CAPITOLO 9

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Rimasi imbambolata a fissarla per alcuni secondi; la mia bocca non ne voleva sapere di emettere alcun tipo di suono. Alla fine, mi costrinsi a balbettare: «Milady... io... be'...»

«Perché sei entrato dentro lo studio della regina?»

Non aspettando una risposta, continuò ad avanzare verso di me. La sua figura, pur essendo molto più bassa della mia, si innalzava fino quasi a sovrastarmi. Notai che portava alcune medicazioni nei punti in cui i vetri le erano arrivati addosso.

«Ti chiami Ethan Allen, vero?»

Annuii.

«Sono sicura di averti già rivisto da qualche parte.»

Ingoiai piano la saliva incapace di muovere un muscolo. Le labbra, d'un tratto, si erano fatte secche.

«Non credo, milady... non ci siamo mai visti.»

Una grande bugia: avevo avuto il piacere di conoscerla a quella maledetta festa. Mi sembrò fin da subito una persona antipatica e altezzosa e il tempo me lo aveva solo confermato.

«Per caso conosci una certa Alisa? Avete lo stesso cognome...»

A quella frase mi congelai: quante cose sapeva sul mio conto?

Assunsi un'aria tranquilla, anche se non ero tranquilla per niente.

«È la mia gemella. Come la conoscete? Lei non mi ha mai parlato di voi.»

«Oh, ho avuto l'onore di conoscerla quando mezza ubriaca mi ha versato del liquido sul vestito di mia madre! I domestici hanno provato a lavarlo ma ancora la macchia persiste.»

Cercai di reprimere una risatina.

«Mi dispiace se mia sorella vi ha recato del disagio. Sicuramente non era sua intenzione.»

Non provavo il minimo dispiacere verso di lei, ma volevo compiacerla in modo da farla andare via.

Iniziò a girarmi intorno, scrutandomi da vicino. Istintivamente strinsi ancore di più la mano sui fascicoli.

Lei naturalmente se ne accorse. «Che cosa hai lì?»

«Niente» risposi un po' troppo velocemente.

«Non avrai mica rubato qualcosa dallo studio, vero? Dopotutto tu e tua sorella siete gemelli...»

Che voleva dire con questo?

«In che senso, milady?»

«Be'... tu e tua sorella non siete così diversi: lei mi ha lanciato un drink addosso, mentre tu delle schegge di vetro. No... a pensarci bene il peggiore sei tu.»

«È stato un errore, milady. Non ricapiterà.»

«Se fosse stato per me ti avrei già licenziato... Ancora non mi hai detto che cosa tieni lì con così tanta intensità» indicò il fascicolo.

Che subdola vipera!

«Io... uhm.»

Proprio quando stava per prenderlo lei, un uomo svoltò l'angolo e si fermò proprio davanti a noi. Lo guardai attentamente e a bocca aperta realizzai che quell'uomo era proprio Connor Green!

Adesso con la luce riuscivo a delinearne meglio il profilo: Connor aveva grandi occhi blu ghiaccio con incorniciati i capelli scuri tirati all'indietro dal gel. Le labbra carnose si muovevano; aveva un fisico scolpito nonostante fosse vestito pesante a causa del freddo pungente che anticipava l'inverno.

Teneva nella cintura due pistole e una spada e il suo sguardo si posò prima su Alexandra e poi su di me. Rimase fisso a guardarmi e io istintivamente abbassai lo sguardo.

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