POV: AMY
Il pavimento è freddo. Le mattonelle grigie mi ospitano mentre, in silenzio, fisso la porta dello sgabuzzino. Sono circondata da scope, secchi e prodotti per pulire. Se non stessi già piangendo, questo pungente odore di candeggina mi farebbe pizzicare gli occhi.
Mi dico che è colpa della candeggina se continuo a piangere da ore. Non faccio rumore. I singhiozzi mi muoiono in gola, facendomi sussultare il petto. Ma ho imparato come ingoiare i gemiti di dolore.
La porta davanti a me si schiude, facendo entrare un rivolo di luce dall'esterno.
«Am, sei qui?» sussurra qualcuno. Non rispondo e la porta si apre. Delle ciocche bionde si palesano davanti a me e devo chiudere gli occhi perché c'è troppa luce.
«Oddio...» la sento mormorare. Sento che Lory si siede accanto a me, ma i miei occhi restano chiusi.
«Cosa è successo?» le trema la voce. O forse sono solo io che, tremante, non percepisco completamente le sue parole.
È successo di tutto, ma resto comunque in silenzio. Il calore del suo corpo si preme contro il mio.
Mi accarezza i capelli e sussurra parole dolci, mentre sento che tutto si riscuote e che, piano piano, tutti i pezzettini del mio cuore si spargono al suolo, sulle fredde mattonelle grigie.
Stringo ancora tra le mani la ciocca di capelli rossi che, inermi, mi ricordano del peso in meno che dovrei sentire sulla testa.
Eppure, mi sembra terribilmente pesante.
...
Quando raggiunsi la palestra e vidi il ragazzo moro che mi aspettava con la schiena poggiata al muro, avevo il petto in fiamme e lo stomaco in subbuglio. Il colletto del mio maglioncino era un po' bagnato, poiché subito dopo la lezione mi ero rifugiata nel bagno e mi ero buttata una quantità indecente di acqua sul volto e sul collo. Poi, mi ero asciugata in tutta fretta con le dita tremanti e avevo aggiustato il correttore. Sorridi, Amy.
Nonostante mi tremassero le gambe e il mio corpo si rifiutasse di collaborare, mi ritrovai a pochi passi da Bryan. Con i suoi occhi neri incollati nei miei. Se fossi stata normale, forse gli occhi del ragazzo con cui stavo uscendo, che avevano un tratto duro ma le ciglia lunghe, mi avrebbero fatto venire le farfalle nello stomaco. Ma io volevo solo vomitare.
Bryan incurvò gli angoli della bocca dal labbro spaccato in quel sorriso storto che continuava a perseguitarmi.
Non ti farà niente, Amy. Era ubriaco l'altra sera.
Gli piaci, tutto qui.Si scostò dal muro e si avvicinò a me, posandomi una mano sul fianco. Mi irrigidii.
«Amy» sussurrò. Io distolsi lo sguardo, ingoiando la bile che mi risaliva in gola. Sorrisi leggermente. «Mi sei mancata» aggiunse, lasciandomi un dolce bacio sulla fronte. Avevo il capo inclinato quanto bastava per guardarlo negli occhi, in tutta la sua altezza. Ma non lo guardai in viso, mi soffermai sul cerotto bianco che gli copriva il lato destro del collo.
«Ti fa male?» chiesi dolcemente in un sussurro, posando le dita sul tessuto adesivo. Sussultò leggermente.
«Un po'» mormorò avvicinandosi al mio orecchio e facendomi rabbrividire. Esattamente come l'altra sera.
Normale. Sii normale.
«Mi dispiace» borbottai. «Di...Di cosa devi parlarmi?» chiesi.
Mi prese il mento, costringendomi a guardarlo negli occhi, mentre la sua mano strisciava verso la mia schiena.
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Melancholy: oltre il buio
Teen Fiction🐞🌿 La paura più grande di chi nasconde la propria malinconia è solo una: esplodere. Lasciarsi andare. Lasciare che tutto esca fuori di botto, in un unico istante. Perchè, quando tieni tutto dentro, prima o poi perderai la strada. Amy Evans l'h...