POV: AMY
Le stelle non brillano di notte. Ci sono sempre, ma a volte si nascondono.
Stasera non ci sono le stelle. La luna è flebile.
Mi fa male il petto. Voglio respirare, ma fa male. Mi fa troppo male.
Voglio mamma. E anche papà. Voglio che zio Elliot vada via.
Ho paura. Ho tanta paura.
Erano le sette di sera e il sole stava calando. Le giornate di settembre diventavano sempre più lunghe e la notte era sempre più presente. Una goccia di pioggia mi cadde sul volto e decisi di accelerare il passo, fino a raggiungere la caffetteria di Debby. Spalancai la porta, riconoscendo subito il dolce profumo di dolci appena sfornati e la musica che proveniva dalla vecchia radio. Quella sera il locale era stranamente affollato, ma non mi ci soffermai. Lo cercai con gli occhi, fino a scorgere il suo ciuffo scuro. Bryan era seduto in un tavolo al centro del piccolo locale e, quando feci per avvicinarmi, la voce squillante di Debby mi penetrò le orecchie.
«Tesoro è un piacere vederti!»
«Anche per me Debby, come sempre.» le sorrisi dolcemente.
Inclinò leggermente il capo «I tuoi amici non ci sono ancora, non credo ci sia un tavolo libero» esordì dispiaciuta.
«Non sono qui con i miei amici»
«Ah, no?» ora avevo decisamente attirato la sua attenzione. Sposto lo sguardo in giro per il locale, cercando di captare qualcosa. Debby riusciva sempre a sorprendermi.
«Non dirmi che quel bel giovanotto ti sta aspettando?» disse indicando Bryan, che intanto mi aveva vista e mi stava fissando con un sorrisetto storto. Sentii i suoi occhi che scivolavano lungo la mia camicia e la mia giacca di jeans.
«Sì, ti sta decisamente aspettando.» concluse Debby, notando l'incrociarsi dei nostri sguardi, pur non ricevendo risposta da me.
«Che aspetti, va!» mi spinse per avvicinarmi al tavolo con una forza che non ci si aspetterebbe da una donna della sua età. Barcollai per riprendere l'equilibrio e, prima che potessi dire anche solo una parola, Debby era già scomparsa dietro il bancone, fischiettando soddisfatta.
Che figura...
«Sei arrivata.» la sua voce rauca mi distolse dai miei pensieri.
«Direi di sì.» accennai un sorriso. Bryan indossava una felpa grigia che mostrava perfettamente le sue spalle larghe e un paio di jeans larghi. Non era niente di che, ma stava comunque molto bene.
«Non ti siedi?» fece un cenno verso la sedia difronte alla sua, senza fare domande su ciò che era appena successo davanti ai suoi occhi. Per quanto il mio stomaco si contorcesse, forse la sera non sarebbe stata poi tanto male.
Mi sedetti, osservando il sorrisetto storto che si stendeva sulle sue labbra.
«Perché mi fissi?» ridacchiai, tentando di non sembrare troppo nervosa.
«Sei bella.» disse semplicemente. Bella. Ha detto che sono bella.
«Beh, anche tu...cioè, stai bene anche tu...» sbiascicai imbarazzata.
«Grazie.» si passò una mano tra i capelli, sistemando il suo ciuffo voluminoso.
Io presi una coca-zero e lui un frullato. Parlammo tutta la sera. Era una bella sensazione. Mi sentivo qualcuno. Il centro dell'attenzione di qualcuno. Eravamo solo io e lui. Parlammo dei miei libri e del basket, anche se non ne capivo molto.
Però lo ascoltavo in silenzio, ciò che mi riusciva meglio. Ascoltare.
«Mi piace la tua aria da innocente.» disse improvvisamente, interrompendo la conversazione sulla sua esperienza al quarto anno, ricordandomi che lui era più grande.
«Aria da innocente?» chiesi confusa.
«Sì»
«Che intendi?» sorrisi.
«Sembri una bambina quando sorridi. Non in senso negativo eh, sei carina.» mi morsi il labbro, distogliendo lo sguardo. Mi batteva forte il cuore.
«Anche se...» continuò, lasciando che i suoi occhi mi scivolassero lungo il corpo «Non sono poi tanto sicuro che tu sia così innocente...» per la prima volta, quel sorrisetto storto mi fece rabbrividire.
«C-come?»
Improvvisamente, il suo telefono squillò.
«Dannazione» mugugnò «Ehm, devo rispondere. Scusa.» e senza lasciarmi dire nulla, si alzò e si allontanò verso l'uscita per rispondere al telefono. Rimasi impalata, pietrificata. Il bicchiere di coca-zero ancora mezzo pieno era diventato particolarmente interessante. Il ghiaccio era ormai quasi completamente sciolto e, girando la cannuccia, ne sbucava solo qualche piccolo pezzettino e la fetta di limone che Debby aveva messo dentro. Improvvisamente mi sentii gli occhi di tutti addosso. Il locale era quasi vuoto, c'erano solo due vecchietti che giocavano a carte nell'angolo. La vetrina accanto al bancone, di solito piena di dolci appena sfornati, era ormai vuota e Debby stava pulendo i tavoli vicino al mio. Presi il telefono e controllai l'ora.
Le 22:00. La caffetteria stava chiudendo.
Alzai lo sguardo per sbirciare fuori dalle vetrate del negozio. Bryan era lì, ancora a telefono. Il bicchiere del suo frullato era vuoto e, anche se non avevo finito ancora la mia coca cola, mi alzai per pagare per entrambi.
Quando varcai la porta e il solito campanello si liberò nell'aria, una ventata fresca mi penetrò le narici. Bryan si voltò verso di me, un po' confuso, poi interruppe la chiamata.
«Stai andando via?» mi chiese.
«Sta chiudendo.» accennai un sorriso.
«Beh, puoi venire da me.»
Non sono poi tanto sicuro che tu sia così innocente.
Dovresti stargli lontano.
È il nostro segreto, piccola Amy.
«N-no...cioè...io...» improvvisamente mi mancò l'aria. «Scusa, devo andare. Si è fatto tardi.»
Non so cosa mi disse dopo. Non so come mi salutò e forse non gli diedi neanche il tempo di salutarmi per davvero. Le strade deserte di Littlehill si erano già impossessate di me.
E nel mio petto, ormai, non c'era più nulla.
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Melancholy: oltre il buio
Fiksi Remaja🐞🌿 La paura più grande di chi nasconde la propria malinconia è solo una: esplodere. Lasciarsi andare. Lasciare che tutto esca fuori di botto, in un unico istante. Perchè, quando tieni tutto dentro, prima o poi perderai la strada. Amy Evans l'h...