13. Magia Elementale

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«E quindi, come funziona?»

I nastri che circondavano l'Altare ondeggiavano oziosi, sospinti da una corrente impercettibile. Myrhiam, viceversa, era tesa come la coda di un serpente a sonagli.

La Magia che imbeveva l'atmosfera del Satuario l'aveva accecata come la prima volta, e ugualmente la mano destra aveva preso a prudere; solo che, stavolta, capiva che ogni fastidio era causato dal Drokan-Ilthir che reagiva alla presenza di Astrel.

«Tanto per cominciare, togli il guanto.»

Persino la cicatrice di Caillon non era indifferente alla Spada incastonata nella Biancagemma. Sottili saette azzurrine la irroravano a intermittenza, e parevano fili di un ricamo d'argento colpiti dal sole.

«Forza. Scopri la mano.»

Myrhiam ubbidì. Non fu troppo sorpresa, nel constatare che il guanto si era annerito in corrispondenza del marchio della Fenice. Lei stessa lo sentiva arroventato, come nel giorno del Patto di Fuoco.

«Tolto. E adesso?» chiese.

«Allunga le dita verso l'elsa» comandò lui. «Ma aspetta a toccarla.»

La Fatina si interrogò su quale punto sfiorare. L'impugnatura della Spada era alta quanto lei, se non di più, e il pomello che brillava sulla sommità era grande tre volte la sua testa.
Alla fine optò per la parte più vicina.

«Aspetta a toccarla» raccomandò Caillon. «Lascia che si desti.»

Malgrado la perplessità di Myhriam —come poteva capire se la Spada fosse sveglia o meno?, i segni che si manifestarono non furono difficili da interpretare.

Per prima cosa, il fulgore di Astrel perse di intensità. O meglio, invece di splendere dal pomello, come la sommità di un faro, la luce parve colare giù per l'impugnatura e per l'elsa, similmente a miele che stilla da un favo.

Subito dopo, quando le scie luminose furono scivolate sin dentro la lama, i nastri del Santuario smisero di fluttuare e si irrigidirono, congelati. La temperatura stessa dell'aria precipitò di una decina di gradi, senza preavviso.

Infine un crepitio schioccò nell'aria, e Myrhiam distinse l'odore di neve, che aveva imparato a riconoscere durante l'inverno trascorso con Rahae.

«Si è svegliata, ma non ti riconosce. Toccala, con gentilezza.»

In qualche modo, la Spada parve avvertire la presenza di Caillon. La sua luce interiore si addensò e l'atmosfera si caricò di elettricità.
Caillon sorrise, e la cicatrice sulla guancia sfavillò.
«Toccala, su.»

E Myrhiam la toccò. Appena vi ebbe poggiato il palmo, sentì un freddo tagliente incollarle la mano all'elsa, e spire di ghiaccio comparse dal nulla stritolarle il polso. Astrel divenne freddissima e, insieme all'Altare, prese a vibrare come una cristalleria durante un terremoto.

«Papà! Mi sta morsicando

«Càlmala. Falle capire chi sei, usa il Drokan-Ilthir.»

«E come si fa?» strillò Myrhiam.

«Così.»
Caillon toccò la spada a sua volta, e il ghiaccio, il tremore e il freddo svanirono. «Astrel... eccoti qua.»

Myrhiam ritirò la mano, finalmente libera dalle spire gelide generate dalla Spada, e se la massaggiò nervosamente.

«Devi trasmetterle tranquillità» la incoraggiò Caillon, che continuava ad accarezzare l'impugnatura come avrebbe fatto con un destriero stizzoso. «Pensa di doverla calmare, come quando metti briglie e finimenti alle libellule, o alle cavallette di Gondre.»

Le Sette Vie. Storia di una Fata della SperanzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora