21. La scelta

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Socchiudendo le palpebre, la Fatina distinse il profilo di Vejasor, seduto accanto a lei e intento a sfogliare le pagine di un libro. Non si era accorto del suo risveglio.
Sbatté di nuovo le ciglia.
Era ancora intorpidita, e si prese qualche minuto per raccogliere i pensieri.

Come prima cosa, osservò che Vejasor era tornato alla sua tenuta verde brillante da Sacro Erede, ma corona, pettorale e bracciali non impreziosivano più le sue vesti: con tutta probabilità, erano tornati al loro posto nell'armadio da cui erano stati presi, per essere riutilizzati il giorno successivo.

Come seconda cosa, notò che dalla finestra circolare sul soffitto entrava una luce netta e quasi senza ombre, così potente da esaltare i già vivaci colori dei rilievi alle pareti e la ricercatezza delle stoffe che adornavano la stanza.

E, per terzo, si avvide che un nuovo vassoio colmo di cibarie era apparso sul tavolino accanto al divanetto.

Dunque il tempo dedicato ai colloqui era terminato, e il mezzogiorno aveva trionfato nel cielo senza che lei se ne fosse resa conto; ma quanto aveva dormito? E, soprattutto, com'era successo che si fosse addormentata? Incapace di darsi una risposta, si limitò a sbadigliare.

«Ben svegliata» la salutò Vejasor, con voce delicata. «Ti sei riposata?»

Myrhiam si accomodò meglio e annuì.

«È da molto che sei qui?»

«Non più di un'ora» rispose, chiudendo il libro. «Ti ho messo da parte qualcosa per il pranzo.»

Myrhiam stava per dirgli che non aveva fame, ma Vejasor le aveva già porto un frutto dalla buccia porosa.

«Grazie» mormorò, afferrandolo. «Come è andato il tuo ricevimento?»

«Interminabile. Questa reclusione mi dà un sacco di grattacapi.»

«Perché?»

«Dato che non posso preoccuparmi personalmente di certe questioni, devo distribuire scrupolosamente compiti e responsabilità, stando attento a scegliere gli ufficiali migliori... ma senza far torto a nessuno.»

«Perché? Chi se la prende?»

Vejasor sbuffò, mentre disegnava una Runa sulla copertina del codicillo che aveva in mano.

«Praticamente tutti. Per un dignitario che interpello, ce ne sono dieci che si offendono per non essere stati convocati» rispose, mentre il libro si dissolveva nell'aria. «Mi manca già la vita in accampamento.»

Myrhiam era troppo assonnata per commentare. Arrabattò piuttosto una formula magica che sbucciasse il suo pranzo e, se da una parte fu lieta di constatare che funzionava, lo fu un po' meno quando si accorse che, insieme alla buccia, si era tagliata anche una ciocca di capelli.

«E tu?» domandò Vejasor. «Cosa hai fatto mentre eri sola? Ti sei addormentata subito?»

Myrhiam arricciò le labbra, in una smorfia pensierosa: già... cosa aveva fatto, prima di addormentarsi?

«Ah!»

La consapevolezza dell'incontro con Prath'ma le sovvenne improvvisamente, come un fulmine a ciel sereno; trasalì, le mancò il fiato e fece cadere il frutto a terra.

«Cosa c'è?» domandò allarmato Vejasor, attirandolo magicamente nelle sue mani. «Cos'hai?»

«Prath'ma. È venuta la veggente» balbettò. «Ha pronunciato... una profezia.»

La Fatina raccontò a Vejasor tutto quello che si ricordava, dalla luce apparsa dal nulla, fino allo spavento di trovarsi dinnanzi una creatura sconosciuta che le aveva proposto di ascoltare il suo messaggio.

Le Sette Vie. Storia di una Fata della SperanzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora