«Sara, ce la fai domani pomeriggio a passare al supermercato?» La mamma stava impiattando la cena quando me lo aveva chiesto. Niente minestrina col formaggino e nemmeno pollo con crocchette di patate, ma una semplice insalatona, o poke che faceva tanto figo, che ogni componente della famiglia si creava a piacimento. La mia preferita consisteva in riso basmati, misticanza, rucola, pomodorini e salmone affumicato. Quello non era certo uno dei piatti preferiti da mio fratello che sosteneva di non essere né una capra né un coniglio.«Sì, va bene.» avevo risposto masticando con gusto la prima forchettata di insalata. La mamma non mi chiedeva mai di passare al supermercato perché sapeva che era una cosa che odiavo proprio.
«Ti lascio la lista della spesa attaccata al frigo. Grazie.» E per meglio ringraziarmi mi aveva lasciato l'ultima fettina di salmone che io adoravo.
Rincasai da scuola con un leggero mal di testa, di sicuro era la fame. Non avevo nemmeno preso il mio solito caffè alle macchinette perché mi ero accorta di essere rimasta senza monetine e poi non c'era nemmeno Giulia a farmi compagnia quella mattina perché era raffreddata e se ne era rimasta a casa.
Mangiai svogliatamente l'insalata di riso e decisi di andare subito a fare la spesa così dopo avrei potuto mettermi a fare i compiti.
Il supermercato era strapieno e sembrava che fosse passata un'orda di affamati da tanto vuote erano le mensole degli scaffali.
Riuscii comunque a mettere sul carello tutto ciò che mia madre aveva segnato sulla lista. Poi girai verso lo scatolame e decisi di prendere un paio di scatole di mais da aggiungere alla prossima poke, mamma non lo prendeva mai perché non piaceva a nessuno in famiglia oltre a me, ma io ne andavo matta.
Non potevo lasciarmi scappare l'occasione, l'ultimo, solitario barattolo di chicchi di mais della marca che mangiavo mi chiamava dalla desolata scansia dove si trovava.
Non mi accorsi subito della signora anziana che veniva lungo il corridoio davanti a me. Ci trovammo insieme giusto davanti allo scaffale. Io allungai la mano, lei allungò la mano e fu più lesta di me a prendere il barattolo.
«Ma dai!» esclamai esasperata. Il mal di testa si stava intensificando e non vedevo l'ora di tornarmene a casa. «Signora, non le interessa sul serio. Magari non ha nemmeno i denti per mangiarlo. Lo metta giù così me lo prendo io.» le borbottai abbastanza vicino perché mi sentisse.
Mentre mi avvicinavo allo scaffale mi ero vista i chicchi gialli che occhieggiavano tra le foglie verdi dell'insalatina. Volevo quel mais, ne avevo bisogno. Non andavo mai al supermercato e mia madre non me lo comprava mai. Quel cavolo di barattolo di mais era mio. M.I.O.
La nonnina rimase per qualche secondo con la mano sospesa a mezz'aria con il barattolo in mano. Poi girò il viso verso di me e mi sorrise.
«Ciao, bambina. Volevi anche tu il mais per le insalate?» mi chiese riappoggiando il barattolino incriminato sulla scansia.
Annuii basita.
«Comunque lo prendevo per mio nipote, quelle rare volte che viene a trovarmi. Io non ho nemmeno i denti per mangiarlo.» concluse riprendendo in mano il carrello e allontanandosi verso le casse.
Presi in mano il mais e lo guardai come se fosse una bestia rara. Mi resi conto che il mal di testa era sparito e così il leggero ronzio che avevo percepito quando la signora aveva preso in mano quel benedetto barattolo di mais.
La nonnina aveva ripetuto le mie parole e aveva rimesso al suo posto la confezione, dopo che io le avevo pronunciate. Sembrava quasi che fossi stata io a dirle di farlo.
Scossi la testa, misi il barattolo nel carello e mi avviai alle casse a mio volta.
Sentii la vibrazione del cellulare che avevo in tasca e mi fermai in mezzo alla corsia per vedere il messaggio.
Ciao, mi prendi una confezione di fazzoletti? Grazie.
Sorrisi, l'SMS era di Giulia. Le avevo detto che sarei passata al supermercato dopo la scuola e le avevo chiesto se avesse bisogno di qualcosa. Al momento mi aveva detto di no.
Le avrei preso, oltre ai fazzoletti, anche delle caramelle ai propoli che per il raffreddore andavano sempre bene.
Mollai lì il carello, non avevo certo voglia di tirarmelo dietro per una confezione di caramelle e di fazzoletti. Le prime si trovavano quasi all'inizio del supermercato, gli altri nell'ultima corsia. Io invece, mi trovavo giusto nella corsia in mezzo, quella davanti alle casse.
Accostai il carello a un lato del corridoio e decisi di andare a prendere prima le caramelle. Ripercorsi in senso inverso il piccolo tragitto verso l'entrata del supermercato.
Svoltai veloce l'angolo per immettermi nella corsia giusta e sbattei con forza contro un ostacolo che, ero sicura, prima non c'era.
«Scus...» la parola di scusa mi si mozzò in gola per la sorpresa.
Due occhi scuri come le tenebre mi stavano fissando.
«Che diavolo ci fai qui?» chiesi facendo un passo indietro, quasi mi fossi bruciata al contatto con chi mi stava davanti.
Le bellissime labbra si aprirono in una sonora risata prima di rispondermi con un sogghigno.
«Anche i lupi cattivi mangiano.»
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Don't kiss the Villain
RomanceSara ha una vita fatta di quasi: una quasi camera, una vista quasi cielo, una quasi sorella e un fratello quasi perfetto. È cresciuta in uno dei quartieri di Milano che la stampa definirebbe difficile ma per lei è solo casa, cercando di tenersi alla...