Il suono della campana riscosse Suor Ariana dal sonno. Tese l'orecchio per capire se l'aveva sognato o se magari era stato solo il vento. La sua speranza di potersi riassopire fu infranta da una nuova scrollata della campana all'ingresso.
Sospirando si alzò dal giaciglio, borbottando sommessamente una preghiera contro il cattivo umore portato dal brusco risveglio nottetempo.
«Se è di nuovo quell'ubriacone di Zeno che ha smarrito la strada di casa, non sarò affatto gentile né misericordiosa» brontolò alzando la luce della lanterna per cercare gli zoccoli sul pavimento dell'angusta cella. «So io cosa si meriterebbe, un bel calcio dove dico io si meriterebbe.»
Si richiuse la porta alle spalle con la chiave, per evitare a chiunque la tentazione di rubarle le coperte. Le era già successo e non intendeva passare un'altra notte con le ossa al freddo. Passò oltre il lungo stanzone utilizzato per dare ricovero a indigenti e ammalati e raggiunse l'ingresso dell'ospitale. La campana suonò ancora facendole storcere il naso e aggrottare le sopracciglia.
«La pazienza è la virtù dei savi» disse con l'intento di essere udita da chi si trovava oltre la porta. Depose la lanterna nell'alcova nel muro e aprì lo spioncino per vedere chi fosse.
All'esterno, nel freddo notturno, non c'era Zeno come si aspettava, ma aggrappata alla corda della campana una figura esile di donna, senza neppure il mantello, si teneva il ventre ingrossato respirando affannosamente.
«Santa misericordia!» esclamò Ariana affrettandosi ad aprire per soccorrere la partoriente. Tirò il catenaccio, spalancò la porta e un vento gelido e capriccioso gliela strappò di mano mandandola a sbattere contro il muro. Rabbrividendo per il freddo prese la giovane per il braccio facendoselo passare attorno alle spalle per poterla sorreggere mentre la accompagnava dentro. Si fermò per tirarsi la porta dietro mentre continuava a sostenerla e tirò il catenaccio. Fu allora che sentì una fitta gelida di dolore al costato. Boccheggiando si sentì mancare le forze. Adesso era la ragazza a sostenere lei, la guardava con occhi scuri, occhi impassibili, privi di anima come quelli di una bambola di porcellana. Ariana sentì le gambe piegarsi e poi vide il pavimento venirle incontro. La giovane si chinò su di lei. Aveva un pugnale in mano, un pugnale rosso di sangue. Fu l'ultima cosa che Ariana vide.
Ka Rhana prese la suora per un piede e la trascinò contro il muro. Nella stanza a fianco qualcuno russava e di quando in quando un colpo di tosse riecheggiava nel silenzio. Sembrava che nessuno avesse sentito niente.
Si tolse il mantello appallottolato da sotto l'abito e se lo avvolse attorno alla vita. Non doveva lasciare nessuna traccia del suo passaggio e inoltre, se qualcuno l'avesse vista, avrebbe camuffato i suoi tratti facendola apparire con i fianchi molto più larghi. Spogliò la donna della sua tonaca e la indossò sopra i vestiti. Era stata attenta nell'ucciderla in modo che le macchie di sangue non saltassero all'occhio. Non era un lavoro perfetto, ma doveva farselo andare bene.
Prese la lanterna, abbassò la fiamma per non avere troppa luce a illuminarle il volto e si incamminò. Le chiavi trovate nelle tasche della suora la portarono fuori dall'ospitale, all'interno del convento. Richiuse la porta alle sue spalle e girò il chiavistello, studiò la stanza in cui si trovava scorrendo con lo sguardo le due porte sulla sinistra, la porta sul fondo e la porta sulla destra. Scelse quella di destra senza un particolare criterio trovandosi in una sala con altre due porte. Doveva trovare qualcuno che potesse indicargli dove erano le stanze della Badessa o rischiava di essere scoperta prima di esservi riuscita.
Due porte ancora la condussero nel grande ambiente della chiesa e lì trovò la sua volontaria. Nel silenzio notturno salmodiava la nenia di una preghiera. La voce giovane le fece sperare in una novizia atterrita e collaborativa. Abbassò la fiamma della lanterna al minimo e la lasciò all'ingresso.
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Il Fabbricante di Bambole
FantasySotto il crollo della propria casa la piccola Vania perde un braccio, una gamba e il proprio nome. Colui che la salva viene chiamato il Fabbricante, un uomo dedito all'alchimia più oscura e capace con essa di restituirle gli arti perduti. Sarà lui a...