico.
Ho quattordici anni, ho finito le medie ed è un pomeriggio uguale a tutti gli altri. Vivo con mia madre che però è sempre impegnata col lavoro, spesso infatti fa dei turni di merda, la vedo davvero poco e quando ci vediamo litighiamo.
La scuola non mi piace, non capisco a cosa mi serva ma ho soprattutto voglia di uscire, di fare cose e quindi andarci mi sembra meglio che stare a casa.
L'unica cosa che mi ricordo è che in classe passavo tutto il tempo a scarabocchiare con la professoressa che spiegava.
《Giambelli, smettila》
E io non riuscivo a stare fermo.
Non studio perché non mi interessa e mi sembra una perdita di tempo, ma non do grandi problemi, credo un po' anche per far piacere a mia madre. Non fa altro che ripetermi quanto è importante e che devo impegnarmi, forse solo perché non vuole che io faccia i suoi stessi errori; che mi trovi come lei a spaccarmi la schiena senza avere poi neanche i soldi per andare in vacanza.
Comunque quel giorno sono in centro a Vimercate davanti al tabacchi e questo amico mi fa: 《Dai, senti che bomba
Prendo gli auricolari e inizio ad ascoltare.

Anche al vero artista gli si stringe il culo, perché sa che se gli gira a qualcuno domani ha chiuso.
Italia mafia della melma discografica,
dove i settantenni decidono anche la grafica,
dove i direttori artistici guidano il business
come un gruppo di tassisti autistici.
Rischi a viverci, ti dicono mischiati,
senti la campana opposta, bip, ritirati!
Tanto questi in tre anni falliscono,
questi artisti in tre anni spariscono.

《Cazzo è 'sta roba?》chiedo. Non capisco granchè e mi sembra una misica strana, ma soprattutto non capisco perchè il mio amico me la faccia ascoltare.
《Vai avanti》 mi dice lui, nonostante io gli abbia già passato le cuffie. E, senza pensarci troppo, ricomincio ad ascoltare, del resto non è che abbia altro da fare.

Questi rubano prendono e consumano, producono e se ne vanno subito (Ciao!) ti sei solo illuso,
potete andarvene a fanculo.
Per quanto mi riguarda resto indipendente come il 4 luglio,
dopo ognuno sceglie come meglio crede,
succhiatecelo bene,
ma bene bene bene!
Se ascolti questo pezzo con il tuo ragazzo,
succhiateci ancora il cazzo!

Rido, guardo l'amico che ha l'aria di dire:《Eh, eh, te l'avevo detto, eh》.

Vengo dal ventre della paranoia
il mio corpo è a terra la mia testa in braccio al boia,
mi prende e poi mi appende a testa in giù di controvoglia,
ma appena apri la bocca io ti sborro in gola troia!

Mi piacciono alcune cose che sento, anche se ancora non me rendo davvero conto.
Ventre della paranoia.
Tassisti autistici.
La mia testa in braccio al boa.
Sul momento non capisco un cazzo e non colgo di certo tutti i riferimenti, come la frustazione di non riuscire a sfondare, di mettercela tutta ma sentirsi dire che questa roba non va, delle radio che non ti passano i pezzi e cosi via. Non so chi sia Bassi Maestro e non so quanta fatica stia facendo all'epoca, nonostante sia tra quelli che nel giro dell'hip hop hanno più successo.
Quello che più mi manda in estasi ovviamente è lo slang, le parolacce e questo modo di esprimersi, penso che una cosa del genere a quell'èta piace a prescindere.
Passano un paio di giorni e sono in macchina con un altro amico, Igor detto Aigor. È un pò più grande di me, ma siamo praticamente amici da sempre. È una di quelle amicizie che prescinde dalla compagnia; anche se nel tempo abbiamo avuto giri diversi e compagnie diverse, non ci siamo mai realmente persi di vista. Comunque all'epoca Aigor ha vent'anni e spesso andiamo a farci i giri in macchina, quel pomeriggio mette su una cassetta nell'autoradio e mi dice:《Senti questa》.

Succhiamelo ancora, succhialo di più,
tanto mi hai già visto in t
che facevo un pò di scratch insieme a Piero Pelù, o era Syria?

La stessa canzone di due giorno prima.
《Ma cos'è 'sta storia, ascoltate tutti la stessa canzone?》
Aigor mi dice che è una canzone di un certo Bassi Maestro feat Fabri Fibra, uno incazzato con il mondo, è forte no?
E qui nei libri si dice sempre: in quel momento è cominciato tutto. Ma non è proprio così. Quando saluto Aigor sono lo stesso ragazzo di sempre, sono l'Emiliano Giambelli di Vimercate del giorno prima con solo un mp3 in più nella mia library. Però, questa roba mi è entrata in testa e mentre torno a casa continua a girarmi nel cervello come in loop.
《Succhiateci ancora il cazzo.》

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