Sta piovendo, ho in mano una tazza di te caldo e sto guardando Gilmore Girls. Credo che sia il Venerdì pomeriggio perfetto.
Sono passate un po' di settimane dagli ultimi avvenimenti. Le sfide di basket continuano ancora, manca la partita decisiva, Matteo continua a tartassarmi con messaggi chiamate e mi rincorre all'intervallo e fuori da scuola, le verifiche e interrogazioni stanno andando bene e vado tre volte a settimana a giocare a tennis.
Piango tutte le sere, sono costretta a coprire con il correttore oltre che ai piccoli brufoli, anche le occhiaie di colore rossiccio che non minacciano di andarsene e dovrei andare a vedere gli allenamenti di Livia con Isa e gli altri.
Certo che sta piovendo, ma voglio fare finta anche io di avere una vita sociale.
Ah, e Pietro mi evita, ma ci perde lui no?
Mi infilo le converse, per inzupparmi un po' i piedi, prendo l'ombrello, le chiavi di casa e mi incammino.
Arrivata alla pista, mi ritrovo sola in mezzo alle sedie di plastica su cui la pioggia scandisce i secondi. Chiamo isa, monica... livia ma nessuno risponde.
Osservo la pista d'atletica che circonda il campetto da basket, la cesta dei palloni, i canestri, la linea di metà campo, un fischio di cinque secondi, salti, canestri, urla, punti, cadute, falli, spinte, cadute, delusione, urla, tristezza, urla, giallo, macchina, rosso, gas di scarico, rosso... silenzio.
è un attimo e mi ritrovo sulla riga dei tiri liberi con le mani già in posizione per tirare, intorno alla palla. Un rimbalzo, perdo il controllo della palla, tocca terra, ritorna nelle mie mani. Alzo lo sguardo, ci sono solo io, io e il canestro, nessun'altro.
Guardo la palla passare fra la retina, ondeggiando. Poi cade. Tocca il suolo. Sale ancora verso il canestro, ricade e continua così fino a quando non arriva a rotolare verso fondo campo.
Mi avvio per riprenderla per impedire che finisca sull'erba infangata. Ma non ci arriva. Non arriva neanche al bordo del campo. Vedo il piede di qualcuno che la tiene ferma.
"Che stai facendo?"
Pietro.
Pietro's pov
Giulia.
Ci ricasco sempre nei suoi occhi ghiacciati che mi mandano il cervello a puttane impedendomi di ragionare quando li incrocio.
"Si?" la guardo portarsi una ciocca di capelli dietro le orecchie e abbassare lo sguardo. Si vergogna di aver fatto canestro? O probabilmente di vergogna di me.
Non so cosa fare, la mia curiosità mi spinge a chiederle cosa stava facendo, la mia gelosia a domandarle perchè quel martedì ha rivolto la parola a Matteo, ma non voglio risultare arrogante. Mi manderebbe a fanculo se glielo chiedessi anche perchè l'ho evitata fino ad ora e sarebbe troppo da... coglioni basta?
Le ripasso la palla che afferra prontamente e le rivolgo un sorriso. Osservo la posizione delle sue mani si capisce che non è la prima volta che la prende in mano e mentre il canestro poteva essere fortuna, questa no. Eppure mi aveva detto che non sapeva giocare... ma forse l'ha fatto proprio perchè voleva provarci con Matteo e ed entrare in squadra non avrebbe aiutato di sicuro.
Non parla e io non so cosa dire...
Agisco d'istinto, mi avvicino, sono a un centimetro da lei, mi guarda e mi porta la palla allo stomaco. La afferro sovrapponendo le mie mani con le sue che sembrano nascoste, protette dalle mie.
Mi giro e indirizzo la palla nel canestro. La guardiamo ondeggiare nella retina e rimbalzare per terra. La recupero e gliela passo. Fa canestro, la palla rimbalza, si muove e la riprende, me la lancia cogliendomi di sorpresa e facendomi incassare la palla. Sul suo volto si forma un ghigno di soddisfazione che ricambio quando faccio canestro.
E così inizia una lotta fra due bambini che probabilmente hanno bisogno solo di un po' di amore, un due contro due, una squadra che collabora e lei si ritrova a cercare di stopparmi e io incrocio i suoi occhi. Perdo il controllo, i miei occhi passano dal color ghiaccio alle sue labbra arrossate, occhi, labbra, occhi, labbra. Lancio la palla in avanti e non resisto più, prendo il suo volto tra le mani e lei fa combaciare la mia fronte con la sua. I nostri nasi si rincorrono in una danza interminabile e solo ora mi rendo conto della pioggia e del freddo che ci avvolge.
Giulia's pov
Sono in una bolla, una bolla che ci esterna a tutti i dolori della vita e sono nella bolla con lui.
Le nostri fronti combaciano e i nostri nasi si sfiorano. Ho ancora gli occhi chiusi, lo sento aprirli e poi richiuderli. Li apro, lo osservo in un secondo rubato ma che mi basta per rimanere paralizzata.
Li riserro senza intenzione di riaprirli e mi avvicino il più possibile.
E ora non sono più i nostri nasi a rincorrersi, ma le nostre lingue, in modo dolce e aggressivo, lento e veloce, come se uno fosse l'ossigeno per l'altro, quando forse siamo in cerca solamente di un po' d' amore.
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Lo so che vi ho fatto aspettare un'eternità per questo capitolo, ma non potete non dire che sia bellissimo.
Quindi mi sto autogiustificando? Si, anche se non dovrei, perchè l'ho praticamente scritto tutto questo pomeriggio ma shh
Comunque può sembrare la conclusione perfetta, ma non vorrei che questo sia l'ultimo capitolo, però ditemi voi. Più che altro non voglio che diventi una noia.
Come state? Che mi interessa veramente anche se non ci credete
Un bacioo
Giu 💕
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𝙸 𝚗𝚎𝚎𝚍 𝚓𝚞𝚜𝚝 𝚊 𝚕𝚒𝚝𝚝𝚕𝚎 𝚘𝚏 𝚕𝚘𝚟𝚎 - - - 𝚍𝚒4𝚛𝚒
أدب الهواةA Marina Piccola arriva una nuova o vecchia famiglia? Giulia per il lavoro dei suoi genitori è stata costretta a lasciare la sua amata Milano per trasferirsi in questa piccola isoletta nel nulla più totale. Riuscirà ad ambientarsi e magari a trovar...