POV: AMY
«Non voglio andare a scuola...» sussurro piano. Mi viene da piangere, ma trattengo forte le lacrime. Mi fa male al centro della fronte, nello spazio tra le sopracciglia. Non voglio andare a scuola. Non voglio andarci mai più. Oggi un gruppo di bambine mi ha preso in giro davanti a tutta la classe. Ridevano tutti. Tutti. Io volevo sprofondare. Mi sono messa a piangere, anche se ho lottato con tutta me stessa per non scoppiare. Ma, quando mi hanno derisa di nuovo per i miei capelli rossi, sono esplosa. Cos'ho che non va? Perché devono prendersela con me? Cosa gli ho fatto?
Nel bagno, dopo la pausa, Charlotte mi ha spinto contro il muro. Ho sbattuto la testa sulle mattonelle e ho perso l'equilibrio. Sono caduta a terra e lei ha iniziato a ridere. Poi ha preso le sue forbici gialle e mi ha tagliato una ciocca di capelli. Continuava a ridere, insieme alle sue amichette che la spalleggiavano.
Non so per quanto tempo ho pianto chiusa nel bagno. Forse troppo. Perché, quando ho smesso, le cose che mi circondavano erano tutte sfocate e i miei occhi bruciavano. Nessuno è venuto a cercarmi.
È venuto zio Elliot a prendermi a scuola. Ho provato a smettere di piangere in tempo per permettere al rosso dei miei occhi di sparire, ma non ci sono riuscita. Sono stupida. Zio Elliot si è arrabbiato.
Odio quando zio Elliot si arrabbia.
Mamma è tornata a casa da poco. Oggi, stranamente, non ha il turno fino a tardi. Sono felice che ci sia lei ora, qui con me.
Ha visto che mi manca una ciocca di capelli. Mi ha chiesto cosa è successo. Ma io non voglio parlare, non voglio dirglielo. Non voglio che pensi che sono debole e stupida, non voglio che si preoccupi. Voglio solo che smetta di guardarmi con le sopracciglia contratte. Mi viene da piangere ancora.
Non voglio più andare a scuola.
Fui svegliata dall'insistente vibrare del mio telefono sul mio comodino. Mi strofinai gli occhi, mugugnando. Chi mi stava chiamando? Ma, soprattutto, che ore erano?
Mi ero addormentata nel primo pomeriggio, quando la luce penetrava ancora dalla mia finestra. Ora fuori il sole stava calando.
Presi il telefono, sedendomi di scatto sul letto. Lory mi stava chiamando insistentemente. Lo schermo segnava sei chiamate perse.Ma quanto cazzo ho dormito?
Erano le sette di sera. Risposi al telefono.
«Pront-»
«Che cazzo di fine hai fatto?!» urlò nel mio orecchio, senza lasciarmi il tempo di finire un'unica parola.
«Scusa, stavo dormend-»
«Non mi interessa cosa stavi facendo, okay?!» sussultai quando mi urlò di nuovo nell'orecchio. Ma che...
«Sì, ma fammi almen-»
«Zitta! Qui abbiamo un'emergenza!» sembrava decisamente agitata. E non mi lasciava finire nemmeno una frase, quindi la lasciai parlare. Avevo un brutto presentimento.
«Danis» disse e io ingoiai rumorosamente. «Emergenza ragazzo stronzo»
Okay, era decisamente qualcosa di importante.
Emergenza ragazzo stronzo poteva significare solo una cosa: Owen aveva combinato qualcosa e Danis c'era rimasto incredibilmente male.
«Cosa è success-»
«Non c'è tempo per spiegare! Ci vediamo alla caffetteria di Debby tra dieci minuti!» riattaccò il telefono, senza lasciarmi spazio neanche per un paio di parole complete.
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Melancholy: oltre il buio
Roman pour Adolescents🐞🌿 La paura più grande di chi nasconde la propria malinconia è solo una: esplodere. Lasciarsi andare. Lasciare che tutto esca fuori di botto, in un unico istante. Perchè, quando tieni tutto dentro, prima o poi perderai la strada. Amy Evans l'h...