26. Ultimo giorno di scuola

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Eravamo tutti sulle gradinate della pista di atletica, seduti davanti a Pietro. Stava tenendo un discorso per convincere la classe a partecipare alla rivolta. E ce la stava facendo, anche se qualcuno era scettico a riguardo.

"Raga, proviamoci, al massimo non funziona ma non abbiamo niente da perdere" conclusi il discorso mettendo fine al chiacchiericcio di sottofondo e pronta a tornarmene a casa al fresco.

Subito si alzò Livia mettendo le mani sui fianchi e dovetti trattenermi dallo scoppiargli a ridere in faccia "Si ragazzi, funzionerà. Dobbiamo solamente darci i giusti compiti e organizzarci bene" "Ha ragione, iniziamo ad organizzarci" la seguì isa

Io tirai fuori il telefono e aspettai che questa messa in scena finisse.



Il giorno dopo

Ultimo giorno di scuola. Mi sembra ieri che entravo in questa casa e mi lamentavo delle pareti viola. Non dico di apprezzarle adesso, ma le sopporto ecco. Tanto l'anno prossimo ho convinto in miei a rimbiancarla.

Era una bellissima giornata di sole, il cielo terso senza alcuna nuvola che minacciava di rovinare la mattina. E pensare che a Milano il mio ultimo giorno di scuola è sempre stato segnato da un temporale pomeridiano. Questo non sarebbe potuto accadere qui.

Abbandonai la finestra aperta e mi diressi in bagno per prepararmi. Indossai dei jeans a zampa della levis e una maglietta nera corta. Avrei dovuto tenere la pancia indietro per tutto il tempo, ma era l'unico abbinamento che mi piaceva. Mi piastrai i capelli e mi truccai leggermente. purtroppo ero ancora pallida nonostante avessi passato pomeriggi interi fuori sulla sdraio.

Presi lo zaino praticamente vuoto e uscì di casa. Mentre camminavo pensai a quest'estate. Non avrei rivisto più nessuno praticamente, perchè sarei tornata a Milano e poi partita per la Liguria. Avrei rivisto tutti i miei amici, ma non potevo negare che abbandonare questa quotidianità e tornare a quella di prima mi spaventava leggermente.

Arrivata a scuola mi guardai nuovamente in torno: non sono sicura che mi sarebbe mancato quel rudere che chiamano scuola. Andai incontro ai miei amici salutando Pietro con un bacio sulla guancia: questo forse mi sarebbe mancato di più. Stavano rivedendo il piano per l'occupazione; ieri le ragazze erano riuscite ad aprire lo sgabuzzino e a mettere le cose per la notte. Erano tutti euforici e straniti dal fatto che il bidello le avesse aiutate lasciando a loro la chiave. Pensai che tanto era consapevole che l'operazione non sarebbe andata a buon fine.

A scuola l'aria era tesa, nessuno sembrava starsi godendo l'ultimo giorno, anche pac cercava di nascondere l'entusiasmo per la fine delle lezioni. Ci furono solo dei finti abbracci quando i professori ci lasciarono 5 minuti per salutarci. Non c'erano classi ammassate sulle scale a contare tutti insieme i dieci secondi prima che suonasse la campanella, la campanella suonò a vuoto, noi rimanemmo in classe e iniziarono a barricare le entrate.

Come da copione dopo nemmeno un'ora arrivarono le prime urla dalle finestre. Mi affacciai insieme a Pietro e quando le grida si fecero più insistenti i  nostri compagni di classe ci affiancarono. C'erano gli insegnanti, il preside e gran parte dei genitori. Osservai il viso di ognuno degli adulti, ma fortunatamente non c'era nessuno di familiare, a parte la mamma di Pietro che lo fissava con disapprovazione e delusione.

Gli appoggia la mano sulla spalla e aspettai che mi guardasse prima di parlargli. "Che cosa vuoi fare?"

Si guardò intorno, incerto sul da farsi. I ragazzi si stavano rassegnando e impauriti si stavano allontanando dalla finestra.

"Non lo so, forse avevi ragione tu. É stato tutto inutile" mi dispiaceva vederlo abbattuto, ma le probabilità che il suo piano funzionasse erano praticamente pari a 0.

"Ei, l'obbiettivo non era riuscire a salvare la scuola, ma diventare più uniti, così da non separarci l'anno prossimo... e penso che tu ce l'abbia fatta" era proprio così, eravamo tutti affacciati alla finestra, uno stretto all'altro, fosse delusi dalla non riuscita del paino, forse spaventati dalla punizione che ci avrebbe aspettato a casa, ma eravamo tutti insieme, tutta la 2D.

Mi guardò negli occhi, sembrò che mi stesse penetrando nell'anima, scrutando, vagando nei miei pensieri e venendo a conoscenza di tutti i miei segreti oscuri, nascosti da mesi e mesi di menzogne. Sentì la necessità di scappare, ma non lo feci; sostenni lo sguardo a testa alta come se non avessi nulla da nascondere, come mi avevano insegnato i miei genitori.                                      Poi schiuse la bocca e pronunciò delle semplici parole che bastarono per annebbiarmi la mente "Non so come farò a non vederti tutta l'estate, impazzirò... mi mancherai" e mi strinse in un abbraccio. 

Ci misi un attimo per collegare il cervello e ricambiare il gesto. Automaticamente risposi con un 'anche tu' ma non so se ci pensai veramente e proveniva dal cuore, oppure per circostanza.

Intanto qualcuno aprì la porta e il preside insieme ai professori entrarono in aula e i costrinsero a scendere dai nostri genitori. Io e Pietro scesimo abbracciati, io guardando in basso e lui in alto, ovunque potesse raccogliere gli  ultimi ricordi di quella scuola che lo avevano visto cambiare e crescere.

Appena uscimmo dall'edificio sua madre e suo padre gli corsero incontro iniziando a rimproverarlo in ogni modo possibile, senza neanche accorgersi di me. Erano una strana coppia, Pietro mi aveva raccontato della difficile situazione che stavano vivendo, ma in quel momento sembravano più uniti che mai. Vedendo che la situazione si stava facendo seria mi dileguai mandando un bacio con la mano a Pietro, il quale mi sorrise, e poi mi incamminai verso casa mia.

Era stato il peggior ultimo giorno di scuola, non avevamo trascorso il pomeriggio insieme, e non ci avevano neanche dato modo di salutarci. Era vero che la maggior parte avrebbe trascorso l'estate insieme, ma era una giusta usanza.


La giornata, però, non era ancora finita, ed infatti il peggio doveva ancora arrivare. Quando entrai in casa mi ritrovai di fronte una furia riccia, con forse il volto più rosso dei suoi capelli. Poco dietro c'era mio padre, che invece aveva stampato un gran punto interrogativo in fronte.

"Io non c'entro niente" misi le mani avanti, sapendo che non avrebbe funzionato. Intanto cercai di guadagnarmi un angoletto della casa, ma mia madre sembrava mi stesse spingendo verso la porta, senza lasciarmi scampo.

"Come no giulia, non c'ero mica io a scuola chiusa in una classe abusivamente"

"Non l'ho avuta io questa idea e non l'ho organizzata, cosa potevo fare? La stronza di turno a cui non gliene frega niente e segue le regole? Mamma quelli già mi odiano così, se me ne fossi andata al suono della campanella avrei peggiorato la situazione"

"Perchè ti odiano?" intervenne mio padre e mi resi conto di aver commesso un errore.

"Non è che mi odiano, però io comunque non sono riuscita ad instaurare un rapporto così forte con loro, siamo stati insieme un anno ma li conosco appena."

Stettero in silenzio per un po', e allora ripresi cercando di spiegarmi

"Non mi ci trovo bene con tutti loro, con alcuni singolarmente si, ma nel gruppo, non mi sento parte integrante, ma non perchè mi escludano, ma perchè non siamo compatibili, siamo cresciuti in modo diverso penso, abbiamo atteggiamenti diversi"

"Beh però non è detto che il tuo sia giusto e il loro sia l'approccio sbagliato" disse fra se mio padre

"No di certo, forse è il contrario-feci una pausa per prendere fiato, mi sembrava di essere stata in apnea per tutto questo tempo- dico solo che non mi ci trovo benissimo, e visto che nella nuova scuola cercheranno comunque di non dividerci, non mi sembrava il caso di isolarmi ancor di più dal gruppo"

Li guardai negli occhi, mia mamma non era convinta, mentre mio padre, più comprensivo, mi guardava con più pena che rabbia. 

Forse preferivo la rabbia.


𝙸 𝚗𝚎𝚎𝚍 𝚓𝚞𝚜𝚝 𝚊 𝚕𝚒𝚝𝚝𝚕𝚎 𝚘𝚏 𝚕𝚘𝚟𝚎 - - -  𝚍𝚒4𝚛𝚒Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora