POV: AMY
Zio Elliot mi sta portando a casa. La pioggia continua a battere forte sopra la sua macchina scura, e un brivido mi percorre la schiena. Guardo fuori dal finestrino le gocce sempre più grandi che scivolano via. Mi fa male il petto. Anche oggi, zio Elliot sarà con me fino a tardi. E io non voglio.
La pioggia è sempre più forte, mi fa un po' paura. Guardo davanti, da dietro le spalle di zio. Vedo che mi osserva con la coda dell'occhio dallo specchietto in alto, ma distolgo subito lo sguardo.
«Hai fatto la brava, oggi?» la sua voce rompe il croscio della pioggia. Mi mordo il labbro. Lasciami stare, ti prego.
«S-sì...» sussurro. Mi tremano le dita e mi fa male la gola, ma devo rispondergli. Non voglio farlo arrabbiare. Non si deve arrabbiare.
«Mh.» la durezza dei suoi gesti mi fa rabbrividire.
L'auto si ferma davanti casa mia. La pioggia è ancora tanto forte.
Zio spegne la macchina e scende sotto l'acqua, senza ombrello. Poi apre la mia portiera. Lo guardo, ma non negli occhi. Ha i capelli e i vestiti sempre più bagnati e non gli interessa.
Si avvicina a me, slacciandomi la cintura. Io rimango immobile.Non farò la cattiva, lo prometto.
Si avvicina ancora.
E la pioggia continua a battere, sempre più forte, quasi a ritmo del mio cuore. Odio la pioggia.
Stavo tornando a casa, quando iniziò a piovere. Accelerai il passo, ma sapevo che, se mi fossi messa a correre, probabilmente non sarei arrivata a casa. Sarei svenuta prima.
Erano passati altri due giorni e Danis ancora non si faceva vivo a scuola. Ero decisamente preoccupata e lo chiamavo costantemente. Sentire la sua voce mi rassicurava e io volevo a tutti i costi rassicurare lui.
Settembre si faceva sempre più insidioso. Era come se, con l'iniziò della scuola, la pioggia avesse deciso di scatenarsi. Accelerai ancora un po' il passo quando delle gocce sempre più grandi mi bagnavano i capelli rossi. Non avevo con me l'ombrello, perché l'avevo dimenticato a casa quella mattina.
Ottima mossa, Amy.
Sentivo le tempie pulsare, ma cercai con tutta me stessa di ignorarle proprio come il respiro affannato nel mio petto. Non avevo mangiato quasi nulla dall'insalata mangiucchiata a pranzo. Senza Danis, poi, saltare o limitare al minimo i miei pasti era molto più semplice. Perché lui si prendeva cura di me, notava il mio sguardo perso e tentava di fare qualcosa. Anche se io non gli lasciavo fare molto.
Perché non avevo bisogno di aiuto. Non avevo mai avuto bisogno di aiuto. Da nessuno.
Nella mia vita avevo passato molti momenti. Momenti in cui stavo terribilmente scomoda nel mio corpo. Momenti in cui lo odiavo così tanto da non riuscire a guardarlo riflesso nel sottile specchio del mio bagno. C'era un senso di disgusto costante nella mia gola, accanto allo stretto nodo che non mi lasciava mai. Riservavo tutto l'odio che potevo provare per me stessa, riuscendo a donare tutto il mio amore solo agli altri. E per me non rimaneva mai nulla.
E allora mi odiavo, mi odiavo e mi odiavo, lasciando che anche l'odio che gli altri mi avevano riservato nel tempo mi prosciugasse. E non facevo altro che consumarmi, assottigliarmi, aspettando in silenzio il momento in cui mi sarei sgretolata. Fino a diventare cenere al vento.
Arrivai davanti alla porta di casa completamente fradicia e mi maledissi ancora una volta per non aver portato l'ombrello. Coperta dal tetto della veranda, presi le chiavi dallo zaino. Nell'aria si sentiva solo la pioggia che sbatteva forte sull'asfalto, creando pozzanghere sempre più ampie. C'era qualche casa con le luci accese, il sole stava appena calando. Ma per strada non c'era nessuno. Niente macchine e niente persone.
Feci scattare la serratura quando, improvvisamente, uno scricchiolio attirò la mia attenzione. Nel croscio della pioggia, infatti, mi era parso di sentire un rametto che si spezzava. Mi voltai verso il rumore e mi fermai davanti alla porta socchiusa di casa.
Proprio lì, sotto la pioggia sempre più forte, c'era un ragazzo con i pantaloncini e una maglietta a maniche corte che correva. Ma non era un ragazzo qualunque, era proprio colui che sembrava perseguitarmi. Ethan aveva i capelli completamente bagnati, tirati indietro sulla testa. Correva sull'asfalto senza guardarsi intorno e senza badare alla pioggia. Sembrava completamente perso, quasi estraneo a questo mondo. Lo osservai ancora mentre si allontanava.
Non lo avevo mai visto da queste parti. In realtà, prima del nostro incontro a scuola, non lo avevo mai visto in generale. Eppure, ora sembrava comparire ovunque.Ma, prima di tutto, compariva sempre nella mia mente.
Mi chiusi la porta alle spalle.
POV: ETHAN
Correvo. Correvo. Correvo.
Non avevo intenzione di fermarmi.
Correvo da due ore, ormai.
La pioggia scendeva sempre più violenta e avevo la vista annebbiata.
Ma non volevo fermarmi.
Non potevo fermarmi.
Dovevo prima consumare tutte le mie energie, lasciare che ogni briciolo di forza si disperdesse per le strade di Littlehill.
Ne avevo bisogno. Correre era l'unica cosa che riusciva a calmarmi, a darmi un po' di pace.
L'unica cosa che riusciva a spegnere il mio cervello e i miei pensieri.
Non volevo pensare.
Quindi correvo e non mi importava se le gambe cedevano o se il cuore minacciasse di uscire dal petto. Non mi importava se mi mancasse il respiro.
Le suole delle mie scarpe battevano aggressive sul cemento bagnato. Gli schizzi dei miei passi macchiavano i miei calzini bianchi e si mischiavano alla pioggia prepotente.
La maglia aderiva alla mia pelle. Mi passai una mano tra i capelli che mi si erano appiccicati alle guance, tirandoli indietro.
Non c'era nessuno per strada e l'unico suono che riuscivo a udire era il mio respiro affannato.
In quella pace, però, mi sentii improvvisamente osservato. Fu allora che le mie membra stanche ebbero la meglio. Mi arrestai di colpo, sentendo il bruciore dei muscoli penetrarmi le ossa.
Davanti a me si ergeva una casa gialla, circondata da un vialetto. Il cielo era sempre più scuro, tra le nuvole e il sole ormai completamente calato.
Raccolsi un'ampia e avida boccata d'aria, i polmoni che mi bruciavano sempre di più. A stento riuscivo a scorgere i bordi delle finestre e le mattonelle del tetto spiovente con la pioggia che continuava a bagnarmi il volto, accecandomi.
Però, riuscii a vedere ciò che, senza accorgermene davvero, mi aveva spinto a fermarmi.
Una figura piccolina dai capelli rossi varcò la soglia di quella casa sfocata dalla pioggia.
Amy Evans.
La rabbia che provai mi attaccò ferocemente, costringendomi a ricominciare a correre sotto la pioggia battente.
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Melancholy: oltre il buio
Teen Fiction🐞🌿 La paura più grande di chi nasconde la propria malinconia è solo una: esplodere. Lasciarsi andare. Lasciare che tutto esca fuori di botto, in un unico istante. Perchè, quando tieni tutto dentro, prima o poi perderai la strada. Amy Evans l'h...