Cap. XVI

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Ryon

Era un disastro.

Sapeva a malapena lanciare un pugno decente. Com'era sopravvissuta per tutti quegli anni?

''non ci stai nemmeno provando.'' la canzonai. Mi guardò di sbieco, sbuffando.

''il problema è che non solo ci sto provando, ma sto facendo anche del mio meglio.''

''questo sarebbe il tuo meglio?'' le domandai mentre bloccavo per l'ennesima volta il suo pugno. ''e non puoi darli cosi, ti spezzi un polso. Ammesso che vadano a segno.''

Le feci vedere per l'ennesima volta come doveva posizionarsi, l'ennesima.

Sbuffò ancora e si sedette a terra a gambe incrociate.

Era imbronciata.

Ma non solo questo. Era anche impegnata in qualcosa che non fosse pensare a quello che le era capitato. Era distratta e questo era fondamentale perché riuscisse a riprendersi.

Incrociai le braccia e la guardai con sfida. ''tutto qui?''

''assolutamente tutto qui.''

''sei debole.''

''e tu sei uno stronzo, non sapevo questa fosse la parte in cui si passa dagli attacchi fisici a quelli emotivi. Ah, e tua mamma non ti vuole bene.'' disse facendomi un gestaccio volgare.

Scoppiai a ridere. A ridere davvero.

Mi sedetti davanti a lei, imitandola. ''Almeno io ce l'ho una mamma''

Sgranò gli occhi. ''non ci credo che l'hai detto''

Indicai un'angolo della sala che spesso utilizzavo per allenarmi. ''se vuoi puoi andare a piangere lì. Mi sembra un angolo confortevole.''

''adesso ti prendo a pugni.'' mi avvertì prima di lanciarsi su di me. Me ne assestò uno non troppo male all'altezza dello stomaco.

Finalmente.

Un sorrisetto beffardo le si stampò in faccia essendosi resa conto che alla fine era riuscita ad assestarmi un colpo passabile. Ovviamente gliel'avevo permesso.

E considerata la sua espressione vittoriosa, forse dovevo ricordarle proprio che gliel'avevo permesso e niente di più. L'afferrai e la sbattei a terra. La sua testa colpì il pavimento in pietra ed emise un gemito. Le avevo sicuramente fatto male. Bene. Se qualcuno l'avesse aggredita davvero di certo non sarebbe stato gentile e premuroso.

Cominciò a scalciare per levarmisi di dosso, cosa che non funzionò. Ma nella confusione, cercando di tenerle le gambe ferme sotto al peso del mio corpo, non mi resi conto che la sua mano destra era riuscita a raggiungere il pugnale che tenevo attaccato alla cintura. Lo sollevò all'altezza del suo mento, in traiettoria del mio cuore.

Forse era più svelta di quanto avessi immaginato. L'avevo sottovalutata.

Non guardai il pugnale, ma lei. Il fuoco che aveva negli occhi. Da qualche parte dentro di lei, nascosta chissà dove, c'era ancora la Strega che era stata.

''avanti Piccola Strega, fallo.'' le sorrisi di nuovo.

Le sorridevo sempre.

Il suo sguardo si fissò sui miei denti. Le facevo paura?

''non posso, mi hanno detto che è tradimento.'' disse, eppure cominciai ad avvertire la punta del pugnale fare pressione sul mio petto.

''dev'essere una persona molto coscienziosa quella che te l'ha detto.'' ironizzai.

Uccello in gabbia (Stirpe parte 2)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora