Capitolo 22

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Il quasi scontro tra mio fratello e Jacopo continuava a tormentarmi. Mi aveva lasciato la mente piena di domande che erano passate in secondo piano quando avevo trovato mio fratello a casa il giorno prima. Molte delle quali necessitavano una risposta proprio da parte di Dante, risposte che, come avevo già provato, non sarebbe stato facile ottenere. Altre riguardavano le cose strane che mi stavano succedendo. Se il voto di matematica alzato fino alla sufficienza dal Sorcio magari era stato un caso, la nonnina al supermercato mi lasciava qualche dubbio. Aveva ripetuto esattamente le parole che avevo pronunciato suggerendole di riporre il barattolo di mais sulla scansia prima di rimetterlo giù.

Avevo detto a voce alta anche a Dante di andarcene quando Jacopo aveva cominciato a provocarlo e poi avevo suggerito più volte ai due imbecilli di smetterla, anche questo a voce ben udibile, ma, in nessuno dei due casi ero stata ascoltata. Si erano mossi inforcando ognuno la propria moto quando avevano sentito la macchina della polizia che si stava avvicinando anche troppo velocemente.

«Ciao, Sara. È tanto che aspetti?» Giulia mi aveva raggiunto sulla soglia del portone d'entrata del mio condominio dove la stavo aspettando. «Come sei pensierosa stamattina.»

«E tu sei poco vestita.» replicai quasi stizzita.

Non era proprio vero perché Giulia indossava un maglioncino a collo alto e con le maniche lunghe rosa e un paio di jeans, ma io ero in vena di polemizzare.

«Non è vero!»

Le sorrisi. «Forse hai ragione, ma con questo tempo magari avresti fatto meglio a mettere un giubbino sopra al maglioncino visto che qualche giorno fa stavi male.» le dissi indicando con l'indice il cielo che mentre noi parlavamo era diventato sempre più plumbeo e ora iniziava a cadere una pioggerellina fine ma non per questo meno fastidiosa.

«Mi aspetti? Salgo un secondo a prenderlo.»

«Ok, ma sbrigati sennò facciamo tardi.» gridai alle sue spalle, visto che lei aveva già riattraversato la strada per rientrare nel suo condominio.

Mi strinsi le braccia attorno al corpo, forse era meglio che salissi anch'io a prendere una giacca da mettere sopra al maglioncino color corallo che indossavo. Sembrava che il tempo si fosse ricordato tutto in una volta che eravamo ancora in inverno e aveva bandito, almeno per quest'oggi, il cielo terso e il sole caldo.

Feci comunque prima di lei, sorrisi tra me di sicuro si era fermata per vedere quale giubbotto dei due che possedeva, uno era stato mio e non mi andava più, s'intonasse meglio al rosa della sua maglietta.

Se stessimo vivendo un'altra vita, un'esistenza in cui i nostri genitori non dovevano in continuazione combattere con la mancanza di soldi, lei di sicuro avrebbe studiato da stilista e io magari avrei fatto l'attrice e mio fratello avrebbe continuato la sua carriera con i Nevermind. Mio fratello, il pensiero corse a Dante e a cosa mi nascondeva e a Jacopo. Cosa c'era stato sul serio tra loro e quando? Del passato o di quello che faceva al club Dante non parlava mai, anche se per quanto riguardava i suoi affari io avevo un'idea abbastanza accurata di che cosa consistessero. Del suo passato invece ero troppo piccola per ricordarmelo e di quello che era successo del periodo che aveva passato in riformatorio lui aveva la bocca cucita. Almeno con me.

«Eccomi qui. Ti vedo sempre più cupa, Sara. È successo qualcosa che io non so? Guarda che sono stata assente solo un giorno da scuola. In poche ore le cose non cambiano.»

E invece sì, mi venne da pensare. «No, non cambiano. Scusami, oggi sono un po' distratta. Questo tempo mi fa venire il mal di testa.» dissi invece.

«Tutt'a un tratto mi sei diventata meteoropatica» constatò lei, «prima non avevi mai mal di testa, mi devo preoccupare?»

Don't kiss the VillainDove le storie prendono vita. Scoprilo ora