14. Il Presagio

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Subito dopo l'irruzione di Vejasor nella tana, Rahae esigette che la Regola del Silenzio venisse rispettata con inedita severità, e costrinse le sue allieve a coricarsi immediatamente.
Myrhiam non fece questioni e, zitta zitta, si coprì con la trapunta che aveva portato da casa; non l'aveva mai adoperata, nemmeno per la più lunga notte d'inverno... ma in quel momento un freddo intenso e penetrante aleggiava nel salone, facendola rabbrividire.
Si domandò se l'atmosfera si fosse gelata a causa del cattivo umore di Rahae, di quello di Tryll o per una combinazione delle due cose. Comunque fosse, girandosi su un fianco, si augurò che la notte ristabilisse la quiete e il calore a cui era abituata.

Fu una vana speranza.
Freddo e silenzio impregnarono ogni centimetro della tana per tutta la notte e per tutto il giorno seguente, e Rahae non permise che le sue allieve parlassero tra loro fino alla sera successiva. Fu invariabilmente di umore stizzoso e, a starle intorno, si rischiava di essere apostrofati per la più piccola inezia.

La Fatina sapeva che le arrabbiature della sua maestra si stemperavano gradualmente, e che bastava lasciarle spazio affinché ritrovasse la calma; di solito, una pacifica ora di spiegazione era in grado di sanare ogni guasto del suo umore: pertanto, aveva confidato che divenisse un poco più malleabile dopo una mattinata di lezione.
Ma Myrhiam era stata troppo ottimista, e non aveva tenuto in debita considerazione il contrappeso principale del precario equilibro che andava delineandosi alla tana: Tryll.

Trovarsi nella stessa stanza delle due coinquiline si dimostrò un'esperienza simile a camminare in una bufera di venti, perché né la sua maestra, né la nuova allieva parevano interessate a cercare un sistema per convivere, continuando invece a lanciarsi provocazioni a distanza... senza smuoversi.
La Fatina se ne chiese la ragione: Rahae doveva aver capito sin da subito che Tryll non si sarebbe adattata alle regole con la stessa remissività di Myrhiam; e anche Tryll doveva aver compreso che, quella che riteneva la sua dote più grande, la parlantina, non sarebbe stata apprezzata.
Eppure, nessuna delle due accennava ad ammorbidire l'approccio con l'altra e, schermaglia dopo schermaglia, seguitavano a battibeccare.

Quella giornata, iniziata già con un ritmo sufficientemente impetuoso, non poteva che peggiorare, rendendo la tana un teatro di incomprensioni, di nervosismo e rivalità. Myrhiam non aveva mai visto, prima di quel momento, i capelli di Rahae arricciarsi. Né aveva mai veduto la sua amica rendersi consapevolmente così insopportabile. Per ogni parola che la Fata dell'Amore diceva, Tryll aveva sempre due o tre domande. E per ogni momento di pausa, c'erano quattro o cinque smorfie di impazienza.
Myrhiam pensò bene di rifugiarsi nella Stanza dei Codici per tutto il tempo che le fu possibile ma, anche a diverse gallerie di distanza, era difficile ignorare la battaglia che infuriava nel salone.

Fortunatamente venne la sera, che pose fine alle ostilità... se non altro perché Rahae decise di assentarsi per custodire la sua Umana, giusto qualche ora, lasciando le sue allieve sole alla tana.

«Finalmente ha chiuso quella boccaccia» borbottò Tryll, sedendosi sulla piuma di Ippogrifo che Rahae aveva predisposto per lei. «È proprio insopportabile.»

Myrhiam preferì non commentare; si sedette a sua volta.

«E soprattutto, finalmente posso vederci chiaro» riprese Tryll, «sulla storia dell'Elfo che ieri sera stava sfolgorando in cucina.»

Lo stomaco di Myrhiam si contrasse all'istante: no, proprio non voleva confidarsi con Tryll.

«Siccome tu mi sembri molto più informata di me, ti dovrò interrogare» disse, con lo sguardo che sembrava pregustare un lauto pasto. «Orsù. Cominciamo dall'inizio. Chi era quello?»

«Tryll, sai perfettamente chi era. Rahae te l'ha detto decine di volte. Era un Elfo.»

«Sì, certo. Ma quello l'avevo capito anche io.»

Le Sette Vie. Storia di una Fata della SperanzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora