CAPITOLO 5

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Nella nuova classe ero l'idiota assoluta, l'imbranata di turno. Non piacevo. C'era un paio di gruppetti affiatatissimi. Lì non c'era posto per niente di nuovo.
Anzitutto c'era posto per niente di nuovo. Anzitutto c'era Sulzer con i suoi seguaci. Quello che diceva Sulzer era legge. È vero che molti non lo potevano soffrire, ma aveva una parlantina micidiale e questo era quello che contava. Inoltre Sulzer era il terrone dei prof, perché in qualsiasi momento era capace di disturbare pesantemente la lezione. Si alzava d'improvviso, andav alla finestra e faceva commenti ad alta voce sul tempo e su quant'altro gli girasse per la testa. Poteva anche capitare che si metteva ad urlare a qualcuno che era un deficiente in mezzo alla classe. A volte scatenava di punto in bianco una rissa se l'argomento della lezione non gli andava a genio. Ma poi era lui che non andava più a genio ai prof e veniva sbattuto fuori dalla classe.

Non che la cosa toccasse Sulzer particolarmente. O che per questo lui cambiasse il suo comportamento. Ma per lo meno i prof stavano un po' tranquilli. E noi altri pure. Oltre a Sulzer c'erano le smorfiose. Yvonne, Vanessa o come si chiamavano tutte quante. Andavano insieme a comprarsi top rosa, ridacchiavano confidandosi il tormento di prortare apparecchi metallici ai denti, seminavano ovunque capelli mentre si spazzolavano e cantavano a squarcia gola i motivi delle pussycat dolls. Spesso prendevano in giro Sulzer perché aveva un fisico da tomboltto.

"Ehi, Sulzer, ti sei fatto troppi panini con la salsiccia?" oppure:

"Di' un po', Sulzer, hai di nuovo fame? Non ce la fai proprio ad aspettare fino alla ricreazione, vero?"

Ma bastava uno sguardo di Sulzer e fulminarle. Lo ammiravo, perchè io non ne ero capace.

"Ehi" dicevano accerchiandomi con sorrisetti beffardi.

"Non è che hai tanto sale in zucca, vero? Due volte la stessa classe! Complimenti!"

"Lasciatemi in pace. Filate!"

"Ah, fai anche la sfacciata. Sfidi il pericolo".

"Uhhh, che paura!"

"Sì, dovresti proprio averne". E a quel punto il mio zaino cadeva dal banco. Oppure la borraccia. E della limonata appiccicosa si versava sul pavimento.

"Cerebrolesa"

"Cooosa?! Ripetilo!"

"Cerebrolesa! Idiota!" Naturalmente non gli bastava. Strappavano i miei segni mentre ero in bagno. Dopo nessuno ammetteva di averlo fatto. Facevano sparire i miei quaderni. Solo diversi giorni più tardi ricomparivano casualmente. Trovavo dei bigliettini nel mio zaino con scritto sopra "stronza".

Mi mancava Dani. Era così lontana, nella mia vecchia classe al piano di sopra e due corridoi di distanza.

"Come ti va la vita nella tua gabbia a schiera?" mi chiede allegramente Sulzer camminandomi affianco e masticando una gomma.

Eravamo in gita scolastica e da ore ci stavamo arrampicando su per la montagna dietro il prof Berger. Da qualche parte in cima doveva esserci un rifugio in cui avremmo dovuto pernottare. Ma Berger probabilmente aveva già preso tremila volte la strada e quindi non saremmo mai arrivati a destinazione.

Sospirai pensando alle bolle che avevo ai piedi e ai cerotti che mi ero portata dietro. Finalmente facemmo una pausa.

Il prof Berger agitò come un solito le braccia indicando il paesaggio intorno e annuse un'espressione raggiante.

"Non è magnifico?! Non è tutto semplicemente stupendo?! Quest'aria! Questa luce!"

A me facevano male i piedi e basta.

Abbassò lo sguardo su di noi, che giacevamo ai suoi piedi completamente a pezzi distrutti, e scosse il capo.

"Che tristezza! Non siete allenati, siete privi di spirito, privi di qualsiasi cosa!"

Non abito più quiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora