CAPITOLO 9

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A novembre in classe arrivò un altro compagno. Me ne stavo seduta alla fermata del bus di mattina presto e improvvisamente lui se ne spuntò fuori e si sedette accento a me sulla panchina.

"Ciao!" disse "Come va?"

Parlava con un leggero accento straniero e io alzai irritata la testa.

"Da dove vieni?" chiesi e lo squadrai brevemente. Accidenti, pensai, accidenti! Andranno fuori di testa a scuola quando lo vedranno!

"Dall'Italia" rispose. "Ma adesso abitiamo qui".

Accidenti, pensai per la terza volta, e per di più un bambino prodigio! Viene dall'Italia e parla perfettamente il tedesco.

"Come mai sai..." cominciai, ma lui m'interruppe.

"Mia mamma è di qua. Per essere precisi di questa via".

Indicò in direzione della mia via.

"Siamo dei rimpatriati, per così dire". Rise.

"Mi chiamo Carlo, e tu?"

Lo conobbi così. Un bel giorno era semplicemente comparso.
E al pomeriggio la nonna tornò a casa, si sedette ansimando in cucina con la pesante cesta della spesa in grembo, e raccontò alla mamma della Klara dei Rettenbach.

"Alla Klara Rettenbach" disse, "adesso è successa la stessa cosa che a te. Evidentemente anche lei s'è fatta scappare il marito".

A quel punto la mamma sbuffò indignata.

"Senti un po', io non mi sono fatta scappare il marito! Sono io a essere scappata da lui. E' una bella differenza!" Andò al lavello e tracannò un bicchiere d'acqua.

"E inoltre" continuò, "con la Klara dei Rettenbach non sono mai andata d'accordo. E perciò non me ne parlare neanche!"


"Hai già visto quello nuovo?" chiese Hanna deliziata.

"L'hai visto? Non è tenerissimo?"

"Si chiama Carlo!" disse Verena facendo ruotare gli occhi.

"E abita vicinissimo a te, Susanne. Lo sapevi?"

"Sarei proprio scema se non lo sapessi" risposi e cercai di fare la sostenuta.
E poi Carlo entrò in classe e improvvisamente il sangue mi salì alla testa. Ma grazie a Dio nessuno se ne accorse, perchè tutte si precipitarono su Carlo, cioè non per davvero, solo con gli occhi.

"Ciaoooo" disse Carlo. "Ciaoooo" e tirò la "o" tanto in lungo come se fosse la pasta per fare lo strudel.
Dietro lui c'era Berger, che lo invitò a scegliersi un posto tre quelli liberi.

"Beh" sogghignò Sulzer.

"A dire il vero siamo già al completo. Da dove arrivano di colpo tutti questi trovatelli? Per anni non succede nulla e d'improvviso fioccano giù come se ci fossero i saldi di dine stagione".

E dicendolo ridacchiava dandomi dei piccoli pugni sul fianco. Ma poi aggrottò la fronte.

"Come mai sei diventata di colpo rossa fuoco?" mi chiesi e io avvertii lo scherno nella sua voce e dietro lo scherno il sospetto.

"Come una bottiglia di ketchup".

Deficiente, pensai. Più forte dai!!!

"Sei tu una bottiglia di ketchup! Anzi, una botte!"

A quel punto il prof Berger venne verso di noi e peggiorò ulteriormente la situazione.

"Datti una calmata, Sulzer, altrimenti la pausa pranzo te la faccio passare insieme a me, capito?"

Sulzer stava ghignando.

"Va bene, professore, non si preoccupi! Lascerò in pace i bambini! Non gli faccio mica niente"

E poi sparì in bagno e non si fece più vedere fino alla fine della pausa. Carlo si cercò un posto. In fondo, di fronte a me, altre possibilità non ce n'erano più. Da lì mi sorrideva, ma io non gli restituivo il sorriso. Adesso le sue cose si complicavano, pensai, adesso le cose si complicano un casino.

Perché non avevo detto niente del fatto che abitava da me, voleva sapere Verena. O volevo forse tenerlo segreto? E io risposi che non abitava da me, ma tutt'al più vicino a me. Che non facessi la cretina, osservò, perché era la stessa cosa. Allora s'intromise Hanna. "Uno così" disse e si divorò Carlo con gli occhi, "uno così non è possibile tenersi il segreto. Al confronto di una torta di compleanno del genere, Orlando Bloom è una fetta di pane imburrata".

Hanna faceva sempre dei paragoni talmente originali che non restava proprio nulla da aggiungere. Inoltre si più delle volte quello che diceva era azzeccato e, mentre stavo finalmente cercando di concentrarmi su matematica, Hanna mi diede di nuovo una gomitata.

"Guarda, guarda! La piccola Yvonne sta studiando già un piano di guerra".

In effetti Yvonne stava già irretendo la sua futura vittima con degli sguardi promettenti e un sorriso equivalente.

"Sarà capace di difendersi?" Hanna osservava la scena corrugando la fronte.

Feci spallucce. "Probabilmente no. Alla fine poi ci cascano tutti".

"Già" disse Hanna immersa nei suoi pensieri.

"Lei come un ragno. E poi gli succhia via tutto li butta fuori dalla ragnatela e noi dobbiamo accontentarci degli avanzi".

Ridacchiai, mentre Hanna faceva una smorfia e mostrava la lingua ad Yvonne.

"Non stai un po', esagerando?" le chiesi.

Scosse la testa e cercò di seguire almeno per un po' la prof Meier-Wutschnigg che scriveva imperterrita formule matematiche alla lavagna.

"Non esagero mai io" sussurrò

"Lo sai, no?"

Puoi suonò la campanella e Yvonne si precipitò immediatamente al banco di Carlo e lui sorrise e io mi accorsi degli sguardi magniloquenti di Hanna.

Merda, pensai quando più tardi tornai da sola a casa. Anche Sulzer era diventato strano. Mi evitava. Faceva di nuovo lo zotico e il defic

Non abito più quiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora