15.2 - We Are No Saints

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TW & CW: traumi passati, linguaggio esplicito, scene esplicite

Nessuna regola è così generale da non ammettere qualche eccezione.

- Robert Burton

We Are No Saints - Blind Channel

Khai

«Tutto okay bro?» chiede Aiden con affanno, appoggiando le mani a palmi aperti sulle mie spalle, correndomi dietro mentre affretto il passo al di fuori.

«Aiden, ti prego, ho solo bisogno di andare a casa» sussurro, preso dalla stanchezza, fisica e mentale che sento addosso dopo aver affrontato quel mostro. Di certo non riesco ad affrontare anche mio fratello mezzo brillo, e sicuramente godurioso per ciò che ha combinato, anche se non so con chi.

Aiden non ci mette molto a lasciarmi in pace e ad andare a torturare Xander.

«Che è successo?» mi chiede Zale, intento ad aspettare che le nostre macchine vengano riportate al di fuori del parcheggio sotterraneo.

«Tanja» sibilo. Basta il suo nome a farmi accapponare la pelle. Un abominio di donna come lei non dovrebbe esistere nemmeno sulla faccia della terra. Per cercare di riprendermi provo ad immaginarla senza tutto il botox che si è fatta iniettare negli anni, e la sua faccia all'improvviso si trasforma in una ragnatela di rughe, a tal punto che piano piano inizia a sgretolarsi come terra arida di fronte a me, e non ne rimane che un mucchietto di polvere.

A quell'immagine quasi sorrido.

«Cosa hai scoperto?» chiede Zale poco prima che la sua voce venga sovrastata dal rombo della Ferrari.

«Come sospettavamo, lavorava per gli Zante, e quindi l'orfanotrofio era il loro» sospiro, con le mani ancora in tasca, mentre osservo il valet, completamente incapace di gestire una macchina come la mia. 'Incompetente' roteo gli occhi.

«Molto bene» si limita a commentare.

«Il punto però» mi fermo un attimo «sembra che le motivazioni che l'hanno spinta a fare ciò che ha fatto, siano personali, non hanno nulla a che fare con gli Zante» rivelo.

«In che senso?» mi chiede mio fratello, mentre lascia una banconota da cinquanta dollari al ragazzo che ha maltrattato la mia macchina e si siede dal lato del guidatore.

Protesto «Hey!»

«No, non ci pensare! Dopo aver visto Tanja l'ultima cosa che ti farò fare è questa, siediti, e non provare a lamentarti!» tuona, impassibile.

Sbuffo, dopotutto ha ragione. Quella donna è capace di rendermi un'ameba, con lei attorno non sono più capace di controllare me stesso, i miei pensieri, le mie azioni, poiché non ce ne sono affatto. Lei mi blocca, ma un blocco ossimorico, come la leva di un freno che dovrebbe salvarti prima di uno schianto, e invece te lo impedisce.

«Possiamo andare al Surgery?» chiedo a Zale con il dolore negli occhi. So bene che la mia sola mano questa sera non sarà abbastanza ad annebbiare completamente il cervello a tal punto da non sapere nemmeno più chi sono.

«Khai» pronuncia con tono ammonitore «Sai bene cosa ti succede quando sei fuori di senno, come ora. L'ultima volta Beatriz è finita in clinica» mi guarda severo, pur mantenendo lo sguardo fisso sull'asfalto.

Ha ragione. Ancora una volta ha ragione. Insomma, era tutto consenziente ma io avevo esagerato, perché completamente e totalmente dissennato.

Eppure devo trovare un modo per non andare dalla mia Cameron. Perché lei in qualche modo, seppur con l'anima tinta dai miei stessi demoni, funge da balsamo per i miei nervi. Se mi vedesse per quello che sono, probabilmente scapperebbe da me. Non mi rivolgerebbe più la parola. O forse ci trascineremmo giù per il baratro a vicenda. L'ultima opzione è da escludere, perché lei è l'unico pensiero della giornata che mi tira su il morale, e non posso permetterle di essere divorata da più mostri di quanti non abbia già a banchettare della sua persona.

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