🌿18🌿

39 3 0
                                    

AMY

La voce di mamma è così dolce che non posso far a meno di chiudere gli occhi, nonostante mi faccia ancora male il cuore. Ascolterei le sue storie per ore, anche per tutta la vita. Così, almeno, quando chiudo gli occhi e mi teletrasporto nel buio della mia mente, posso immaginare di vivere altre mille vite, di trovarmi in altri mille posti.
E, forse, un pochino spero anche di non risvegliarmi più. Ma non credo che potrei fare a meno della voce della mia mamma.

«Il Sole ha da sempre illuminato il giorno. È sempre stato essenziale nel cielo per permettere a tutte le creature di vivere. Eppure, è sempre stato solo. Le nuvole lo disprezzavano, coprendolo o tenendosi alla larga da lui. E la notte lo spegneva, lo rinchiudeva lontano dove non poteva illuminare, per permettere alle creature di riposare. Ma in quelle ore di buio, il Sole si sentiva incredibilmente solo. Non c'era nessuno per lui. Nessuno che gli parlasse, che lo consolasse, che gli ricordasse che, dopo la notte, c'è di nuovo il giorno.

Passava il tempo a sentire quell'assordante silenzio che lo circondava mentre tutti si impegnavano nella notte, dove c'era solo la Luna, adulata persino dalle nuvole. Così, un giorno, il Sole, ormai consumato dalla sua solitudine, iniziò a lasciare per strada piccoli pezzi di sé. Ogni volta che calava la notte, un pezzettino del Sole rimaneva lì, nel buio. Con il tempo, poi, quei piccoli frammenti iniziarono a spargersi nel cielo, illuminandolo. Erano piccole luci, troppo flebili per annullare il buio, ma troppo splendenti per non essere notate. Ed è così che il Sole iniziò a sentirsi meno solo.

Perché, se pur la notte e la Luna lo cacciavano via, almeno qualche pezzo di sé sarebbe sempre rimasto in compagnia. Da allora, ogni notte, il cielo è costellato da piccole stelle che fanno a chiunque un po' di compagnia


Poco prima delle 12:00, il mio telefono iniziò a squillare, facendomi trasalire. Avevo ripulito tutto e sistemato ogni angolo sotto sopra nel silenzio più totale, immersa nella confusione dei miei pensieri.

Presi il cellulare dal comodino, credendo che fosse Lory nel post-sbronza e incazzata perché ieri l'avevo abbandonata. Infatti, c'erano una miriade di chiamate perse della sera prima. Persino una di Danis, che non si trovava nemmeno con noi.
Però, quando vidi un numero non registrato comparire sullo schermo, corrucciai la fronte. Non avevo idea di chi potesse essere, ma nonostante questo non era segnato come Numero sconosciuto.

Ciò significava che avevo già contattato quel numero in passato.

Oh, merda.

Quando il ricordo riaffiorò alla mia mente, mi venne da vomitare di nuovo.

Avevo chiamato il numero sulla mia mano, la sera prima.

Cazzo. Cazzo.

Il numero di Ethan. Mi guardai la mano per confermare che fosse davvero il suo, ma ormai avevo lavato via tutto dalla mia pelle.

Cazzo.

Mentre la mia mente scorreva incontrollata, il telefono smise di squillare dopo un'infinità di tempo. Tirai un sospiro di sollievo, che però rimase incastrato in gola quando ricominciò a squillare.

Non demordi, eh.

Non ero dell'umore per tenere una conversazione con chiunque e su qualunque argomento, figuriamoci con Ethan Ward e riguardo al perché diamine lo avevo chiamato la sera prima.

Ero stata impulsiva. Dall'inizio alla fine di tutta quella situazione.
Perché, pensandoci, nella mia mente iniziava a suonare più sbagliato come mi ero comportata io rispetto a come si era comportato Bryan.

Melancholy: oltre il buioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora