Capitolo 3

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Non riuscì a dormire e pensavo solo a quella stupida cena.
Com'è possibile che mio padre non mi abbia mai detto una cosa così importante.

Presi in mano delle cuffie con l'intenzione di ascoltare un po' di musica. Fuori era molto buio e io non riuscivo a prendere sonno. Riuscivo a vedere le migliaia di stelle che illuminavano il cielo. Mia madre mi diceva spesso che ogni volta che mi sento agitata, arrabbiata o triste devo guardare la luna, perché come la luna illumina la città di notte, il mio cuore deve illuminare la mia anima e fare tornare il sorriso.

Quella notta la luna mi rassicurava perché sapevo che io e mia madre stavamo guardando la stessa luna.

Ero molto confusa, come se la mia vita fosse cambiata in un batter d'occhio.

Ma avevo molta fame visto che quella sera non avevo finito di mangiare per colpa della litigata. Così mi alzai dal letto e misi i piedi per terra.

I piedi nudi toccarono il freddo pavimento e il legno cigolò. Non dovevo fare alcun rumore se non volevo svegliare papà. Chissà se Charlotte è ancora in casa, dopotutto non avevo sentito la porta di casa aprirsi e chiudersi.

Mi alzai dal letto e aprii la porta della mia camera cercando di non fare rumore. Una volta aperta uscii dalla stanza e mi incamminai verso la cucina.

Sorpassai il bagno e la stanza di mio padre e poi finalmente arrivai alla cucina. Aprii il frigo e iniziai a cercare dentro. Vidi solo delle carote, e un po di pasta avanzata. Presi la pasta e chiusi il frigo e....mi trovai Charlotte davanti.

Aveva un camice da notte bianco con delle rifiniture d'oro. Hai piedi indossava le solite ciabatte da casa di papà, e solo a quel pensiero mi venne il vomito.
Mi guardava come se fossimo amiche da chissà quanto tempo, con una faccia da la solita persona che viene solo per consolarti e poi ti ignorerà per il resto della tua esistenza oppure in parole povere quelle solite amiche false che tutti abbiamo incontrato almeno una volta nella vita.

"Che ci fai a quest'ora ancora sveglia?"
Mi disse guardando la pasta che avevo in mano.

Ma cos'era diventata adesso, la mia nuova madre? Adesso si preoccupa se vado a letto tardi?

"Sono quasi maggiorenne! Credo di sapere badare a me stessa anche senza il tuo aiuto." Risposi con tale freddezza che anche io mi vergognai dentro il mio cuore.

"Emh...scusa. Volevo solo...ero venuta solo per parlarti un'attimo. Ma vedo che sei impegnata a fare altro." Charlotte guardò la ciotola di pasta che avevo in mano.

Mi tranquillizzava il fatto che Charlotte fosse sincera. Almeno così sembrava. Aveva una voce da incantatrice e ogni volta restavo a bocca aperta ad ascoltarla.

"Se vuoi puoi restare."
Dissi io perché mi dispiaceva comportarmi da così tanto stupida. Come avevo detto prima sono quasi maggiorenne e non è solo un numero, ma bisogna anche dimostrarlo. Facendo così dimostravo a malapena dieci anni. Mi stavo comportando da bambina, e pensavo di aver ragione solo perché ho avuto un'infanzia più triste e diversa dalle persone che conosco. Non è una vera scusa. Avevo sbagliato e lo ammetto.

"Pensavo che fossi troppo viziata per poter dire questa frase molto dolce nei miei confronti. Allora grazie."

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