CAPITOLO 33 - Evan

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Mi risveglio con la luce chiara del mattino che s'insinua attraverso le tende oscuranti e il calore del corpo morbido della mia ragazza premuto contro il mio petto.

La osservo per qualche istante, mentre ancora dorme, rapito dalla bellezza del suo viso delicato. Sembra un angelo.

Scosto con cautela le coperte e mi alzo, evitando di fare rumore, non voglio svegliarla.

Esco dalla mia stanza e accosto la porta, poi entro in quella di Shannon, il suo profumo che ormai è solo un vago ricordo, forse generato interamente dalla mia testa.

Vado a sedermi sul suo letto e mi guardo intorno. Accarezzo lievemente le lenzuola, mille ricordi che affluiscono nella mia mente come le acque di un fiume in piena. Ricordi che, fino a poco tempo fa, non riuscivo nemmeno a sopportare, ma che ora il mio corpo sembra in grado di tollerare.

Mentirei se dicessi che non fa più male.

La sua assenza mi ha provocato un vuoto nel petto che non sarò mai più in grado di colmare.

Però, ho iniziato a rendermi conto che posso sentire meno dolore. Che la presenza di Emily, di mia madre, di mio zio e dei miei amici, può mitigare quella sofferenza scaturita dalla sua perdita.

So che niente e nessuno potrà mai sostituire la mancanza della mia sorellina, ma ho finalmente capito che l'amore della mia famiglia e dei miei amici può essere come un paracadute di salvataggio che mi impedisce di precipitare nel vuoto, e, al tempo stesso, una calma e pittoresca mongolfiera, che mi aiuta a sostenere il peso della sua perdita con più leggerezza, dando colore alla mia vita e rendendola degna di essere vissuta.

Un rumore improvviso mi fa voltare verso la porta.

Emily è ferma sulla soglia che mi fissa immobile.

Avverto un angolo della bocca incurvarsi all'insù alla vista di lei con indosso nient'altro che una mia vecchia maglietta. Adoro quando si mette le mie cose. Mi scatena dentro un senso di possessività.

Mia.

«Ehi, piccola, ti sei svegliata?» Chiedo con la voce ancora arrochita dal sonno.

Lei annuisce a malapena, quasi in imbarazzo.

«Ti aspetto di là...» Mormora, poi fa per voltarsi.

«Em, vieni qui.» La esorto, battendo due colpetti sul copriletto.

«Evan...» Tentenna, passandosi le mani sulle braccia nude. «Sei sicuro?» Domanda a bassa voce.

Noto il suo disagio e lo comprendo, ma non voglio più nasconderle niente, desidero condividere con lei il mio passato. Anche se triste e oscuro, so che Emily può capirlo.

«Vieni a sederti, Em, non avere paura.»

Lei si sistema i capelli dietro le orecchie e si avvicina in punta di piedi.

Le porgo la mano e la accompagno dolcemente accanto a me.

Emily indugia per qualche secondo, ma poi si siede e inizia a guardarsi intorno, restando colpita da ciò che vede.

«Wow, le piacevano davvero le stelle.» Constata di fronte alle pareti tappezzate di fotografie e poster sull'universo.

«Sarebbe stata una grande astronoma.» Riconosco ad alta voce.

Emily si rabbuia e china subito il capo.

«Mi dispiace, Evan.» Bisbiglia, fissando la moquette sotto i suoi piedi.

Poso una mano sulla sua coscia, sfiorando l'orlo della maglietta. «È tutto okay, Em. Volevo solo condividere il mio pensiero con te.»

La vedo annuire incerta, sembra agitata, ma è solo quando inizia a mordersi il labbro che capisco. Credo di aver preteso troppo, troppo presto.

PIANETA ERRANTE - CONQUISTA DI UNA STELLADove le storie prendono vita. Scoprilo ora