Capitolo 17

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Dante mi passò il suo casco che io accettai di malavoglia, cercai di trattenerlo per un braccio quando mi resi conto che si era staccato dal fianco della sua motocicletta e aveva tutta l'intenzione di dirigersi verso Jacopo. A sua volta, quest'ultimo, invece di andare verso la propria moto stava venendo verso di noi.

«Mostro, ti prego, lascia stare. Andiamo via, ti prego.» Le mie suppliche ebbero effetto tanto quanto le avessi dette al cestino di rifiuti che si trovava poco distante da noi all'inizio della corsia dove erano inlucchettati i carelli della spesa. Sordo alle mie parole, si divincolò dalla mia mano posata sul suo braccio e fece altri due passi verso il suo rivale.

Mollai il casco sul sedile della moto insieme al sacchetto della spesa e lo seguii.

«Siete proprio carini, se non fossi sicuro che siete fratello e sorella, mi verrebbe da pensare che ci fosse del tenero fra di voi. Così vicini, così dolci e smaniosi di farvi le coccole.»

Gli occhi di Dante si strinsero a poco più di due fessure, ma io vidi comunque lo sguardo omicida che serpeggiava appena al di sotto delle palpebre socchiuse. Il corpo di mio fratello s'irrigidì, lo vidi serrare le mani a pugno, le narici si allargarono per respirare più a fondo. Un guerriero pronto per la battaglia.

«Dante, lascialo perdere. Ti sta provocando. Andiamocene.» insistetti nel tentativo di portare via mio fratello dallo scontro che oramai vedevo imminente.

Jacopo rise, una risata senza allegria, di pura cattiveria prima di buttare fuori altra spazzatura da quella bocca crudele.

«O forse non mi sbaglio, qualcosa c'è sul serio tra di voi. Che, Dante non ti bastano tutte quelle che ti girano intorno? Hai bisogno anche delle attenzioni della tua sorellina?»

Sentii Dante scattare in avanti, ma riuscii a trattenerlo per il braccio che non avevo ancora lasciato dal tutto.

Lo sentii prendere un grosso respiro prima di parlare a sua volta. Si era fermato e mi aveva attirato vicino a sé circondandomi i fianchi col suo braccio in un gesto di protezione verso la meschinità di Jacopo.

«Non sei nel tuo territorio e tu e i tuoi amici state frequentando un po' troppo spesso le nostre zone.»

«La strada è di tutti e noi passiamo.» Jacopo si strinse nelle spalle e poi aggiunse «Per ora.»

«Quindi il tuo capo ha deciso di allargare i vostri orizzonti.» constatò Dante facendosi di nuovo teso.

«Diciamo che il vostro territorio ci sembra più allettante del nostro.» Jacopo scoprì le proprie carte.

Mio fratello, nonostante la mia mano sul suo braccio, si protese ancora di più verso Jacopo che continuava ad avanzare.

«Dai, fai vedere a tua sorella come le sai prendere bene.» sogghignò il braccio destro dei Kobra. «Non ti conviene lo scontro, Dante, ti ricordi com'è andata a finire l'ultima volta che ci siamo presi a pugni?»

«Se non ricordo male, non è stata una passeggiata nemmeno per te.» sogghignò a sua volta mio fratello.

Cosa mi stava nascondendo Dante? Non sapevo che loro due si fossero già presi a pugni. Sapevo che c'era rivalità tra le due bande, questo sì, come fosse ovvio che ci fosse tra gang che operavano nella stessa città ed erano impegnate più o meno nello stesso giro d'affari, ma ignoravo del tutto che tra mio fratello e Jacopo ci fosse qualcosa di personale.

Con la coda dell'occhio colsi movimento tutto attorno a noi. Le persone che frequentavano il supermercato e altra gente, visto che l'edificio era posizionato proprio su una delle strade principali del quartiere, si stavano radunando attorno a noi tre.

Loro due erano in piedi, oramai uno di fronte all'altro, pugni serrati e sguardo cagnesco e ognuno di loro pronto a sferrare il primo colpo. Non sapevo più quale fosse il vero motivo di quella presa di posizione, se gli insulti rivolti a me, lo sconfinamento o qualcosa di più recondito e viscerale, abbastanza in là nel tempo perché io non ne avessi avuto nessun sentore, intercorso tra loro due.

Sentivo bisbigli a destra e a sinistra, ma nessuno di quelli che stavano lì a guardare aveva intenzione di mettersi in mezzo.

Per un attimo guardai la scena dal di fuori. Due esponenti di due bande criminali, magari armati, di sicuro grandi e grossi e pericolosi si stavano fronteggiando davanti le porte di un supermercato frequentato da mamme con bambini piccoli e persone anziane. Questo era quello che vedeva la gente.

Non sarebbe passato molto tempo che qualcuno, magari i commessi stessi del supermercato che stavano occhieggiando la scena dalle vetrate, avrebbe chiamato le forze dell'ordine.

Restai in ascolto per qualche secondo e mi sembrò effettivamente sentire una sirena in lontananza.

«La finite di giocare a chi piscia più lontano, voi due!» sbottai esasperata. «Sembrate due galli dentro lo stesso pollaio.» rincarai la dose senza che loro due mi degnassero di attenzione.

Strattonai malamente Dante, che aveva tolto il braccio dai miei fianchi e mi aveva spinto un pochino indietro per meglio affrontare il rivale, per il bordo del giubbotto con il logo dei Skull and Roses sulla schiena.

«Ragazzi, smettetela. Andiamocene. Sta arrivando la polizia.»

Parola magica. Ebbi tutta la loro attenzione.

Don't kiss the VillainDove le storie prendono vita. Scoprilo ora