Nel momento in cui si destò, s'accorse la pioggia non fosse, tuttavia, cessata.
Per andar al lavoro, scelse d'indossare i suoi anfibi di gomma. Non avrebbe potuto distruggere le sue uniche scarpe formali, desiderando custodirle fino al suo primo stipendio.
In galleria, non v'era traccia di guardie. Probabilmente, causa diluvio, monitoravano dall'interno, con telecamere di sicurezza.
Un giorno addietro, Eunha aveva comunicato lui che avrebbe dovuto rivolgersi al gruppo di risorse umane, per ricevere la sua tessera d'accesso ed assistenza. Pertanto, Jungkook si recò, con agilità, in determinata area, per non dover chiedere il permesso al signor Kim.
Ma, ancor prima d'addentrarsi in sala, s'imbatté nel suo capo. Taehyung arcuò un sopracciglio, notando i buffi stivali del giovane.
«Buongiorno, Jeon Jungkook.» lo salutò.
Udita la voce dell'uomo, il corvino non esitò a fremere.
«Buongiorno─ Buongiorno, signor Kim.» tartagliò.
L'uomo agitò una mano.
«Puoi chiamarmi per nome, se t'aiuta a sentirti più a tuo agio.»
Jungkook lo ringraziò, seppur rifiutando.
«Non lo ritengo corretto.» mormorò «Non abbiamo, ancora, confidenza.»
Taehyung annuì.
«Come preferisci.»
🎨
A metà giornata, Taehyung lo chiamò.
Il corvino s'era dedicato a verificare informazioni in galleria, e ad organizzare carte in sospeso. E, dacché il suo posto era fuori dall'ufficio del signor Kim, gli risultava facile udire l'uomo, ogni volta che lo convocava.
Jungkook aveva notato Taehyung sperperasse l'intera mattinata al telefono. Di rado, lo vedeva rotear gli occhi, o disordinare i capelli con frustrazione. Non riusciva ad ascoltare, in virtù d'una vetrata, che separava i due. Ma, il giovane sapeva non fossero conversazioni piacevoli per l'uomo.
D'un tratto, mentre contemplava il maggiore, il telefono squillò, Jungkook che s'atterrì. Con dita tremolanti, pigiò qualunque tasto, in cerca di quello giusto, per ricevere la chiamata da una linea idonea.
Taehyung sfoderò un sorriso, fissando l'altro premere ciascun pulsante.
"Jungkook, ho bisogno di te." esordì quando, due minuti dopo, il giovane rispose.
Jungkook lo guardò, riscontrando l'uomo fosse al computer, l'altra mano che reggeva la cornetta.
"Arrivo."
S'issò, con rapidità, colpendo il suo ginocchio con lo scrittoio. Si lagnò per il dolore, avanzando gradualmente, sperando la sofferenza s'attenuasse.
«Questa merda lascerà un segno.» soffiò.
Bussò, con garbo, prima d'entrare.
«Aveva bisogno di me?»
«Sì.» replicò l'uomo, dinnanzi al computer «Indossa i tuoi orrendi anfibi. Pranzeremo con un cliente.» le labbra di Jungkook s'incresparono, quest'ultimo che abbassò lo sguardo «Ho già prenotato. Usciremo fra dieci minuti.»
Il giovane si ritirò dal luogo, con fretta, mettendo gli stivali. Poi, s'imbronciò, rammemorando le parole di Taehyung. Qual era il problema con i suoi anfibi? A lui, piacevano. Si trattava d'un regalo del suo migliore amico, prima d'abbandonare la sua città natale.
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1.460 days [KookTae]
Fanfiction[TRADUZIONE ITALIANA] 🎨 Chiunque desidera lavorare all'interno della rinomata galleria d'arte 𝑨𝒈𝒂𝒑𝒊. Secondo alcune dicerie, risulta facile candidarsi per un posto di lavoro e, al contempo, impossibile esser selezionati. Per questo, Jungkook è...