II. di nuovo tu.

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dopo lo straziante viaggio in macchina, finalmente arrivai a destinazione.
scesi dal veicolo, guardandomi intorno e sbuffando, non mi ritenevo così superiore ai peccatori, d'altronde anche io avevo peccato, però con il libero arbitrio e l'auto gestione... beh diciamo che non ne avevano fatto buon uso.

l'inferno potrebbe essere vivibile, se non fosse per questi esseri incapaci di avere autocontrollo.
scossi la testa per distogliere la mia attenzione dai pensieri. erano così tanti che non mi resi conto di essere già entrata nel palazzo.
sapevo la strada a memoria, e non vedevo l'ora di arrivare alla sala desiderata.

era tutto rosso e nero, come del resto la maggior parte dell'inferno, ma non so, questa struttura mi trasmetteva sicurezza, aveva dei dettagli ottocenteschi, sculture a dir poco magnifiche, sparse per i corridoi.

arrivai al portone della stanza, bussai, e subito una figura aprì.

«tesoro, da quanto tempo»
il re dell'inferno, Lucifero, mi salutò con fare dolce, prendendomi la mano e baciandola facendo un leggero inchino.
non amavo il contatto fisico, ma so che di lui posso fidarmi, era forse l'unico ad avere 'si tanto libero arbitrio nell'avvicinarsi a me.

«ciao caro, che letizia vederti»
esclamai facendomi strada dentro il suo studio, accomodandomi sul comodo divano rosso con davanti ad esso un tavolino in marmo grigio.
come al solito il demone, forse il più garbato di tutto l'inferno, mi porse una tazza di tè ai frutti rossi, il mio preferito.

«come mi conosci bene Lu»
lui sorrise, sedendosi con fare preoccupato sul divano accanto a me, togliendosi la giacca e facendo svanire il suo sorriso.
posai la tazzina sul tavolo, guardandolo negli occhi e prendendogli una mano.

«cosa ti turba? ancora non mi hai esposto la motivazione di questa richiesta di vedermi, caro»
Lucifero sospirò, rompendo finalmente il silenzio, spegnendo i miei dubbi e le mie domande.

«lo sterminio è alle porte, e.. ho parlato con Sera. lei non ha intenzione di.. venirci incontro diciamo. »
alzai il sopracciglio, in fare di confusione, riportando alle labbra la tazza con il tè bollente.

«ecco, Eulalia, devi sapere che hanno intenzione di non mantenere più gli accordi. da quando l'inserviente dell'hotel di Charlie ha ucciso Adamo, non ammettono più scuse. non ascoltano. »

mi tolsi il cappello, posandolo sul bracciolo del divano, invitandolo a continuare.

«Lalia, arriveranno ogni sei mesi, e nessuno sarà risparmiato. nemmeno.. mia figlia. nessuno sa più cosa fare. nemmeno io»
sospirò. sentii la sua voce spezzarsi. l'uomo iniziò a piangere.

cazzo..
poche volte lui si era lasciato andare accanto a me, ma provavo effettivamente un senso di affetto fraterno per Lucifero, lui aveva fatto di me quella che sono oggi, io ero grata per il fatto che avesse sempre creduto in me. e io ho sempre creduto in lui.

«caro, asciuga queste cascate, non ha senso disperarsi. so che non sono la persona più indicata per dire questo ma.. c'è sempre una soluzione. non potranno mica distruggere un popolo intero, non esisterebbe il paradiso, senza l'inferno, Lucifero. »
presi il viso dell'uomo, asciugandogli con un pollice una lacrima, lo guardai come se fossi una madre che vede suo figlio avere la prima delusione d'amore.
diciamo che era qualcosa di più importante e spietata, ma mi sentii così in quel momento.

Lucifero annuii, tirando un sospiro e asciugandosi le lacrime, tenendo le braccia tese per chiedermi un abbraccio. questo era il nostro "codice" per chiedere un abbraccio, prima di fare gesti azzardati, nel caso non me la sentissi.
in quel momento riuscivo a provare solo compassione, così mi avvicinai e lo presi tra le braccia, solo per qualche istante. quasi lo spinsi via.

 -✰ 𝐩𝐚𝐫𝐥𝐚 𝐝𝐨𝐥𝐜𝐞𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞 ✰  -  Hazbin Hotel. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora