CAPITOLO 8

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"Ma la settimana prossima non hai una verifica di chimica?". Se ne stava in mezzo alla stanza con le mani sui fianchi. Il sole in controluce le conferiva un'aura. che me la faceva apparire come una delle tre Furie. Cercai di ignorare quel che diceva e alzai un po' il volume del il mp3.

"Ehi, signorina! Sì dà il caso che sappia benissimo che non sei sorda!". Mi pacchettò sulle spalle, con la punta delle dita, era impossibile non accorgersene.

"Che cosa?" dissi. "Che c'è!!!"

"Verifica di chimica!"

"S'!"

"Allora?". Sbuffai dentro di me.

"E allora cosa?"

"Non hai impressione che prima o poi dovresti metterti a studiare?"

"Sì, certo"

"Quando?"

"Fra poco"

"Quando? Ho detto"

"Fra poco! C'è ancora tempo"

"Ti pare?"

"Sì, sìììì. Mi pare"

Si sedette sul letto e mi fissò la schiena. A lungo. Tacendo. Finchè non ne potei più. E mi voltai.

"Mamma! Cosa? Cosa c'è? Cosa?"

Scrollò le spalle: "Se non lo sai tu!"

"Ma guarda che ce la faccio!"

Iniziò a incavolarsi. Non lo dava e vedere, ma io me ne accorgevo.

"Mamma! Ti prego!"

Restò immobile. Mi alzai e andai verso di lei.

"Mamma!" dissi. "Mamma, guarda che ce la faccio!"

E finalmente reagì. Si chinò su se stessa portandosi le mani al volto.

"Sì" mormorò. "Si, credi?" Poi mi prese il braccio e mi abbracciò stretta premendo la testa contro la mia panciaa.

"Ah, Susanne!" disse. "Susina mia. Siamo finite a fare una vita di merda. Che vita di merda siamo finite a fare! Ed è colpa mia! Avrei dovuto semplicemente sopportare tutto".

"Cosa?" domandai. "Sopportare cosa?"

"Tutto! Semplicemente tutto. Babsi. I sotterfugi di tuo padre. Il fatto che mi abbia mentito. Avrei dovuto sopportarlo. Allora tutto sarebbe rimasto come un tempo. Allora voi avreste continuato a fare la vostra vita".

"Ma" dissi, "ma questo è..."

"No!" m'interruppe. "No, non lo è".

Poi scese in garage, prese la macchina e se ne andò.

"Dove stai andando?" Ma lei non poteva più sentirmi.

Dalla rabbia diedi un calcio a un pezzo di domino che era per terra. Sapevo che per l'ennesima volta non mi sarei messa a studiare chimica. Sfido chiunque a studiare chimica senza sapere dove si sia ficcata la mamma e cosa stia facendo e se stia commettendo una sciocchezza. Ma in realtà avrei potuto fidarmi di lei. Non era una di quelle che andavano completamente fuori di testa. All'ultimo minuto riusciva a dominarsi. Sempre. Questo l'ho preso da lei. E alla fine ce la facciamo. Credo, per lo meno. Bisogna crederlo! Chi deve crederlo se non noi stessi?

Quando tornò era un po' brilla.

"Ho incontrato Melchior" raccontò accarezzandomi la testa. "Pensa un po' Melchior!"

Mi stupii. Melchior, Rudi. Quel bel fusto della casa accanto. Che sapeva far tutto. Che riusciva a far tutto.

"Può ripassare chimica con te, se vuoi" propose.

"E matematica. E quella roba di fisica. Vuoi?"

Mi sorrise: aveva preso un po' le distanze dalla nostra minicasa e dal nostro giardino grande come un fazzoletto e questo faceva bene.

Melchior si mise veramente a ripassare con me. Già il pomeriggio seguente arrivò trotterellando e facendo il suo bell'inchino alla nonna, "signora, Langstetter" qui e "signora Langstetter" là!

La nonna alzò un poco gli occhi al cielo e poi ci mandò a studiare in cucina. Ci piazzò davanti una brocca di succo di frutta e un piatto pieno di torta e poi ci lasciò soli.

Posai le mie cose di chimica davanti a Melchior e gli s'illuminò il viso, perchè era un genio della chimica. E della matematica. E anche della fisica.
Era proprietario di una ditta che produceva un qualcosa di chimico per la salvaguardia dell'ambiente, con cui s'intascava una marea di soldi. Avevo sentito papà parlarne.

E un paio d'anni prima il sindaco lo aveva insignito della nomina: "uno dei benemeriti figli della nostra città". Chissà che diavolo voleva dire...

Dopo la cerimonia eravamo stati tutti invitati nel suo giardino e naturalmente c'erano anche dei bei tocchi di figliole dalle gambe lunghe, eleganti e ingioiellate, che si corteggiavano Melchior.

Già, e a quel punto papà se ne uscì fuori dicendo alla mamma:

"Quando uno guadagna così bene come Melchior, allora riesce ad avere per sè le donne più fantastiche che ci siano e può essere brutto quanto vuoi che non importa niente."

"Già" fece la mamma e alzò le spalle.

Papà la guardò strano.

"Tra noi due ti sei accalappiata quello sbagliato. Avresti dovut pensarci meglio"

"Ma Max" esclamò la mamma.

"Tu sei geloso!"

Dicevano di essere stati amici, papà e Melchior, da bambini e poi da ragazzi. Ma io non che fossi molto convinta e comunque non m'interessava. La cosa più importante era farcela a passare quella stupida verifica. E ce la feci, perchè il dottor professor Melchior mi aveva imbottito con successo del suo sapere.

Non abito più quiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora