CAPITOLO 4

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La scuola era comunque di per sè un problema. Quell'anno non fui promossa.

Non ero mai stata una cima, con grande dispiacere dei miei genitori, ma dopo il nostro trasferimento non avevo avuto più nessun tempo per studiare. In fin dei conti dovevo aiutare la nonna, e poi c'erano i miei fratelli e con Oliver dovevo fare i compiti, e poi papà voleva vederci e il tragitto casa-scuola di colpo era diventato lungo il doppio...

Bastò questo. Per andare letteralmente a picco. E poi mi bocciarono. Agli insegnanti non si poteva rimproverare nulla

"Susanne" dicevano in tono comprensivo .

"Susanne, capiamo benissimo che questo è un periodo difficile per te, ma...."

E poi volevano che facessi i compiti e che studiassi, perchè bisogna studiare, perchè la vita è così, eccetera eccetera e blablabla.

La prof Meier-Wutschnigg mi raccontò del suo caso di divorzio, cioè del divorzio dei suoi genitori, trenta, cinquanta o settant'anni prima. Io stavo lì seduta, lei mi fissava e io fissavo lei e il suo buffo bitorzolo sul naso, e di colpo mi scappò da ridere. A quel punto corrugò la fronte e disse:

"Ma lo sai che sei proprio stramba?" Io alzai le spalle e pensai: Che cosa me ne frega dei tuoi genitori, zitella bitorzoluta!

Nel banco dietro di me iniziarono a parlottare e ridacchiare e per poco temetti che mi fosse scappato di dirlo ad alta voce.

Ma non era così. Grazie a Dio. Riflettei un attimo e poi chiesi:

"Si sono scannati?" Lei, la prof Meier-Wutschingg, fece stupita:

"Chi?" Allora io:

"Ma i suoi genitori, no?" Non sapeva rispondermi.

"I miei lo hanno fatto" dissi.

"Lei lo ha chiamato stronzo" La prof mi guardò annuendo appena. Non abbiamo mai più parlato dei nostri divorzi.

"Wow!" disse la mia ex compagna Dani dopo che le ebbi raccontato tutto. Stavo prendendo a calci le pietre davanti che avevo davanti ai piedi, poi mi misi a correre.

"Ehi!" mi gridò

"Cosa c'è? Sei fuori?" Allora mi fermai di colpo e lei mi capitombolò addosso.

"Mi dispiace!" disse

"Sorry. Non avrei dovuto nemmeno raccontarlo. Nè a te, nè tanto meno alla prof Meier-Wutschnigg. Voglio dire, non è che mia mamma sia sempre così..."

Improvvisamente mi sentii il moccio nel naso e giù in fondo alla gola e non facevo che ingoiarlo. E poi mi accorsi che Dani mi si era avvicinata con un fazzoletto in mano e se ne stava semplicemente lì-

"Beh, in fondo" sussurrò a un certo punto,

"Ve l'ha proprio in quel posto"

Ci siamo sedute su una panchina e ci siamo messe a guardare i piccioni. Bacchettavano qua e là bricioline di pane svolazzandoci intorno e tubando.

"Credi che divorzieranno?" Alzai le spalle e pensai a quello che aveva detto la mamma appena arrivati dalla nonna, quando io stata a origliare.

"Non so. Probabilmente sì. Lo fanno tutti" Di nuovo sentivo le lacrime salirmi dalla pancia su per la gola. Merda, pensai, adesso non voglio mettermi a frignare, sono una bambinetta o cosa?!

Mi alzai di scatto dalla panchina balzando sui piccioni. Feci:

"Sciò, sciò" e loro se ne volarono via tutti. Allora ci mettemmo a ridere come delle cretine. Poi andammo in città passando per le strade. Da H e M. A provarci vestiti e mollarli lì. E poi fuori dalle cabine di prova. E dentro il tram. E in un locale. A scolarci una coca. E a masticare croccanti foglie d'insalata in morbidi kebab e ad avere appiccicosi pezzetti di pomodori tra i denti.

Questo faceva bene. E la bocca di Dani sulla mia guancia a schioccarmi un bacio. Le sue braccia intorno a me. Anche questo.

Divorziarono. Naturalmente. Accadde tutto così velocemente che non ci accorgemmo quasi. La mamma si era vestita tutta elegante per uscire di casa e la nonna le disse:

"In bocca al lupo"

Io ero seduta in cima alle scale. Naturalmente sapevo che data fosse. La mamma me l'aveva già detto da una settimana e papà, quel vigliacco, l'aveva biascicato al telefono. Quando alla sera tornò a casa era un po' pallida intorno al naso. Sprofondò sul divano in soggiorno, mi tirò verso di sè e disse:

"Adesso siamo divorziati, Susanne!" Io me la scrollai di dosso.

"Buon per te" feci.

Tre giorni dopo era il mio quindicesimo compleanno. Da parte di papà arrivò un pacco enorme. Coscienza sporca. C'era dentro un televisore. Sfortunatamente inciampai e lo urtai violentemente. Crollò giù dal tavolo e si ruppe. Che sfiga

Non abito più quiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora