33 - Pity Party

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"Maybe it's a cruel joke on me"

- Melanie Martinez

Pity Party - Melanie Martinez

«Ti dispiace se ti faccio già indossare il camice?» domanda mentre mi fa accomodare all'interno di una stanza al piano superiore.

L'intonaco delle pareti cade a pezzi, la pittura è grigio giallognola. La finestra a tutta parete che da sul giardino è rotta in alcuni punti e all'interno della stanza c'è solo un divano che sembra nuovo e un separè paravento a cinque ante.

Faccio spallucce «Dov'è?»

«Proprio lì, cara» indica il divano sul quale giace un camice da paziente ospedalizzato che non avevo visto prima. Sembra consunto. Il massimo dell'igiene vedo, ma tanto io sarò morta perciò non mi spaventano le infezioni.

In tutta onestà non sono nemmeno infastidita dal fatto che mi abbia chiamata più volte lei "cara" che chiunque altro nella mia vita.

«Sai, mi stai rendendo le cose troppo facili. Sembra quasi noioso» sorride versandosi un bicchiere d'acqua.

«Il mio obiettivo non è di certo farti divertire» rispondo schietta sfilandomi la maglietta.

«Allora, cosa vuoi sapere? Chi sarà il tuo destinatario? Oppure preferisci sapere cosa voleva Zaire da te?» si siede sulla sua poltrona.

«Non mi interessa chi sarà la persona che deciderà di deliziarsi con la mia chiappa, o chi riceverà le mie cornee. So che Zaire era un cannibale, prima che lo facessi fuori con le mie mani»

Sorride «Ammiro la tua grinta»

«Se permetti decido io quando e come morire» ribatto seria.

«Sai, ti ho osservata. Sei così simile a tua sorella. Esteticamente intendo» fa un cenno con la mano prima di sorseggiare altra acqua «Siediti prego»

Mi siedo sul divano nella seduta opposta alla sua.

Deglutisco rumorosamente «Che fine hanno fatto i suoi organi?»

«Sei sicura di voler rivangare sul passato in questo modo?»

«Lo voglio sapere» sibilo a denti stretti «Questa sarà la mia pace prima della mia fine, me lo devi» spiego.

«D'accordo» sorride, abbandonandosi allo schienale. Accavalla le gambe lunghe e sinuose prima di spostarmi una ciocca di capelli dietro la spalla.

Non rabbrividisco al contatto, ma anzi rimango immobile come se ogni cosa che sento non possa più ferirmi ormai.

«Gli Zaire gestiscono tanti affari. Non solo l'estrazione di pietre preziose tramite lo sfruttamento minorile» ridacchia «E pensare che Khai ha fatto a botte così tante volte per quelle pietre grezze quando provavano a rubargliele»

«Pietre?» domando.

«Sì, a quanto pare mia figlia era molto creativa. Morta per una motivazione così stupida. Lei e James avevano rubato quattro gemme grezze per darle ai figli, legando loro un significato speciale» virgoletta con le dita in aria fingendosi disgustata. «Comunque sorvolando sui ricordi di famiglia» gesticola con la mano mimando il nastro che si riavvolge «Ci occupiamo anche di traffico d'organi, riforniamo i cannibali e facciamo esperimenti medici se così si può dire» pronuncia pacata, come se stesse spiegando le regole di un gioco per bambini.

«Esperimenti medici? Vi divertite a ricreare Frankenstein?» domando.

Mi osserva con una strana luce negli occhi «Più o meno» sorride. Afferra una ciocca dei miei capelli e se la rigira sull'indice lungo e affusolato «Sai, è proprio un peccato che tu voglia finirla, sei molto simpatica»

THE ANGELS - un amore eternoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora