Capitolo 12

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Posai la felpa con delicatezza sul letto, mi alzai e presi lo smartphone che avevo lasciato appoggiato sopra la scrivania quando ero entrata in camera mia. Mi collegai a internet, purtroppo dovevo essere molto parsimoniosa nell'usarlo poiché mi potevo permettere solo pochi giga al mese e la batteria del telefono si scaricava sempre in fretta online, entrai subito nell'app di WhatsApp, avevo un sacco di messaggi che mi erano arrivati non appena avevo dato l'accesso alla rete; nella chat di classe, dei vicini, dei compagni delle medie con cui qualche volta ci trovavamo per una pizza, di Giulia, un paio di messaggi da un numero a me sconosciuto. Glissai tutti, con comodo li avrei visionati, e superai anche la chat Famiglia. In quella lista c'erano solo altri tre numeri di telefono oltre al mio, quello di mia mamma, di papà e di mio fratello. Cercai la chat che avevo solo con lui.

Ehi, mostro, ho finalmente visto il regalo. Tu vuoi farmi piangere, dillo. Aggiunsi una emoticon con il cuore che palpitava e lo inviai.

Non era online e l'ultimo accesso a WhatsApp era stato di più di un'ora prima.

Uscii anch'io da internet, il resto dei messaggi li avrei aperti più tardi. Abbassai comunque la tendina delle anteprime per vedere che non ci fosse nulla di importante. Un messaggio di Giulia che mi chiedeva una felpa in prestito e in cosa si trattasse il regalo di Dante.

Sorrisi, se qualcuno avesse letto il mio messaggio e visto l'appellativo mostro avrebbe pensato che io odiassi mio fratello. Invece non era così. Quello, per noi, era un vezzeggiativo. Avevo iniziato a chiamarlo così quando lui, adolescente, si pavoneggiava allo specchio e diceva di essere un mostro di bellezza.

I messaggi del numero non presente nella mia rubrica attirarono la mia attenzione, li aprii del tutto.

Ciao, Sara.

Ci vediamo?

Chi cavolo era? Una persona che mi conosceva, questo era sicuro. Magari qualcuno che aveva cambiato numero? Cominciai a scorrere tutte le chat per vedere se qualcuno aveva scritto di averne uno nuovo. Niente.

Mi venne un dubbio, che fosse la stessa persona che aveva messaggiato con Giulia e che noi sospettavamo essere Jacopo?

Aprii la chat con Giulia.

Ciao, ok per la felpa. Dopo ti mando la foto del regalo di mio fratello.

Mi mandi il numero che ti ha infastidito stamattina e noi pensiamo possa essere Jacopo?

La sua risposta fu immediata. Perché? Non mi ha mandato più messaggi.

Sperai che non l'avesse cancellato. Non l'aveva fatto e subito dopo mi comparve il numero incriminato. Lo confrontai con quello che aveva mandato gli sms a me. Niente, non combaciavano. Chi mai poteva essere?

Sara, perché hai voluto il numero?

Hai scoperto qualcosa?

Ci sono problemi?

Sara, rispondimi!

Giulia mi stava subissando di messaggi. Non sapevo se dirglielo oppure no. Magari era un ragazzo, già pensavo che fosse un maschio, a cui piacevo. Oppure più probabilmente qualcuno che si era dimenticato di darmi il nuovo numero, maschio o femmina che fosse.

Nessun problema. Digitai veloce, poi scattai una foto alla felpa e le inviai anche quella.

Mi arrivò subito la risposta che consisteva in due emoticon, una con la faccina con gli occhi a cuoricino e l'altra era il grande cuore rosso palpitante.

Ciao, piccola. Vedo che il regalo ti è piaciuto. Nessuna emoticon nel messaggio di mio fratello. E no, non devi piangere per me. Mai.

Non sapevo perché, ma quel messaggio, invece di rasserenarmi mi mise ancora più ansia. Rimasi con il telefono in mano a guardarlo e la mia mano fremeva dalla voglia di far partire la chiamata e sentire la voce del mio fratellone. Volevo essere rassicurata, volevo essere certa che tutto fosse a posto. Invece non feci niente, chiusi la schermata di WhatsApp e buttai lo smartphone sul letto, quasi fosse un animale pericoloso pronto a mordermi.

Per riprenderlo subito in mano, accedere a Spotify e cercare i Nirvana. Avevo bisogno della loro musica, avevo bisogno della mia comfort zone e loro lo erano. Di solito io ero quella strana, quella che, sorda a queste App, usava ancora il vecchio, obsoleto lettore mp3, dove avevo caricato interi album dei miei artisti preferiti. Dove avevo stilato le mie playlist, quella per i momenti no e quella per le camminate veloci, quella uguale uguale a quella di mio fratello e che noi avevamo nominato Brothers e conteneva le canzoni della mia infanzia cantante da Dante. Ora, quel piccolo oggetto a me così caro non funzionava più come doveva e io non avevo ancora trovato il suo degno sostituto e quindi mi accontentavo della musica delle varie apposite App.

Avevo un'unica canzone salvata nella memoria del dispositivo, ma la toccavo solo in occasioni speciali. La maggior parte delle volte mi "facevo bastare" la voce roca di Kurt Cobain, anche perché la qualità della registrazione non era il massimo. Era stata fatta il primo mercoledì pomeriggio concesso di visita al Beccaria su un vecchio registratore perché i telefoni non erano ammessi e poi l'avevo riregistrata con lo smartphone. Non poteva neanche essere definita una versione acustica di Come as you are dato che l'accompagnamento musicale era inesistente. Abituata com'ero ad addormentarmi con Dante che la cantava, non ero praticamente riuscita a chiudere occhio la prima sera che lui era finito nella comunità giovanile. L'aveva registrata per me, era stata una delle ultime volte che lo avevo sentito cantare, prima che i Nevermind smettessero di esistere.

All'immagine del viso del frontman dei Nirvana che avevo evocato non appena avevo socchiuso gli occhi si sovrappose quella di mio fratello, capelli biondi per capelli biondi, occhi dorati invece che azzurri ma uguale bellezza. Sorrisi all'immagine di Dante, amavo con tutta me stessa mio fratello.

Spalancai gli occhi di botto quando due tizzoni scuri e ardenti si impossessarono di quegli occhi dorati usurpandone il posto. I capelli color del grano furono soffocati da lunghi fili di tenebra lasciati liberi a contornare un bellissimo, quanto crudele viso.

Jacopo.

Don't kiss the VillainDove le storie prendono vita. Scoprilo ora