29. La Buiaforesta

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Giungere nella foresta di Shelrah significò per Myrhiam provare molte sensazioni insieme, tutte così intense da persuaderla che si sarebbero impresse nel suo animo per sempre.

Appena la nebbia del portale si fu dissolta, infatti, le lampeggiarono negli occhi i raggi verdi e dorati che, come fulgide spade, fendevano obliqui l'aria circostante, aprendosi un varco nel sottobosco.
Nelle narici le risalirono il calore, l'umidità e il profumo della terra bagnata, mentre un'afa densa e soffocante appesantiva le sue ali e le accorciava il fiato.
Udì il canto, persistente e chiassoso, di mille e mille volatili variopinti, tutti intenti ad affollarsi su rami, radici e liane di una foresta più simile a un groviglio di alberi che al boschetto vicino alla tana di Fata Rahae.
E, infine, la sua schiena fu percorsa da un brivido: ebbe l'impressione di aver calpestato terra vergine e inviolata, selvaggia e indomita, e si sentì fuori posto, come se la selva tropicale in cui era finita non avesse ancora deciso se guardarla con favore, o se riservarle un'accoglienza ostile.

«Spettacolare, vero?» commentò Feram, girando su sé stessa col naso all'insù, per vedere tutti gli uccelli che li circondavano. «Ci sono più specie in questo brandello di foresta che in tutto il Luogo Senza Tempo. Solo i Centauri sanno far prosperare la flora e la fauna senza tentare di addomesticarle: il modo con cui si accostano alla Madre Terra avrebbe tanto da insegnare alle stirpi di Faerie!»

Myrhiam non sapeva bene cosa si fosse aspettata da Shelrah, e a dirla tutta non aveva nemmeno un'idea precisa di che forma avessero i Centauri, ma di certo non si era preparata a finire in mezzo a quella che sembrava una voliera sovraffollata. Alcuni uccelli parevano innocui, altri erano bellissimi, col loro piumaggio multicolore... ma troppi sfoggiavano un becco più simile a un rostro uncinato che al simpatico musetto dei passerotti.

«Maestra, questi uccelli cosa mangiano? Voglio dire... sono pericolosi?»

Feram scoppiò a ridere.
«Di sicuro non trovano appetitose le Fate, se è questo che mi stai chiedendo!» esclamò; poi, in tono più dimesso, aggiunse: «C'è stato un tempo in cui la nostra gente si dilettava nell'allevare pappagalli, tucani e uccelli del paradiso... riesci a immaginarlo?»

«Davvero?» mormorò Nelgon, scoprendosi gli occhi per vedere meglio. «E dove li allevano? A Gondre no di sicuro.»

«Queste specie non si sono mai adattate al Luogo Senza Tempo» ribatté Feram, «perciò abbiamo dovuto rinunciare alla loro preziosa amicizia. Ma andiamo, la via è lunga e il sole declina in fretta.»

Prima di seguire Feram, Myrhiam si volse indietro, desiderosa di vedere l'aspetto che il portale assumeva dalla parte di Shelrah. Osservò che non si presentava come un'arcata di pietra e che piuttosto assomigliava a una tana di coniglio, tranne che per lo strato di di Uleas che lo rivestiva e per le dense volute di fumo che vorticavano al suo interno.
Indugiando quei pochi istanti, la Fatina analizzò l'aspetto del portale e soddisfò la sua curiosità... al prezzo però di perdere il contatto visivo con Feram, che nel frattempo si era inoltrata nella foresta senza aspettarla.

«Maestra...?»

Nel panico, si guardò attorno alla ricerca di un indizio che le suggerisse la direzione da seguire, ma nella fitta vegetazione non riuscì a distinguere null'altro che alberi, radici e uccelli. In una situazione diversa, forse avrebbe pensato a una formula magica o a un Sigillo di Rune che potesse soccorrerla... l'agitazione, tuttavia, gioca brutti scherzi anche alle Fate e così Myhriam rimase sospesa in volo, a girare affannata su sé stessa, inutile come una trottola.

Stava per risolversi a gridare il nome di Feram, quando qualcosa le mozzò il respiro. Sentì un colpo ai reni, le ginocchia cederle e lo stomaco sprofondare: in men che non si dica, era finita sulla groppa di un passero rosso fiammante. L'istinto la spinse ad affondare le dita tra le piume carminio del volatile, e quello si lanciò in un'evoluzione tra le liane che stordì completamente i sensi di Myrhiam. Una picchiata vertiginosa e una planata più tardi, la Fatina si decise a riaprire gli occhi. Di fronte a lei c'erano Feram e Nelgon.

Le Sette Vie. Storia di una Fata della SperanzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora