Appena la porta dell'aula si chiuse alle mie spalle, prelevai dalla tasca il cellulare. Mi fermai alle macchinette, di chiunque fosse stato il messaggio e qualunque fosse stato il testo, avevo bisogno di un caffè per affrontarlo. Doppio.
Jacopo, non so come, è riuscito ad avere il mio numero. E ora mi sta tartassando di messaggi.
Sospirai. Il distributore automatico suonò facendomi sapere che il mio caffè doppio era pronto. Alzai lo sportelletto di plastica trasparente e prelevai il bicchierino di plastica con la mia dose di caffeina.
Vieni sul pianerottolo delle scale antincendio
Digitai a Giulia il mio messaggio, per fortuna avevamo la classe sullo stesso piano. Introdussi altre monete nella fessura della macchinetta del caffè, schiacciai il tasto per la cioccolata forte. A Giulia non piaceva il gusto del caffè delle macchinette diceva che le faceva venire acidità allo stomaco, aveva bisogno anche lei di sicuro di qualcosa da mandare giù.
Quello dove tutti vanno a fumare?
Sì, quello.
Ma noi non fumiamo, mi rispose. Alzai gli occhi al soffitto e sospirai esasperata, a volte l'avrei presa veramente per le spalle e l'avrei scrollata. Questa era una di quelle, appunto.
Vieni e basta.
Anche la cioccolata di Giulia era pronta, la prelevai e mi diressi a passo spedito verso la porta antipanico da cui si accedeva alle scale esterne, non avevo proprio voglia che qualcuno mi fermasse e, ancora peggio, mi facesse ritornare in classe senza prima essere riuscita a parlare con Giulia.
Lei era già lì con l'oggetto incriminato tra le mani, le allungai la cioccolata.
«Fammi vedere» le dissi prendendole dalle dita lo smartphone. «Ti ha scritto cose volgari o minacce? Insulti?» In quel momento arrivò un altro SMS. Lo aprii. «Però ne ha di tempo da buttare il tipo, vedo che è già il decimo in nemmeno cinque minuti.» commentai.
Alzai lo sguardo a fissare il viso della mia amica che fece di no con la testa.
Ciao, Giulio
Queste due parole si ripetevano ad ogni messaggio.
«Possiamo denunciarlo?» mi chiese lei speranzosa.
«E per cosa?» sospirai, «perché ti saluta?» Le restituii il cellulare. «Ti direbbero che vuole solo esserti amico e di salutarlo anche tu.»
«Ma non è vero!» esclamò.
A volte sembrava proprio una bimbetta molto più piccola della sua età.
«No, non è vero, ma lo sappiamo solo noi. Puoi cambiare il numero di cellulare?» le chiesi già sapendo che non lo poteva fare. Era minorenne e i suoi genitori avrebbero preteso spiegazioni più gravi che un ragazzo la salutasse. Anche perché per loro era Giulio e non ci avrebbero visto niente di male.
Ancora una volta Giulia scosse la testa in segno negativo.
«Come possiamo fare?» piagnucolò quando le arrivò un altro messaggio sempre con lo stesso testo.
«Non so, fammici pensare. Ora rientriamo in classe, se no fra un po' ci verranno a cercare. Intanto magari spegnilo.» le suggerii.
«Ma dopo, quando l'accendo di nuovo, mi arriveranno tutti i suoi messaggi.»
"Ovvio", pensai, ma evitai di pronunciare quella constatazione vedendo che la cosa provocava molta ansia alla mia amica.
«Togli suoneria e vibrazione e lascia che arrivino. Dopo li mandi via senza leggerli.» le proposi.
Non sembrava molto convinta, ma fece quello che le avevo suggerito e si mise lo smartphone nella tasca dietro dei pantaloni.
Rientrai in classe che la lezione di letteratura italiana era quasi finita, beccandomi un richiamo della professoressa perché ero stata via troppo. Stavo pensando ancora ai messaggi che stava ricevendo Giulia quando suonò la campanella della fine dell'ora. Noi eravamo certe che gli SMS fossero di Jacopo, anzi, Giulia era sicura e io le ero andata dietro, ma se non fosse stato così? Il professore della terza ora non aveva ancora varcato la porta, presi il cellulare da sotto il banco dove l'avevo riposto non appena mi ero seduta e mandai un messaggio alla mia amica, sperando che lo leggesse avendole fatto silenziare il suo di telefono.
Troviamoci alle macchinette a merenda
Non sempre lei usciva dalla propria classe e io preferivo andare a fare due passi in giardino durante la pausa che andare a chiudermi nella sua aula. Passò qualche minuto, ma alla fine mi rispose.
Perché?
Voglio controllare una cosa. Hai ricevuto altri SMS?
Uno
Quando arrivai davanti ai distributori di bevande calde, lei era già lì.
«Cosa vuoi controllare?» mi chiese.
«Passami il tuo telefono.» Allungai la mano aperta con il palmo rivolto all'insù verso di lei, la mia amica vi posò sopra lo smartphone e mi guardò incuriosita.
«Voglio vedere se si tratta proprio di Jacopo.» mormorai.
Digitai veloce il mio messaggio in risposta al Ciao, Giulio.
Ciao a te. Chi sei?
Giulia mi stava guardando scettica.
«Ma chi vuoi che sia che mi rompe?» chiese con una nota di disapprovazione nella voce.
«Non so. Stiamo a vedere.»
In pratica passammo tutto il tempo della pausa merenda con lo smartphone in mano, ma con nessuna risposta alla mia domanda che comparisse sullo schermo.
Il suono della campanella che segnava il rientro alle lezioni ci fece quasi sobbalzare.
«Se mi risponde, che faccio?» mi chiese Giulia mentre ci avviavamo verso le rispettive aule.
«Niente, se è Jacopo. Se è qualcun altro, decidi tu. A dopo.»
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Don't kiss the Villain
RomansaSara ha una vita fatta di quasi: una quasi camera, una vista quasi cielo, una quasi sorella e un fratello quasi perfetto. È cresciuta in uno dei quartieri di Milano che la stampa definirebbe difficile ma per lei è solo casa, cercando di tenersi alla...