CAPITOLO 24

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Mi risvegliai con un dolore pulsante al collo, alla testa e ad ogni vertebra. Mi sentivo gonfia e tremavo terribilmente. Avevo la lingua impiastricciata con la saliva e non riuscivo a spiccicare parola. Le palpebre non volevano aprirsi, ma le costrinsi con tutta la mia buona volontà.

Mi ci volle un po' per abituarmi alla luce accecante che mi annebbiava i sensi ma, non appena i miei occhi si furono abituati, riconobbi il volto di una persona che mi guardava da dietro un tavolo che prima non c'era. Per poco non sobbalzai per la sorpresa.

Mi domandai per quanto avessi dormito, ma non volevo davvero una risposta.

«Hai dormito per tre giorni, se te lo stai chiedendo.»

Tre giorni?! Che cosa mi avevano fatto questi mostri?!

Siccome non rispondevo, riprese a parlare: «In realtà mi ha sorpreso molto questa cosa. La droga nella siringa avrebbe dovuto stenderti per massimo un giorno, ma evidentemente a te ha fatto più effetto.»

Droga?! Questi tizi mi avevano drogata?!

Feci una faccia scandalizzata e arrabbiata. Ancora non riuscivo a parlare o a muovermi ma, non appena ne fossi stata in grado, avrei squartato questo tizio.

Fece una risatina sommessa. «So che cosa stai pensando. Non potrai squartarmi vivo perché non ne avrai la possibilità. So anche che non puoi ancora parlare, ma non preoccuparti. L'effetto del siero svanirà fra qualche minuto, anche se continuerai a sentirti debole e lenta nei movimenti. Questo effetto collaterale dovrebbe andare via in un paio di giorni.»

Ero disgustata. Avrei tanto voluto sputargli in faccia e vedere la sua reazione. Naturalmente non riuscivo ad aprire la mascella per farlo.

Restammo in silenzio mentre l'uomo scorreva con attenzione i fogli che aveva davanti.

Dopo circa dieci minuti, cominciai a sentirmi decisamente meglio: riuscivo ad aprire la bocca, il dolore al collo sembrava quasi del tutto scomparso, la mente non era più così tanto annebbiata e non tremavo più. Mi sentivo ancora un po' gonfia ed ero molto rallentata.

Rincuorata che almeno questo individuo non mi avesse mentito, aprii la bocca e feci per parlare. Al posto delle parole, mi uscii un verso strozzato.

«Vedo che stai cominciando a parlare.»

Con molta fatica, misi insieme alcune lettere e per mia grande sorpresa riuscii a fare una frase coerente: «Chi siete?»

«Oh, finalmente! Credevo che gli effetti su di te fossero irreversibili!» si schiarii la voce e io avevo voglia di vomitare.

«Sono il dottor Wilson che si occupa degli esperimenti sui pazienti nelle prigioni reali.»

Ingoiai un grumo di saliva. «Non... capisco... cosa ci faccia io qui.»

«Tu sei, signorina Allen, una mia sottoposta. Ho ideato personalmente questo siero che blocca momentaneamente alcune facoltà del cervello.»

Ero stremata e avevo bisogno soltanto di un po' d'acqua. Non capivo perché stessero succedendo tutte queste cose a me. Non ero neanche una ribelle! E in ogni caso, questi esperimenti non li avrebbero potuti fare a nessuno senza autorizzazioni da parte del paziente.

«Non mi avevate detto niente.»

Man mano che parlavo, la rigidità che avevo trovato all'inizio stava scomparendo.

«Non ce n'era bisogno. Tu sei stata selezionata per gli esperimenti perché sei una ribelle.»

«Non lo sono! Non potete farmi niente senza che io acconsenta!»

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